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Il Kosovo chiede lo stop alle sanzioni dell’Ue Bruxelles resta fredda

PRISTINA Un muro contro muro che rischia di allontanare dall’Europa un Paese che, già di per sé, è oggi nei Balcani il più arretrato nella corsa verso l’integrazione Ue. È lo scenario – con potenziali conseguenze negative assai importanti, in particolare sul dialogo con Belgrado, ma non solo – che si sta delineando sull’asse tra Pristina e Bruxelles. Pristina dove sta montando la rabbia contro le sanzioni Ue decise l’anno scorso contro il Kosovo dalla Commissione europea, che aveva imposto – durante una delle tante escalation nel nord a maggioranza serba – severe misure punitive contro Pristina, colpevole di aver soffiato sul fuoco delle tensioni interetniche, almeno secondo Bruxelles. Misure, ancora in vigore, che non sono all’acqua di rose.

Fra esse c’è infatti la sospensione dei gruppi di lavoro relativi all’Accordo di stabilizzazione e associazione con la Ue, uno dei primi fondamentali passi nel percorso di integrazione europea, insieme allo stop agli inviti a funzionari kosovari a meeting internazionali d’alto livello e alle visite bilaterali Ue-Kosovo. Ma a far male è stata anche la sospensione della programmazione sui fondi europei di pre-adesione (Ipa), con il congelamento di circa due miliardi di altri fondi Ue, secondo alcuni calcoli.

Ora però il bastone deve essere accantonato, le sanzioni cancellate. È la chiara richiesta del premier kosovaro Albin Kurti, che ha sostenuto che Pristina ha fatto di tutto per tornare alla normalità e abbassare la tensione, anche attraverso l’organizzazione del recente referendum nel nord del Kosovo, nuovamente boicottato dai serbi. «Abbiamo soddisfatto tutte le richieste della Ue, quelle misure» punitive «vanno tolte», anche perché minerebbero «gli sforzi regionali verso una più rapida integrazione nella Ue», ha argomentato Kurti.

Kurti che non è solo nella battaglia contro sanzioni viste da sempre come il fumo negli occhi a Pristina, anche perché nulla di simile è stato invece deciso contro l’altro contendente, Belgrado. La stessa presidentessa Vjosa Osmani, in un incontro con Jeffrey Hovenier, ambasciatore Usa, ha ribadito che «perseverare nelle misure è ingiusto». il Kosovo ha «rispettato tutte le condizioni per la cancellazione» delle sanzioni, ha aggiunto Osmani. Posizioni chiare, che però non stanno smuovendo la Ue – accentuando il nervosismo a Pristina.

«Quando abbiamo imposto le sanzioni abbiamo detto che erano temporanee, ma sono gli stati Ue a decidere, non il governo del Kosovo», ha chiuso le porte, con durezza, il portavoce Ue Peter Stano, che ha anticipato che ci sono discussioni in corso a livello europeo sulle sanzioni, «se saranno eliminate e quando e se solo parzialmente o del tutto». Il momento non sembra però essere ancora venuto. Replica Ue che ha fatto inalberare il Kosovo.

A reagire, il portavoce del governo Kurti, Perparim Kryeziu, che ha postato su X una foto dei violenti scontri tra serbi e Nato dell’anno scorso. «Il caso è semplice, la Ue ha dato la colpa al Kosovo, ingiustamente, per l’escalation» che sarebbe invece stata provocata dalla Serbia, il testo a corredo. E ora continua a incolpare Pristina, senza motivo, il sottinteso.

La Ue, in questo modo, «sta perdendo credibilità», ha fatto eco il consigliere politico di Kurti, Jeton Zulfai, una posizione condivisa da molti, in un Kosovo dove la leadership politica comincia a guardare l’Europa con sospetto, misto a rabbia. —

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