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Cancellata la condanna a sei anni per la violenza su una novantenne in Rsa

La Corte di Cassazione ha annullato una sentenza della Corte d’Appello che aveva condannato a 6 e mesi 6 di reclusione Ben Abdelkader Messaoud, all’epoca dei fatti Oss (operatore socio sanitario) alla Rsa Parco del Sole.

Le accuse erano mosse da una ospite novantenne della struttura (nel frattempo mancata) per violenza sessuale aggravata, lesioni personali e minaccia. Il ricorso per Cassazione è stato redatto dall’avvocato Federica Borrelli, subentrata nella difesa a tra il primo e il secondo grado.

Il legale, nel ricorso redatto assieme al collega Alessandro Baldina, ha fatto emergere come andavano sentiti due colleghi dell’imputato, che potevano riferire in merito alle condizioni di salute, molto precarie, della vittima.

Che a dire delle difesa poteva risultare poco credibile nelle accuse. Così gli Ermellini hanno deciso per il rinvio alla Corte d’Appello di Venezia per un nuovo giudizio dove saranno acquisite testimonianze rimaste fino ad ora fuori dal processo.

La verità che era emersa fino a prima di questo colpo di scena della Cassazione, che ha ribaltato primo grado e appello è la seguente. È la notte fra il 21 e il 22 agosto 2019.

La signora, invalida, ha bisogno di andare in bagno e chiama un operatore. Si presenta nella sua stanza Abdelkader Ben Messaoud che, mentre l’ospite è stesa sul letto, viola la sua intimità, poi la fa alzare bloccandole i polsi e strusciandosi addosso, cercando di impaurirla per garantirsi il silenzio.

Lei non ci sta e, sia pure sotto choc, la mattina seguente racconta l’accaduto. Tanto che i vertici del Parco del Sole allontanano subito il lavoratore, denunciato e messo sotto inchiesta.

Durante il processo un altro operatore e la psicologa della casa di risposo avevano raccontato che la signora, prima molto curata e attiva, dopo quell’episodio si era lasciata andare: nel dicembre 2019 fu colpita da un ictus e nel febbraio 2020 è morta.

La linea difensiva ha eccepito come la Corte di Appello abbia omesso di confrontarsi con le doglianze difensive, limitandosi a redigere una motivazione meramente apparente, contraddittoria e illogica.

Nello specifico, si è segnalato l’erroneità del diniego della rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale mediante l’audizione dei due dipendenti della Rsa, le cui dichiarazioni avrebbero invece avuto una portata dirompente sulla tenuta complessiva della decisione di condanna.

La difesa punta sulla totale inattendibilità della persona offesa certificata dalla cartella clinica acquisita agli atti in cui si dava atto della presenza di una significativa «compromissione cognitiva».

In primo grado la decisione in merito alla pesante condanna era stata presa dal giudice Mariella Fino che aveva stabilito pure il pagamento per l’imputato a 10 mila euro di risarcimento agli eredi della vittima, costituiti parte civile con l’avvocato Maria Simonetta Pastorello, e al pagamento delle spese legali e processuali.

L’inchiesta dopo la denuncia era finita sul tavolo del sostituto procuratore Silvia Golin. Ora l’imputato è desideroso di dimostrare la sua innocenza dopo anni d’inferno: la sentenza di primo grado è del luglio 2021. Nel nuovo processo saranno sentiti anche due colleghi in servizio quella notte del 2019, che riferiranno sulle condizioni della vittima.

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