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Trieste, il pasticcere Mauro chiude dopo 53 anni di lavoro: «Mi spiace vadano perduti i veri dolci della tradizione»

TRIESTE. La voce di Mauro Gridelli si lascia scuotere dall’emozione: «Mi dispiace solo – ripete più volte, mentre è seduto fra i macchinari, le basi di pasta frolla e gli altri segreti custoditi all’interno della sua cucina – che tutto questo vada perduto». La pasticceria Sonia, aperta da Gridelli assieme alla moglie nel 2010 nel piccolo locale di via Santi Martiri, chiuderà a fine mese. «Dopo cinquantatré anni di lavoro – scherza per un attimo il titolare – direi che può bastare». Punto di riferimento per gli abitanti del rione fra Cavana e San Vito e non solo, fra gli ultimi testimoni della tradizione dolciaria triestina, la pasticceria Sonia non è a corto di clienti. «Ma la fatica inizio a sentirla – spiega Gridelli – le mani non sono più quelle di una volta e la precisione, in cucina, è tutto».

Il dispiacere dei clienti

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È qui, allora, che vanno cercate le motivazioni di una scelta accolta con stupore e rammarico dai frequentatori. «Una delle signore più affezionate – racconta Gridelli – mi ha addirittura chiesto se poteva portare via il forno, come ricordo». A chi gli domanda se la decisione sia definitiva, risponde che, forse, la sua assistente potrebbe in futuro riaprire altrove il locale: «Non è semplice, però, dare continuità a un lavoro di questo genere». Mancano le conoscenze, non solo di natura tecnica, un patrimonio personale da lui maturato lungo il corso di tutta la carriera; un apprendistato che, per molte ragioni, appare oggi difficile da riproporre.

L’esordio alla Royal

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Mauro Gridelli fa il suo ingresso in cucina a 17 anni, non come artefice di chissà quali prelibatezze, ma lavando i pavimenti della storica pasticceria Royal di via Fabio Severo, chiusa quindici anni fa. Un ingresso del tutto fortuito, reso possibile da un suggerimento del fratello, il quale vi lavorava in precedenza. «Prima facevo l’idraulico – sorride Gridelli – non avevo mai pensato alla pasticceria». Da quel momento, prende le mosse la sua formazione. Poche parole, nessun manuale, soltanto i gesti dei pasticcieri che Mauro cerca di «rubare con lo sguardo». Una dinamica che ricorda l’artigianato di un tempo, la trasmissione di un sapere attraverso il contatto quotidiano con chi, di quel sapere, è interprete.

La parentesi alla Coccinella

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Gridelli trascorrerà alla “Royal” la maggior parte della sua vita professionale; seguirà poi una breve parentesi alla pasticceria “La Coccinella” di viale d’Annunzio e, infine, il desiderio di mettersi in proprio, dedicando alla moglie l’insegna del locale. Proprio la vicinanza, il rapporto maestro-allievo coltivato nel tempo sotto la tutela della fatica e della passione, è oggi minato e impedisce alla pasticceria Sonia di trovare un erede. Soltanto così, infatti, poteva essere passato il testimone da una generazione all’altra: «Ma quel rapporto è andato distrutto», osserva Gridelli.

Il macaron, dobos e rigojanci

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Con esso, rischiano lentamente di scomparire alcune ricette del canone triestino, proposte da un numero sempre minore di pasticcerie. Se il celebre “macaron” fa discorso a sé (vedi articolo qui sotto), i “doboš” o i “rigojanci”, entrambi di origine ungherese, si reperiscono a stento e, forse, alcuni triestini ne hanno già smarrito il ricordo.

«Sono le basi della pasticceria di Trieste – afferma Gridelli – eppure tanti non sanno nemmeno cosa siano». Oltre agli effetti sulla tradizione dolciaria locale, la chiusura della pasticceria Sonia segna anche la definitiva trasformazione del rione, a qualche passo dal museo Revoltella, da Cavana, dall’Università vecchia e altri luoghi simbolo del rilancio turistico della città. «Una volta qui c’erano latterie, botteghe d’ogni genere», ricorda Gridelli. È l’immagine di un mondo che tramonta, per rinascere in una forma nuova ora in stato embrionale, alla quale è rivolto il dispiacere più profondo dei titolari della pasticceria. «Ciò che più mi mancherà – ammette Gridelli – è il lato umano del mio lavoro, il tempo passato con i clienti che entrano anche solo per un saluto».

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