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Truffarono un’anziana di Grado, condannati due giovani 

GRADO Le telefonate parevano convincenti. Un sedicente avvocato, nel corso di quelle conversazioni, chiedeva soldi. Pure ori o monili, nel caso non ci fossero ingenti somme di denaro a casa dell’interlocutore.

Dovevano servire a far scampare dall’arresto il figlio asseritamente colpevole di un grave sinistro stradale. Tre truffe, a Monfalcone e Grado, tra il 21 e il 22 novembre del 2023, erano così andate a segno, vittime altrettanti anziani che presi dal timore, soprattutto alla sprovvista, prefigurando il familiare in chissà qualche angosciosa situazione, avevano alla fine consegnato soldi per un valore complessivo di 13.600 euro, più preziosi.

L’altro giorno, per l’accusa di truffa aggravata, sono stati condannati in rito abbreviato due giovani uomini di origine campana, Gennaro Scognamiglio, 27 anni, e Ciro Di Pierno, 26. A entrambi la gip Fabrizia De Vincenzi ha inflitto tre anni e otto mesi e una multa di mille euro. Non sono state concesse misure alternative alla pena. La motivazione della sentenza, appellabile (la presunzione d’innocenza, principio del diritto penale, vige fino a condanna definitiva, cioè al terzo grado), sarà depositata entro 60 giorni.

Il fascicolo, su indagini congiunte di Carabinieri e Polizia di Stato, era seguito dalla pm Giulia Ferri Faggioli, sostituita da un collega in aula in occasione dell’udienza preliminare. Il difensore dei due imputati, l’avvocato Paolo Visintin, ha chiesto il patteggiamento. Il pubblico ministero non ha tuttavia prestato il consenso, così si è aperta la discussione nel rito abbreviato, al termine della quale la giudice si è ritirata per assumere la sua decisione.

In questi mesi gli imputati avevano intrapreso una strada risarcitoria, per rifondere in parte le vittime del loro raggiro, persone di età avanzata e quindi più facilmente suggestionabili. Una dei truffati, un’anziana gradese, aveva consegnato in un solo colpo novemila euro. Un altro ne aveva dati 600, l’ultimo quattromila.

Le indagini avviate dai fatti avevano consentito alle forze dell’ordine di risalire ai due campani, ritenuti complici nello schema della telefonata del finto avvocato. Un trucchetto che ancora attecchisce nonostante le raccomandazioni della Questura e in generale delle forze dell’ordine a diffidare sempre di chi telefonicamente chiede denaro e viene poi magari a ritirarlo a casa, poiché si tratta, è sempre bene ricordarlo, di una modalità assolutamente anomala e, sovente, preambolo di una truffa. —

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