Padovano: «Il mio viaggio all’inferno, accusato ingiustamente e poi assolto»
BORGARELLO. I tifosi juventini - e gli amanti del bel calcio in genere - hanno ancora negli occhi il suo gol-qualificazione (del 2-0 finale) al Delle Alpi contro il Real Madrid ai quarti di Champions 1996.
Era la Juventus allenata da Marcello Lippi, la squadra di Vialli, Ravanelli e Del Piero, e Michele Padovano (classe 1966) è stato più volte determinante, spesso da giocatore subentrato e decisivo. Fu lui anche a realizzare il terzo dei cinque rigori al termine della finale contro l’Ajax giocata all’Olimpico di Roma. Al termine dell'attività agonistica Padovano venne coinvolto in un clamoroso errore giudiziario.
Nel maggio 2006 fu arrestato nell'ambito di un'inchiesta della procura di Torino su di un traffico di hashish. Una lunghissima agonia per l'ex-bianconero, conclusasi dopo diciassette anni con una sentenza di assoluzione totale nel gennaio 2023. Sabato alle 19 allo Stand Bike di Borgarello Michele Padovano presenterà il suo libro "Tra la Champions e la libertà" in un’intervista di Paolo Pieretto e Claudio Sanfilippo, musicista e scrittore. L'evento è organizzato da Stand Bike Cafè grazie alla collaborazione con l'associazione AmaRachi di Pavia che si occupa di accoglienza, inclusione e reinserimento dal carcere.
Michele Padovano, perché la scelta di scrivere un libro su questi 17 anni tremendi?
«Quando me lo chiesero non ero molto d'accordo, anche perché non volevo mettere in piazza le mie cose, i miei sentimenti di cui sono molto geloso. Poi però ho capito che è un libro che può aiutare tanta gente a comprendere che, con caparbietà e forza di volontà, alla fine si possono risolvere tutti i problemi».
Come si può andare avanti per diciassette anni da innocente trattato come un delinquente?
«Ho tirato fuori tutta la mia forza di volontà, cercando ogni volta di superare i miei limiti, forse temprato anche da anni di allenamenti calcistici durissimi. Io sono un tipo molto determinato, lo dovevo anche a mia moglie e a mio figlio, che hanno sempre creduto in me. E diciamo che io sono ancora fortunato a poter raccontare ciò che mi è successo».
Ci sono tante storie come la sua in carcere, persone che gridano la loro innocenza?
«In carcere ho imparato che i processi sono come gli incidenti, possono accadere a tutti. Le statistiche dicono che ci sono tre casi al giorno in Italia di ingiustizie di questo genere e io ne ho conosciuti purtroppo. Magari stanno in carcere solo una settimana, ma è comunque qualcosa che ti segna per sempre».
Che cosa ha provato nel giorno della sua assoluzione definitiva?
«E' stato il giorno più bello della mia vita, mi sono messo a piangere come un bambino».
È vero che il mondo dorato del calcio si è quasi completamente allontanato da lei?
«Sì, ma non porto rancore. Sapevo dall'inizio che avrei dovuto cercare di uscirne da solo, senza aspettarmi l'aiuto di nessuno».
E adesso? Si vede ancora con un incarico nel mondo del calcio?
«Vorrei rientrarvi in qualche modo, ritengo di avere una certa competenza. Ci spero, anche perché credo di essere abbastanza in credito con la fortuna...»
Che messaggio consegna con questo suo libro?
«Soprattutto ai giovani voglio dire di non puntare mai il dito contro nessuno, anche quando magari certe colpe sembrano palesi». —