World News in Italian

Banche: la filiale è meglio reale che digitale



In Italia le grandi banche chiudono sportelli, mentre quelle piccole tendono ad aprirli. Per avere un contatto diretto con il territorio e «guardare negli occhi» correntisti e imprese. Riscoprendo così il rapporto umano, oltre i limiti imposti dagli algoritmi.

Nicola Calabrò, l’amministratore delegato del gruppo Sparkasse-CariBolzano, ha di recente annunciato l’apertura di sette nuove filiali perché è vero che la digitalizzazione ha cambiato il nostro rapporto con la banca, ma poi quando si concede un fido «i clienti vanno guardati negli occhi» per capire se è il caso di spingersi oltre i limiti che vengono imposti da un freddo algoritmo. Meno di un anno fa Cherry Bank, un’innovativa realtà del credito in costante crescita, si è fusa con la Popolare di Valconca accorpando g1i sportelli. Operazione che arriva ad appena due anni dall’integrazione di Banco delle Tre Venezie. Banca Desio, che si era già contraddistinta per l’acquisizione di 48 filiali da Banco di Sardegna Bper, ha fatto sapere di voler continuare nella sua strategia in controtendenza e di essere pronta a tornare sul mercato. E anche CortinaBanca, fresca di un bilancio in forte utile, intende festeggiare i suoi 130 anni di vita con nuove aperture.

Sono alcuni esempi, e se ne potrebbero fare tanti altri, che se non indicano una svolta a 360 gradi, di certo sono una tendenza. Non torneremo mai più ai numeri record del 2000, quando in Italia si contavano 26 mila filiali e 340 mila dipendenti del credito e solo in Lombardia esistevano cinquemila sedi fisiche e 80 mila persone impiegate nelle varie attività bancarie. In un quarto di secolo abbiamo perso l’equivalente dell’intero territorio lombardo (circa cinquemila sportelli fisici e 80 mila lavoratori, appunto) e ci si è resi conto che il processo di trasformazione digitale e riqualificazione professionale verso la consulenza è ineludibile.

Però i piccoli istituti stanno esprimendo un’esigenza che è quella di ritrovare un rapporto umano con chi chiede un prestito o semplicemente intende depositare della liquidità. Il discorso vale per il semplice correntista, ma anche per il pensionato e la piccola e media impresa che ha la necessità di ritrovare complicità e di sapere che in un momento difficole potrà contare sul supporto e sui consigli finanziari del suo istituto di credito di fiducia. «La presenza sul territorio delle banche» spiega a Panorama il segretario generale della Fabi (il sindacato dei bancari), Lando Maria Sileoni, «è fondamentale e non può certo essere sostituita da strumenti digitali né dall’intelligenza artificiale. Nella relazione con la clientela è importante la competenza, la professionalità e la preparazione dei bancari che sanno tutto dei correntisti e delle imprese, sono perciò in grado aiutarli e supportarli tanto nelle scelte di investimento quanto nelle richieste di prestiti e mutui. Il settore del credito è composto da realtà diverse, da grandi gruppi e da istituti più piccoli: è proprio nel mix di offerta, nella diversificazione delle proposte che il servizio reso alla collettività e all’economia italiana diventa il migliore possibile. Ecco perché non mi sorprende che alcune banche oggi stiano andando in controtendenza e, invece di chiudere filiali, preferiscano aprirle ed essere presenti sui territori. Del resto, è quello che da sempre - e con risultati importanti - fanno le banche di credito cooperativo: la loro forza sta proprio nel rapporto diretto con i clienti e nella profonda conoscenza delle loro esigenze».

Un esempio per tutti è quello della storica Banca Cambiano 1884, oggi società per azioni, che porta avanti la tradizione della più antica banca di credito cooperativo italiana (da poco ha festeggiato i 140 anni di vita) ancora attiva. Nel tempo, quella che era nata come una Cassa di prestiti si è trasformata prima in una Cassa rurale, quindi in credito cooperativo e infine nel 2017 in società per azioni, quando ha esercitato l’opzione prevista dalla riforma delle Bcc. Tanti passaggi e diverse costanti: dal profondo legame con il territorio, fino ad arrivare all’attenzione per l’economia reale e l’orgoglio per la propria autonomia, evidenziato dalla decisione di trasformarsi in Spa senza entrare a far parte di Iccrea o Ccb, le due holding che raggruppano le Bcc. Cambiano si è caratterizzata per una costante crescita del numero delle filiali (quasi tutte in Toscana), ma anche per un continuo aggiornamento digitale, che l’ha portata a inaugurare la banca web, Cambianonline. Insomma, non siamo al rigetto degli algoritmi e delle imposizioni che arrivano dall’alto delle intelligenze artificiali, ma alla necessità di mettere dei paletti e di arginare il dilagare della digitalizzazione. Di trovare un giusto mix. Oltre al rapporto fiduciario, ci sono gli ultimi fatti di cronaca che parlano di frequenti problemi di natura informatica che limitano o bloccano l’accesso digitale ai conti correnti e all’utilizzo dei sistemi di pagamento.

Così come è altrettanto vero che si sta riscoprendo la funzione sociale di protezione del territorio delle filiali sia nei piccoli paesi che nei vari quartieri delle grandi città. E che, come la stessa Fabi ama ricordare, «da quando comandano gli algoritmi e i direttori di agenzie bancarie o i dirigenti di primo livello hanno meno autonomia nell’erogare credito, paradossalmente le sofferenze bancarie sono aumentate». «Il 2023 ha visto un’accelerazione nella chiusura delle filiali bancarie in Italia» evidenzia a Panorama Giovanni Bossi, a.d. e azionista di maggioranza di Cherry Bank, «con la scomparsa di 826 sportelli. Il Paese ha perso più di 1.500 filiali in due anni. Questa tendenza ha colpito un quarto del territorio nazionale, una superficie più vasta di Lombardia, Veneto e Piemonte messe assieme, senza accesso diretto ai servizi bancari».

Conseguenze? «La desertificazione bancaria solleva preoccupazioni serie per la coesione sociale ed economica, soprattutto considerando che l’adozione dell’internet banking in Italia è inferiore alla media Ue, con solo il 51,5 per cento degli utenti che ne fa uso. Questo significa lasciare migliaia di persone senza accesso ai servizi di base del credito. Ricordiamoci che, specialmente nel nostro Paese, le persone vanno in banca anche alla ricerca di soluzioni a problemi vissuti come complessi, non affrontabili con il web. Sempre l’Italia ha una delle popolazioni con l’età più alta in Europa e non solo, e questo pesa direttamente sulla capacità di utilizzare strumenti digitali. La relazione personale con la banca fa la differenza in momenti in cui persone e aziende possono aver bisogno di supporto in scelte dove la conoscenza della situazione e l’empatia nel capirne le sfumature non possono essere affidate a un “bot”».

Oltre alla questione sociale ci sono anche ragioni di business. Molti istituti, soprattutto quelli di piccole e medie dimensioni, vedono che il rapporto fisico con il cliente garantisce ritorni importanti sulla raccolta. La clientela si fidelizza e lascia più volentieri denaro su conti e depositi. Un circolo virtuoso che permette alle banche di incamerare maggiore liquidità che viene poi rimessa in circolo per concedere prestiti a costi contenuti e fare massa nella gestione dei risparmi/investimenti che difficilmente poi si allontanano. Così come i vantaggi sono evidenti dal punto di vista della qualità del credito, perché sia con le famiglie sia con le imprese si ha un approccio più diretto che consente di capire meglio rischi ed esigenze concrete.

Certo, esiste anche un rovescio della medaglia. Gli scandali di non molti anni fa, dalla Popolare di Vicenza per arrivare a Etruria, Marche, Chieri, Ferrara e allo stesso Monte dei Paschi di Siena, dimostrano che il rapporto troppo stretto tra cliente e dirigente della banca può anche diventare perverso. «Non esistono rischi se si crea un legame troppo stretto sui territori. Anzi: vedo solo importanti benefici» sottolinea ancora Sileoni. «Gli scandali del passato dipendono da chi era al vertice di alcune banche locali e non ha rispettato le regole. Oggi di regole ce ne sono molte di più e c’è soprattutto la vigilanza della Bce che di fatto esercita un controllo costante e quotidiano sul settore, in tandem con la Banca d’Italia per gli istituti “non significativi”. Negli ultimi 10 anni, insomma, il sistema di controlli si è rivoluzionato ed è profondamente cambiata anche la classe dirigente che guida i gruppi bancari: abbiamo i migliori amministratori delegati di sempre e questa è una garanzia per la clientela e per chi in banca ci lavora».

Читайте на 123ru.net