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A Trieste Eörs Szathmáry, il biologo che studia l’origine della vita: «Sono preoccupato per il nostro futuro»

A Trieste Eörs Szathmáry, il biologo che studia l’origine della vita: «Sono preoccupato per il nostro futuro»

foto da Quotidiani locali

TRIESTE Comprendere come la vita abbia avuto origine sulla Terra e, potenzialmente, anche altrove nell’universo, è la domanda delle domande, l’enigma che riassume tutte le questioni esistenziali. E no, la risposta non la conosciamo ancora, ma negli ultimi 15 anni anche su questo fronte la scienza ha compiuto progressi rilevanti. Parola di Eörs Szathmáry, direttore del Parmenides Center for the Conceptual Foundations of Science di Monaco di Baviera, biologo ungherese riconosciuto a livello internazionale per i suoi lavori sull’evoluzionismo e considerato uno degli eredi di Darwin.

Il prossimo 23 maggio alle 17 Szathmary sarà protagonista, insieme alla direttrice del Museo storico e del parco del castello di Miramare Andreina Contessa, e a Stefano Fantoni, presidente della Fondazione internazionale Trieste, della conferenza “Le maggiori transizioni nell’evoluzione”, parte del ciclo “Grandi incontri” a Miramare e in programma in lingua inglese nella sala del Trono del Castello.

«Finora abbiamo capito che la vita, nella sua forma più semplice, richiede tre elementi: un certo metabolismo, una compartimentazione rudimentale e qualche componente genetico – evidenzia Szathmáry –. Ma non siamo stati in grado di collegarli in un sistema chimico funzionante e non sappiamo ancora quali componenti siano più probabili nel processo storico: l’Rna, per esempio, sembra troppo complicato per la formazione e la replicazione spontanea. Come ebbe a dire il compianto chimico Albert Eschenmoser, probabilmente non sapremo mai come è successo, ma se raggiungiamo un consenso su come la vita potrebbe aver avuto origine, saremo essenzialmente a posto».

A proposito di evoluzione, qual è stato il salto evolutivo più significativo?

«Sembra che ci siano stati tre passaggi difficili. Non solo perché difficili da comprendere, ma anche improbabili per l’evoluzione come tale, ovvero: l’origine del codice genetico, l’emergere delle cellule eucariotiche dai batteri e le origini del linguaggio naturale».

E nella storia dell’evoluzione umana?

«Il linguaggio, che deve essere emerso in un contesto altamente cooperativo ed è probabile che si sia sviluppato in due fasi. Prima è sorto un protolinguaggio, probabilmente nell’Homo erectus, e poi, con Homo sapiens, è apparsa la capacità sintattica completa. Ma non sappiamo ancora esattamente come. Per alcuni si tratta del problema scientifico più complicato in assoluto».

Pensando a una vita extraterrestre ipotetica, a che stadio evolutivo potrebbe essere?

«Sono un pessimista, credo che la vita in sé sia rara. Se esistesse altrove, mi aspetterei di trovare qualcosa di simile ai batteri, ma non organizzazioni più complesse».

Abbiamo creato una nuova specie, l’Intelligenza artificiale (Ai). Come immagina che evolverà?

«Spero che non lo faccia: l’Ai che si auto-evolve è una minaccia immensa per l’umanità. Ogni volta che appare qualcosa di simile a un processo darwiniano, automaticamente sorge l’interesse personale e gli interessi dell’Ai e degli esseri umani probabilmente non sono sempre allineati: così potremmo trovarci ad affrontare un nemico che si replica e impara molto velocemente nel cyberspazio».

Come immagina invece il futuro della nostra specie?

«Sono estremamente preoccupato. È improbabile che ci estingueremo presto, ma l’umanità tecnologica è molto fragile. Se collassa, sarà molto difficile ricominciare daccapo. Ciò è anche legato al paradosso di Fermi: se crediamo nell’evoluzione, dove sono gli alieni? Se la durata delle civiltà tecnologiche tende a essere molto limitata, potremmo non conoscerne mai nessuna oltre la nostra».

E perché sostiene che, vista la nostra evoluzione, potremmo non essere in grado di risolvere il problema dei cambiamenti climatici?

«Siamo una specie molto cooperativa, ma non è affatto certo che possiamo cooperare su una scala veramente globale per un periodo prolungato. Sarò pessimista, ma credo che potremmo essere troppo egoisti per farlo».

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