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Gli sforzi dell'Europa per l'ambiente sono nulli se la Cina non fa la sua parte

Troppi numeri, una divulgazione disordinata e allarmante, talvolta falsa, trasmessa con l'errata convinzione di cambiare il mondo. Così fallisce anche l'idea corretta: contenere le emissioni nocive senza distruggere l'economia.

Andiamo diritti al punto: con la Cina che dal 1974 a oggi ha aumentato di 12 volte il livello di anidride carbonica da fonti energetiche fossili, e oggi emette il triplo di Co2 degli Stati Uniti, l'Europa allargata e intesa come continente nulla può. Restringendo l'osservazione all'Unione europea, secondo Eurostat l'Ue sarebbe responsabile di circa il 6% delle emissioni globali. Ma si è impegnata a dimezzarle entro fine decennio e, soprattutto, l'Agenzia europea dell'ambiente, nell'agosto 2021 rilevava che le emissioni di gas serra dell'Unione sono diminuite del 34% tra il 1990 e il 2020.

Invece le cose stanno diversamente secondo quanto dichiarato alla COP27 nel novembre 2022: secondo i dati diffusi le emissioni dell’Unione europea sarebbero aumentate del 6,5% nel 2021 rispetto al 2020, ovvio, c'era la pandemia, ma sono diminuite del 5% rispetto al 2019.

IL REPORT

CO2 - REPORT EMISSIONI NEL MONDO 2022.pdf

Evidente, quindi, che anche se per magia tutte le emissioni dei Paesi Ue si azzerassero all'istante, il pianeta neppure se ne accorgerebbe.

Sempre alla COP27 emerse che la Cina produsse il 33% del totale di CO2 antropica nel 2021, superando le quattro economie che la seguono anche sommate tra loro: Stati Uniti (12,5%), Unione europea (7,3%), India (7%) e Russia (5%). In modo subdolo però le classifiche vengono cambiate considerando le emissioni di CO2 “pro capite”, dove evidentemente si collega la CO2 prodotta allo stile di vita, e qui naturalmente il primo posto resta saldamente nelle mani degli statunitensi. Un po' come dire: povera Cina, loro inquinano per produrre e non per andare a giocare a golf o perché hanno aeroplani privati. Sempre che si dia corda all'allarmismo tanto strillato da essere divenuto ben poco credibile che l'anidride carbonica sia poi il maggiore dei problemi causati dall'umanità sulla Terra. Sacrificare interi sistemi economici sull'altare dei decimi di percentuale, perché soltanto questo potrebbe ottenere l'Europa, non pare sensato, ma soprattutto è impossibile imporre a economie come quella della Repubblica Popolare, ma anche all'India o agli Usa, la stessa sterzata – peraltro del tutto cieca - verso una fede green intrisa di finanza e di interessi di pochi, ma di sacrifici per troppi. La scusa, che non casualmente piace molto alla sinistra, è quella della morale: siamo stati i primi a cominciare a inquinare, dobbiamo essere i primi a dare l'esempio per, testuale, “esportare il modello Europa”. Non c'è dubbio che migliorare l'ambiente sia dovere di tutti, ma pensare che miliardi di persone che hanno raggiunto faticosamente un tenore di vita più simile al nostro, che noi per decenni abbiamo esportato passandolo per l'unico possibile, ora invertano la rotta è del tutto impossibile.

Tra un paio d'anni, quando il ciclo solare attuale si sarà attenuato, potremo finalmente capire chi ha ragione, se gli scienziati da talk-show sponsorizzati dal mainstream, oppure quelli più silenziosi e messi in disparte, finanche presi in giro se non messi alla gogna mediatica perché non convinti di quanto venga raccontato. Nel frattempo, oltre a votare meglio per mandare a Bruxelles persone con meno ideologia, bisogna tenere duro. Ma come, visto il bombardamento continuo di eco-notizie, con i social che scoppiano di messaggi catastrofici e satelliti – pagati con i nostri soldi - che ogni mese ci raccontano che è stato quello più caldo di sempre? Che abbiate fede religiosa o meno, un buon modo potrebbe essere seguire il consiglio che Papa Francesco ha dato la scorsa settimana approvando le regole per la penitenza apostolica 2025: per concedere l'indulgenza la Chiesa ha pensato di aggiornarsi e, in vista del Giubileo, propone al posto del digiuno alimentare un distacco dal mondo virtuale. Senza dubbio un invito ad allontanarsi dall'infodemia propagata “in tempo reale” e l'invito a tornare a vivere nell'unico tempo che per nome e cadenza s'addice all'umanità, l'imperfetto. L'infodemia, intesa come eccesso di dati disponibili da elaborare e diffondere, è ormai tale che osservare i numeri è diventato troppo complesso.

Al sito: EDGAR - The Emissions Database for Global Atmospheric Research (europa.eu) quindi una fonte ufficiale dell'Unione europea – sempre pagata da noi – trovate centinaia di percentuali e una bibliografia che da comprendere risulta indigesta, ma che ha il pregio di sottolineare come l'Europa stia effettivamente riducendo le emissioni di gas serra. Eurostat ha infatti certificato che negli ultimi tre mesi del 2022 (i dati 2023 saranno diffusi a breve) sono calate del 4% in quasi tutti i 27 Stati membri dell'Unione, salvo in Irlanda, Lettonia, Malta e Danimarca, dove sono aumentate. Ma per valutare questi parametri è stato considerato anche l'andamento del prodotto interno lordo, in modo da tentare di dimostrare che siano le politiche energetiche a vincere, come quelle Lituane e Slovene (che ha il nucleare), e che impongono di svenarsi rinnovando le abitazioni. Ma come sia possibile fare paragoni (dimensionali, industriali, eccetera), con Germania e Italia nessuno lo spiega. Con un'aggravante: dichiarare che a contribuire all'aumento della CO2 sia il settore manifatturiero, quello tanto caro all'economia italiana. Insomma, a Bruxelles con il clima e la CO2 si cerca sempre di fare grandi affari, a spese nostre naturalmente.

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