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Ai Weiwei, 1000 anni di gioie e dolori: ecco il memoir dell’artista cinese

Si intitola 1000 anni di gioie e dolori (Feltrinelli), è un memoir in cui l’artista cinese Ai WeiWei, segnalazione speciale al recente Premio Terzani 2024, uno dei più importanti del panorama artistico internazionale, racconta di sé, di suo padre Ai Qing forse il poeta cinese più celebre, ma soprattutto del suo paese, la Cina e di quanto il regime comunista, sin dalla sua affermazione negli anni ’40 del secolo scorso abbia sempre attuato una politica repressiva, volta ad eliminare le voci del dissenso, a instaurare una forma dittatoriale di controllo delle coscienze e una costante violenta limitazione dei diritti umani.

Weiwei, classe 1957, in questa sua appassionante autobiografia, intreccia le vicende sue e dei suoi famigliari con gli avvenimenti salienti che hanno scandito la storia della Cina da un secolo a questa parte.

A partire dalla storia di suo padre, che sotto la scure della censura e della repressione del regime cadde più volte. Vittima del regime comunista prima negli anni ’40 e poi della rivoluzione culturale di Mao Zedong quando con la famiglia fu esiliato in una zona remota del paese in quella che fu definita la “Piccola Siberia”, costretto a vivere, lui e il figlio, in una sorta di buca interrata e costretto pulire le latrine e i bagni pubblici del villaggio, tra la fame e la miseria più grevi. Ma nonostante ciò continuò a fare poesia e a trasmettere al figlio ancora ragazzino l’amore per la libertà, per il rispetto dell’umanità, a coltivare la propria immaginazione e indipendenza di pensiero.

Un insegnamento che sarà la barra dritta e di coerente ostinazione nell’avventura artistica e umana di WeiWei. Che dapprima lo portò, appena gli fu possibile nel 1981, a trasferirsi negli Stati Uniti, dove soprattutto a New York incontrò l’arte contemporanea: fondamentale fu la conoscenza delle opere di Duchamp che lo segnerà profondamente rafforzando in lui la vocazione all’originalità, alla provocazione, all’inventiva più incontrollabile e libera, sperimentando diverse forme d’arte, dalla ritrattistica, forma di sostentamento, alle installazioni e performances, dall’uso della fotografia all’utilizzo di materiali poveri, mitica il suo Profile of Duchamp. Sunflower seeds: una gruccia di fil di ferro trasformata nel profilo dell'artista, all'interno della quale sono collocati dei semi di girasole, un alimento fondamentale per il popolo cinese.

Elemento che, in 10 milioni di copie in porcellana e sparsi sul pavimento, ritornerà decenni dopo, nel 2011, in un’altra mitica installazione alla Tate Gallery di Londra. I fatti sanguinosi, la repressione violenta degli studenti di Piazza Tienamen del giugno del 1989, costituirono un punto di svolta nella poetica di WeiWei.

Tanto che, tornato in Cina nel 1993, maturò l’idea e la pratica di un'arte che servisse a testimoniare le brutture del sistema, a risvegliare le coscienze, a farsi critica a tutte le deviazioni del potere.

Mentre la sua fama di artista poliedrico cresceva in tutto il mondo, con esposizioni di sue opere nei più prestigiosi musei del mondo, il suo impegno nel denunciare le continue e brutali violazioni dei diritti umani da parte del sistema statale, soprattutto dopo la scoperta di internet e l’allestimento di un suo seguitissimo blog, si faceva sempre più radicale, attirandosi oltre alla nomea di piantagrane anche le attenzioni altrettanto violente degli organi di polizia, che il 3 aprile del 2011 lo arrestarono e imprigionarono per 81 giorni mentre in tutto il mondo e non solo in Cina aumentavano gli attestati solidarietà. Rilasciato, continuò, pur tra mille difficoltà la sua opera di testimonianza e di denuncia convinto che «la difesa della libertà sia sempre inseparabile dallo sforzo che si fa per raggiungerla, perché la libertà non è un obiettivo ma una direzione, e nasce dall’atto stesso della resistenza. Come artista ho la responsabilità di trasformare questa convinzione in qualcosa che affascini e seduca».

Un impegno che WeiWei porta avanti ancora oggi con stupefacente creatività e consapevolezza, seguendo quell’apertura al mondo reale che lo ha fatto scoprire ultimamente il dramma dei migranti ai quali ha dedicato diverse installazioni soprattutto a Berlino dove è emigrato nel 2015. “I miei lavori sui migranti – così nelle ultime pagine di questo straordinario reportage nella vita di un grandissimo artista – sono coerenti, nella loro forma, con i progetti a cui mi sono dedicato in passato. Comunque io sia considerato, artista, attivista o semplice cittadino. Il mio grande interesse per la crisi dei rifugiati mi ha dato l’opportunità di andare oltre l’ambito della resistenza al dittatoriale governo cinese, di allargare il campo delle mie osservazioni sulla natura umana e di esprimere più pienamente la mia visione dei diritti umani”.

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