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Beatrice Bartolomei dell’ateneo di Trieste vince il premio per la migliore tesi italiana in chimica

TRIESTE La passione per la chimica la coltiva da anni, fin da quando andava al liceo. Il suo sogno, rivelato con scaramantica cautela, è «guidare un gruppo di ricerca» nelle materie in cui si è specializzata. A metà fra il suo passato e il suo futuro, Beatrice Bartolomei si è appena tolta una grande soddisfazione: la sua tesi di dottorato è stata premiata come la migliore in Italia nell’ambito della chimica organica da parte della Società chimica italiana.

Studentessa dell’Università di Trieste, Beatrice è nata e cresciuta a Perugia, dove ha conseguito la laurea triennale e magistrale in chimica. La decisione di trasferirsi, per il dottorato, nel capoluogo giuliano è legata al desiderio di lavorare con il professor Maurizio Prato, «un leader mondiale» nel suo campo. Durante il triennio di dottorato, Beatrice ha poi svolto un periodo di ricerca presso l’Università del Michigan coordinato dal professor Nicholas Kotov.

Anche grazie al supporto di Prato e al trimestre trascorso in America, ha ricevuto ora un riconoscimento di caratura internazionale che lei stessa definisce «inaspettato».

Dopo aver inviato la sua tesi ed essere stata ammessa alla seconda fase assieme ad altri dieci candidati, Beatrice ha dovuto registrare un breve video in cui illustrava il suo percorso e motivava la scelta dell’argomento della tesi. Il premio le verrà consegnato il prossimo 29 Agosto, a Milano, nel corso del 28esimo congresso nazionale della Società chimica italiana.

Al centro dei suoi studi e della sua tesi di dottorato ci sono le nanoparticelle e, in particolare, un gruppo specifico denominato “carbon nanodots”. Beatrice si è occupata, nella fattispecie, dei metodi di preparazione delle nanoparticelle, un ambito di ricerca «in parte inesplorato e recente, visto che sono state scoperte nei primi anni Duemila».

A chi non è pratico delle avanguardie della chimica contemporanea, non risulterà immediatamente chiara l’importanza del lavoro svolto da Beatrice. Intanto, c’è un aspetto che riguarda le ricadute ambientali e la sostenibilità: «le nanoparticelle di cui mi sono occupata – spiega Beatrice – sono prive di metalli inquinanti». Ma sono soprattutto le applicazioni pratiche delle nanoparticelle a giustificare l’entusiasmo degli specialisti: si va dalle risonanze magnetiche – nelle quali possono essere sfruttate come agenti di contrasto – fino al settore sconfinato della farmaceutica.

Nel frattempo, Beatrice ha già le valigie pronte. Conclusa l’estate – e ritirato il premio a Milano – tornerà negli Stati Uniti, vicino a Chicago, per continuare i suoi studi nella prestigiosa sede della Northwestern University. —

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