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«Le piattaforme digitali che organizzano viaggi sono sempre più verticali. Così diventano riconoscibili»

L’intervista alla docente Alessandra Olietti, autrice – insieme a Patrizia Musso – del volume “Turismo digitale – in viaggio tra i click”

L'articolo «Le piattaforme digitali che organizzano viaggi sono sempre più verticali. Così diventano riconoscibili» proviene da Giornalettismo.

Il digitale è stato fondamentale per la ripresa del turismo post-covid. Gli indicatori per supportare questa affermazione ci sono indubbiamente tutti. Ma a certificarlo sono anche studi accademici e statistiche che hanno messo in evidenza il ruolo preminente delle piattaforme digitali per supportare parzialmente o totalmente l’utente in una sua esperienza di viaggio. Alessandra Olietti, docente di Comunicazione e Marketing con specializzazione in ambito turistico all’Università Cattolica, ha scritto insieme a Patrizia Musso “Turismo digitale – in viaggio tra i click”, un volume fondamentale per comprendere il ruolo di social, app e piattaforme nel nuovo modo di girare il mondo.

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«Molto spesso si parla di pre-Covid, Covid e post-Covid – spiega la professoressa Olietti. Sicuramente il turismo è stato uno degli ambiti che da questo punto di vista ha avuto una difficoltà molto forte. Il post-Covid, invece, è quello che in alcune delle mie ricerche ho definito come “l’anno zero del turismo” perché ha necessitato di una ripartenza dove il digitale, effettivamente, è stato fondamentale. Quindi, il digitale che prima era di fatto una sorta di strumento per le destinazioni oggi è diventato una necessità e si sta configurando sempre più come la normalità. Si tratta di un valore aggiunto per le destinazioni, ma questo è anche il frutto delle mutate esigenze degli utenti perché, chiaramente, tutti gli ambiti di mercato, si muovono facendo particolare attenzione a quella che è poi la domanda del target di riferimento». 

Turismo digitale, la verticalità delle piattaforme online

Recentemente, alcuni studi hanno messo in evidenza come gli strumenti digitali abbiano migliorato le esigenze dei turisti. Il tutto, ovviamente, non soltanto prima e durante il viaggio, ma anche dopo il rientro a casa: la narrazione dell’esperienza, che da sempre è stata una dei motivi rituali del viaggio, è stata favorita dalle nuove forme d’espressione che i travel content creator hanno sdoganato sulle diverse piattaforme social. «A tal proposito ci sono dei dati molto aggiornati che sono stati divulgati durante la fiera BIT, la borsa internazionale del turismo – spiega Olietti, dove si vede come effettivamente gli italiani in generale siano molto propensi all’utilizzo del digitale e delle nuove tecnologie. In particolare, da questo studio emerge come il 77% degli italiani intervistati dichiari di aver avuto una migliore esperienza turistica proprio grazie al digitale. Questo ci fa comprendere come il digitale e come l’esperienza non sia più solo legata al viaggio, ma tutta l’esperienza inizia ben prima: dal momento in cui io inizio ad informarmi su una possibile destinazione di viaggio, alla prenotazione, passando per le eventuali cancellazioni e tutto ciò che è il post viaggio. Perché anche il racconto della destinazione da parte degli utenti fa parte di una mutata conoscenza. Siamo passati, infatti, da una dinamica top down, dove la destinazione si promuove semplicemente, a una molto più bottom up dove c’è tutta quella parte di user generated content, di contenuti generati dall’utente, che concorre alla creazione di comunicazione attorno».

Il ruolo dei social network

Proprio i social network sono il luogo virtuale dove si generano nuove tendenze che si riflettono, poi, nella vita offline. Si pensi, ad esempio, al tema della sostenibilità nelle esperienze di viaggio che, grazie ai racconti sui social, è diventato di grande attualità tra utenti a cavallo di diverse generazioni.  

«È interessante anche notare come spesso il digitale si leghi fortemente a tutto un aspetto di sostenibilità, uno dei temi cardine in ambito turistico – ha detto la dott.ssa Olietti -. Sempre dalla ricerca presentata alla fiera BIT da parte dell’osservatorio sul turismo sostenibile, emerge che il 74% degli italiani afferma che le nuove tecnologie possono stimolare viaggi di questo tipo, proponendo soluzioni e destinazioni differenti rispetto a quelle più gettonate e blasonate. Insomma, si riesce anche a limitare il fenomeno dell’overtourism. A tal proposito, un dato che a me fa molto piacere è relativo alle fasce di età: il 66% degli intervistati tra i 18 e i 24 anni, si è detto interessato a spendere di più per delle strutture green, trovate anche attraverso il digitale. Questo dato percentuale aumenta di quasi 10 punti se si considera la fascia 16-17 anni».  

E nell’epoca in cui green ed ecosostenibilità stanno diventando delle urgenze anche nella visione politica delle nuove generazioni, non bisogna dimenticare come i content creator stiano spingendo su viaggi che rispettino l’ambiente: «Se consideriamo i social network pensiamo in ottica turistica, parliamo di una cassa di amplificazione dell’offerta non indifferente. I content creator che parlano di viaggi e mete, stanno accendendo una luce anche sull’aspetto green e sui viaggi sostenibili. Inoltre, c’è un’attenzione particolare alle economie locali, motivo per cui le comunicazioni sui social puntano sempre di più verso progettualità, verso quelle esperienze che durino nel tempo. Quindi, una sorta di opposizione tra quello che noi pensiamo del social, quindi una piattaforma molto veloce che invece concorre proprio a divulgare una comunicazione di progettualità, di offerta che possa durare nel tempo. Vuole andare contro quella che è una narrazione molto mordi e fuggi, seppur appunto lo strumento di per sé nasce per una comunicazione molto leggera». 

Target e verticalità

Recentemente, il mercato ha preso in considerazione anche nuove piattaforme che si stanno ritagliando un ruolo specifico verso audience estremamente profilate. Stiamo parlando di quelle app che, a partire dal racconto e dall’interesse dell’utente, puntano ad aggregare persone con la stessa voglia di esperienza. I gusti personali diventano comune denominatore e il digitale si trasforma in un modo per aggregare persone in contesti offline.  «Queste piattaforme stanno aumentando, settandosi su target differenti. Perché se prima, penso per esempio a WeRoad, si aveva un target più alto di età – quindi si spingeva per esempio fino ai 25 passa anni – le nuove piattaforme che stanno emergendo arrivano anche ai più giovani. Spesso e volentieri si legge che il digitale stia allontanando i giovani tra di loro.  Probabilmente per certi aspetti è vero, ma queste piattaforme vanno proprio in opposizione: si parte, magari, dal giovane che vuole partire da solo, per arrivare poi a un obiettivo anche molto alto che è quello di creare aggregazione».

Più l’app è verticale, più diventa riconoscibile e si trasforma in un punto di riferimento per determinate categorie di turisti: «La particolarità di queste piattaforme è che vanno su un’offerta fortemente targettizzata – conclude la dott.ssa Olietti: WeRoad, come detto, si rivolge a una determinata fascia di età; WeAreBelieve punta soprattutto sui giovani, sui giovanissimi, rivolgendosi alla fascia 16-19 anni. Quindi, nella maggior parte dei casi parliamo di una prima vacanza che fanno da soli, senza i genitori. Il digitale, in questo caso, permette di avere dei pacchetti turistici che siano completi, partendo dal volo verso una destinazione, fino alle attività che si possono fare una volta giunti alla meta. C’è da sottolineare un aspetto molto interessante: queste piattaforme vanno a toccare delle nicchie. Non soltanto a livello di età, ma anche di interessi. Soluzioni come WeAreBelieve, puntano soprattutto sull’interesse della musica. Infatti, i pacchetti che offrono sono spesso legati a festival musicali. Perciò, cercano di unire la passione per il viaggio con la passione per la musica. Stesso discorso vale per WeRoad, con la passione per l’avventura, il desiderio di conoscere nuove persone. Questo tipo di turismo diventa un volano di diversificazione del business, dove il business non è più legato solo al travel, al viaggio in sé, ma anche a tutte queste esperienze molto settoriali che effettivamente colpiscono le generazioni».  

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