Gli universitari di Padova invitano i baristi alla loro assemblea
«Noi andremo avanti. Continueremo a portare le nostre richieste alla rettrice, e a chiedere il boicottaggio degli accordi universitari con gli atenei israeliani». Tirano dritto gli universitari pro Palestina. Dopo le polemiche sollevate da alcuni esercenti e commercianti del centro non si fanno fermare. E anzi, rilanciano la prossima assemblea pubblica per martedì, a partire dalle 17.30, nel cortile nuovo di Palazzo Bo.
«Invitiamo i negozianti a raggiungerci, così magari capiranno anche loro i motivi delle nostre proteste», afferma Riccardo Fasano,uno dei portavoce di Spazio Catai e di Potere al Popolo, tra i coordinatori delle proteste che gli scorsi mesi hanno portato a più riprese le tende dell’Intifada studentesca all’interno delle sedi universitarie. Proteste a cui hanno sempre risposto anche i collettivi della sinistra padovana, tra cui il Fronte della gioventù comunista, il Cso Pedro, Spina, sindacato Link, coordinamento dottorandi Corda e i Giovani palestinesi del Veneto.
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«Le nostre richieste sono sempre state semplici», spiega Fasano, «e sono rivolte alla governorship dell’Ateneo di Padova affinché vengano a cessare tutti gli accordi con le università israeliane. Non possiamo permetterci che continuino ad esistere collaborazioni con istituzioni che direttamente o indirettamente sostengono quanto sta accadendo a Gaza e in tutta la Palestina».
Una forma di boicottaggio si è concretizzata per esempio dopo l’invasione dell’Ucraina, con la chiusura dei rapporti con gli atenei russi – in virtù di una normativa europea. Gli universitari pro Palestina, di fatto, chiedono che un simile effetto arrivi da un’azione d’iniziativa del rettorato padovano. E per questo – spiegano gli universitari – continueranno le manifestazioni di piazza.
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«Siamo pienamente consapevoli dei disagi che arrechiamo, soprattutto all’Università. Ma fa parte della natura stessa delle proteste, quella di creare disagi affinché la gente possa riflettere sui motivi che stanno dietro alle manifestazioni studentesche», sottolinea il portavoce dei cataini.
«Abbiamo scritto la lettera alle istituzioni perché durante quell’intera settimana di occupazione dell’università abbiamo lavorato la metà», spiegano da parte loro i commercianti, molti dei quali con attività che sorgono all’ombra del Bo.
«Nonostante le mancate entrate, abbiamo dovuto tenere tutto il personale perché non sapevamo quando sarebbe stata liberata la sede universitaria dalle proteste», evidenziano i dodici firmatari del documento indirizzato al prefetto, al sindaco e al questore.
Durante l’occupazione dello scorso maggio gli universitari pro Palestina hanno occupato i cortili di Palazzo Bo per oltre una settimana, creando anche disagi per la stessa Università. Le visite guidate sono state cancellate, chiusi i negozi interni al Bo e molti convegni rinviati o ricollocati, creando un danno economico stimato dall’Ateneo intorno ai 100 mila euro.