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Prima il Covid, poi spese e vendite a picco: chiuso lo showroom Delfabro

Difficile immaginare un arredo di design, in Friuli, senza pensare di acquistarlo o, quantomeno, di andarlo a cercare nello showroom della famiglia Del Fabro, a Tricesimo.

È stato così per generazioni, a cominciare dagli anni Settanta, anche fuori dai confini regionali, e attraverso l’evoluzione delle mode e dei tempi. Perché il bello – secondo il fondatore Gianfranco, per tutti Gianni, residente con la moglie a Spilimbergo, dove fu anche assessore, coinvolto negli anni Novanta in Tangentopoli, e scomparso all’età di 77 anni, nel giugno del 2021 – è espressione di cultura e libertà.

Principio granitico, il suo, ma pur sempre scalfibile. Il primo colpo di piccone è arrivato dal Covid, che anche dopo la sua dipartita, quando a raccoglierne l’eredità erano stati i figli Sarah e Pierpaolo, ha continuato a erodere il mercato e aumentare la sofferenza dell’attività. Poi, sono stati l’aumento dei costi e la concorrenza delle vendite on line, uniti al pensionamento dei collaboratori storici dell’azienda, a infliggere il colpo di grazia.

Il risultato è scolpito nella sentenza che il Tribunale di Udine ha emesso alcuni giorni fa, con la dichiarazione di apertura della liquidazione giudiziale nei confronti di “Fox srl”, la società di commercio al dettaglio per mobili per la casa cui Delfabro faceva capo.

Era stata la stessa famiglia, presa coscienza dell’impossibilità di risollevare le sorti dell’attività, a portare i libri in tribunale e presentare così, con l’assistenza legale dell’avvocato Massimiliano Sinacori, istanza di autofallimento (espressione peraltro superata dopo l’entrata in vigore del nuovo Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza).

Presieduto da Gianpaolo Fabbro, il collegio giudicante ha nominato giudice delegato della procedura il collega Gianmarco Calienno e curatore il commercialista Massimiliano Basso Brusa. L’udienza per l’esame dello stato passivo è stata fissata per il prossimo 24 settembre.

«Abbiamo resistito finché abbiamo potuto. Ma poi, preso atto che non c’era più modo di fare fronte ai pagamenti, abbiamo ritenuto di desistere, nella convinzione anche che l’attività dovesse ripartire da zero», spiega Sarah Del Fabro, lasciando intendere che la prospettiva è di rimettersi in gioco non appena le condizioni lo consentiranno. «Non da subito e non nella stessa maniera – precisa –. L’idea è di creare una struttura molto più snella, con meno dipendenti e sfruttando i canali della vendita on line, invece che quello dello showroom, che immaginiamo di trasformare piuttosto in uno studio di progettazione».

Alle spalle, un’esperienza che aveva tratto la propria forza anche dalla collaborazione di professionisti tutt’altro che facili da sostituire. «Chi si rivolgeva a noi – continua – sapeva di trovare anche un servizio di qualità in termini di progettazione, installazione e montaggio. Quando però i nostri quattro professionisti storici sono andati in pensione, non siamo riusciti a trovare persone altrettanto valide».

Un problema di competenze, quindi, oltre che di «aumento vertiginoso dei prezzi dei materiali» e di «impoverimento generale del territorio». «La nostra era un’azienda di nicchia – aggiunge Sarah Del Fabro – e questo, in un momento di crisi del settore, diventa un fattore penalizzante: noi, così come i nostri competitors, abbiamo risentito della minore propensione dei clienti a spendere. Prima, le famiglie erano portate a risparmiare, per riuscire a permettersi la cucina di qualità e l’arredo di design. Con il tempo, i margini si sono assottigliati e l’attenzione è virata sugli acquisti on line».

Da qui, la scommessa di rimettersi in gioco, ma con regole nuove. Non prima, però, di avere chiuso i conti con i creditori: banche e fornitori, visto che «i dipendenti, una decina, tutti retribuiti fino all’ultimo, fatta eccezione per il Tfr – assicura –, nel frattempo hanno trovato già un’altra collocazione».

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