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Studenti per la Palestina, sit in in rettorato a Pavia

PAVIA. Dopo tre ore di presidio gli studenti per la Palestina hanno preso le scale del rettorato e sono arrivati in corridoio, dove si sono seduti per un sit in che, dicono, non finirà finché le loro richieste non saranno accolte.

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«Oggi 17 giugno, a seguito dell'ennesimo rifiuto da parte dell'Universitá di convocare un Senato straordinario per aprire un dialogo riguardo alla questione palestinese, l'Assemblea ha deciso di istituire un presidio fisso in Rettorato, ai fini di sollecitare la discussione su una situazione di estrema emergenza – spiegano gli studenti con un comunicato - La manifestazione si è svolta in modo pacifico e non ha mai avuto l'intenzione di provocare la repressione che è stata attuata. Questo è l'ennesimo disperato tentativo di soffocare la discussione a riguardo e mettere a tacere la volontà studentesca di smuovere l'opinione pubblica promuovendo il libero dibattito. Lo sgombero e la violenza non fermeranno la lotta, ma daranno nuovo coraggio a un movimento che promette di resistere finchè al popolo palestinese non verrà riconosciuto il diritto di autodeterminazione, uno Stato in cui poter esercitare il proprio diritto alla vita e un territorio in cui abitare».

Il presidio

Una ottantina di studenti e studentesse si erano riuniti sotto alle finestre del rettorato dell’università di Pavia dove è in corso il Senato accademico, a partire dalle 14.30. In cortile una bandiera palestinese e dei sacchi bianchi che rappresentano i cadaveri di Gaza, dove la risposta armata di Israele in risposta agli attacchi di Hamas del 7 ottobre che hanno portato alla morte di 1200 israeliani e al rapimento di 253 ostaggi, ha già causato quasi 38mila morti, 80mila feriti e 1,9 milioni di sfollati.

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Intorno alle 17, dopo due ore e mezza di attesa, il Senato ha deciso di far salire un portavoce degli studenti per ascoltare le richieste degli studenti che, dal 17 maggio scorso, occupano pacificamente il cortile Volta dell’università di Pavia senza impedire le lezioni, per tenere accesa l’attenzione sul massacro in atto nella striscia di Gaza, già condannato dalla Corte internazionale di giustizia.

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La posizione dell’università

Il Rettore Francesco Svelto aveva già giudicato irricevibili le richieste degli studenti di sospendere i rapporti con Israele e in una lettera pubblicata oggi lunedì 17 giugno sulla Provincia pavese, ha ribadito la posizione assunta a partire dalla riunione del Senato Accademico del 20 maggio 2024 ovvero una «convinta adesione alle parole del Presidente della Repubblica, pronunciate il 7 maggio all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, secondo cui “nell’immediato ci viene chiesto di rispondere all’imperativo morale di fornire assistenza per lenire le immani sofferenze della popolazione civile di Gaza”».

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Ha inoltre ricordato come l’ateneo abbia «quindi condannato l’escalation della violenza: dagli attacchi terroristici di Hamas alla reazione indiscriminata (di Israele, ndr) contro civili e infrastrutture, chiedendo il cessate il fuoco immediato a Gaza per consentire l’accesso agli aiuti umanitari. Si è poi auspicato che entrambe le parti si impegnino in una relazione costruttiva per raggiungere una soluzione pacifica che rispetti i diritti umani, perché solo attraverso il dialogo e la cooperazione si può sperare di porre fine a questa tragedia umanitaria. La nostra convinzione profonda è che ogni vita conti e che la pace sia l’unica strada verso un futuro migliore per la regione, aprendo così la strada a una soluzione a due Stati. Venendo a quanto può fare direttamente l’Università di Pavia, si è condiviso che essa debba poter accogliere richieste di sostegno e di collaborazione da parte di studiose e studiosi palestinesi e israeliani a rischio di incolumità fisica o la cui libertà accademica sia compromessa. Ad esempio, attraverso la predisposizione di un fondo dell’Università a ciò dedicato». Ha inoltre auspicato «il ripristino di un regime di utilizzo ordinario, nella disponibilità di tutte le studentesse e di tutti gli studenti» degli spazi occupati attualmente dalla protesta, benché pacifica.

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