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Microscuole? Perché no. La mia esperienza in Germania può insegnare

Microscuole? Perché no. La mia esperienza in Germania può insegnare

di Simonetta Lucchi Alcuni anni fa, appena giunta in Germania per un’attività di ricerca, appresi con stupore della possibilità, aperta a tutti, di creare micro-asili in casa propria. Senza molte difficoltà, anche nel mio caso come non-residente, in un appartamento in affitto, era consentito, previa richiesta e verifica da parte del Comune, in tempi brevissimi, […]

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di Simonetta Lucchi

Alcuni anni fa, appena giunta in Germania per un’attività di ricerca, appresi con stupore della possibilità, aperta a tutti, di creare micro-asili in casa propria. Senza molte difficoltà, anche nel mio caso come non-residente, in un appartamento in affitto, era consentito, previa richiesta e verifica da parte del Comune, in tempi brevissimi, far nascere una piccola scuola d’infanzia. Grazie a questa e numerose altre opportunità, il problema di trovare una sistemazione per i bambini dovendo lavorare non si è mai presentato. Diverse realtà, ma anche, molta flessibilità e concretezza.

Negli Stati Uniti va ultimamente prendendo consistenza una nuova tipologia organizzativa di scuola, alternativa alle due principali: le scuole tradizionali, ovvero pubbliche, e l’homeschooling, che negli Usa è utilizzato da oltre tre milioni di studenti. Sistema che da noi non ha mai preso molto piede, anche a causa degli alti costi: oltreoceano, a ormai decenni dalla sua introduzione, è possibile acquistare un curricolo completo a circa 100 dollari.

Si tratta delle cosiddette microscuole, comprendenti una sola classe, o al massimo due o tre, ognuna con non più di 6-7 alunni e situate in edifici privati, in sostanza, appartamenti.
“Ci sono pochi dati sulle scuole – scrive il New York Times – ma il ‘National Microschooling Center’, un gruppo di pressione che organizza i promotori di tali scuole, stima che ci siano 95.000 tra microscuole e strutture a sostegno all’istruzione domiciliare (home-schooling pods), che servono oltre 1 milione di studenti. Durante l’anno scolastico 2023-2024, un terzo delle scuole ha ricevuto finanziamenti pubblici attraverso programmi simili a voucher, rispetto al 18% di un anno fa”.

I motivi che spingono le famiglie a scegliere questa scelta – come viene riportato anche su TuttoscuolaNEWS – sono in parte simili a quelli che trent’anni fa diedero origine all’homeschooling: un mix di diffidenza verso le scuole pubbliche (classi troppo affollate, alta conflittualità tra studenti, frequenti scioperi dei docenti), volontà di dare ai figli un’educazione religiosa e morale tradizionale, massima flessibilità oraria e possibilità di seguire da vicino la crescita educativa dei ragazzi. A questi si sono aggiunti negli ultimi anni il bullismo, la diffusione delle droghe, l’inadeguata assistenza che le scuole tradizionali offrono agli alunni con disabilità soprattutto di carattere psichico.

Rispetto all’homeschooling e ai suoi tutor, le microscuole hanno il vantaggio di avvalersi di docenti specializzati che hanno un rapporto personalizzato, in presenza, con gli alunni e i genitori, e soprattutto quello di rispondere alla principale obiezione che psicologi ed educatori rivolgono all’homeschooling: quella di far mancare ai bambini e agli adolescenti la fondamentale esperienza della socializzazione. Sarebbe da discuterne…

A vent’anni di distanza dalla mia esperienza di “scuola dell’infanzia condominiale” avrei auspicato che si proponesse un modello simile anche in Italia: forse almeno non ci saremmo trovati a questo punto. Di non avere più alunni per qualsiasi tipo di scuola.

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