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«La scuola non è una merce», protesta contro il G7 di Trieste venerdì in piazza Libertà

«La scuola non è una merce», protesta contro il G7 di Trieste venerdì in piazza Libertà

foto da Quotidiani locali

TRIESTE «La scuola non è una merce». Attorno a questo slogan numerose sigle si ritroveranno venerdì pomeriggio, a partire dalle 18 in piazza della Libertà a Trieste, per protestare contro le sessioni del G7 dell’Istruzione previste fino a sabato.

Un’iniziativa che nasce dalla volontà di «contrastare le politiche sempre più determinate da un mercato selvaggio del lavoro», come hanno spiegato mercoledì mattina alcune delle realtà coinvolte.

L’elenco delle adesioni è molto lungo: per citarne soltanto alcune, figurano Cobas Trieste e Gorizia, Flc Cgil, Alleanza Verdi e Sinistra, Patto per l’Autonomia, Movimento Cinque Stelle, ma anche Fridays For Future e Fvg Pride.

Ci sarà anche il Pd, per quanto, durante la conferenza di presentazione, la consigliera comunale Rosanna Pucci sia stata accolta con freddezza dagli altri rappresentanti e qualcuno fra i presenti le abbia rinfacciato «la Buona Scuola di Renzi», la riforma varata dall’attuale leader di Italia Viva ai tempi in cui era segretario dem e capo del governo.

L’accusa rivolta ai ministri e delegati giunti nel capoluogo giuliano è quella di «mettere in scena una vetrina – afferma Davide Zotti di Cobas – perché lo sappiamo bene che applicano soltanto cose decise in altro luogo». E, venendo all’Italia, si denuncia «lo stato decadente della scuola, diventata mero strumento di addestramento al lavoro».

Vengono citati poi alcuni dati: «Un istituto su due in Italia ha bisogno di una riqualificazione», sottolinea Daniela Antoni di Cobas. «Mentre al Sud – prosegue Antoni – solo il 20 per cento delle scuole è in grado di garantire ai suoi studenti il tempo pieno».

In linea generale, gli esponenti delle sigle coinvolte ribadiscono la necessità di «ritornare ai princìpi espressi nella Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo del 1948». Principi che, afferma Matteo Slataper della Cgil, «ora non vengono più seguiti, dall’Italia in primis».

La direzione intrapresa, si legge quindi nel comunicato rilasciato dai manifestanti, «riduce l’istruzione a strumento per immettere le persone nella vita economica, al servizio delle logiche di mercato».

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