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Una grande foto per ricordare Barba Tëch, protagonista della vita contadina di Alpette

Una grande foto per ricordare Barba Tëch, protagonista della vita contadina di Alpette

foto da Quotidiani locali

ALPETTE

Una gigantografia dedicata a Barba Tëch, al secolo Battista Goglio, ultimo rappresentante della vita contadina di un tempo ad Alpette, su una parete in pietra ai Musrai. Goglio per il suo paese era anche molto altro: un incantatore, un profondo conoscitore della tradizione e di quella filosofia di vita in cui l’uomo è un accompagnatore della natura, in una sorta di rispetto reciproco. Classe 1898, morto nel 1985, Goglio era anche un uomo che amava cantare, fare teatro e raccontare il mondo di cui faceva parte. Quello stesso mondo sarà protagonista, grazie alla Neve dell’ammiraglio e del Centro etnologico canavesano (Cec), dell’inaugurazione di una grande foto ai Musrai a metà luglio.

Un uomo di campagna

Barba Tëch, come veniva ricordato in un libro a lui dedicato dall’ex sindaco Piero Giachino, era una sorta di biblioteca vivente della parlata dialettale, di canti popolari e di rappresentazioni teatrali. “L’ora a fa so mestier e mi fu ’l mè” era la frase che Battista era solito ripetere a chi, stupito, lo vedeva svolgere le attività agricole nelle ore notturne o con la pioggia o con la neve. Presente a tutte le occasioni religiose e civili della vita di Alpette, il Tëch amava anche fare interventi, ricordare i compagni caduti in guerra e riportare in auge antiche rappresentazioni teatrali sul palcoscenico allestito in paese. Fu consigliere comunale e uno dei principali fautori del carnevale locale, rappresentante di quella storia minore che è, però, la vita dei piccoli paesi di montagna. «Una sera con mia moglie eravamo appoggiati al balcone ai Musrai - racconta Dario Paolo Goglio, presidente de La neve dell’ammiraglio - e vedendo una parete in pietra, spoglia, pensammo di chiedere alla famiglia di Battista Goglio, per tutti Barba Tëch, indimenticabile rappresentante della vita contadina e incantatore del paese, di poter installare una grande foto in sua memoria. L’idea è quella di rafforzare il simbolismo dei Musrai, ultimo baluardo di quel mondo che non c’è più, ricordando quello che ne fu il massimo rappresentante. Vicino alla foto ci saranno gli attrezzi dei contadini e dei falegnami del passato. La famiglia ha accettato la nostra proposta, l’inaugurazione sarà domenica 14 luglio alle 15».

Un cantore popolare

Barba Tëch era anche un profondo conoscitore della canzone popolare, in particolare dei Canti popolari del Piemonte di Costantino Nigra. Grazie a questo enorme repertorio, Goglio venne contattato da Amerigo Vigliermo, presidente del Coro Bajolese e guida del Cec che negli anni ’70 vagò per tutto il territorio con il suo magnetofono per realizzare l’Opera omnia della canzone canavesana. «Con il Coro Bajolese, nato nel 1966, avevamo avviato una ricerca etnografica per conoscere la vita, le tradizioni e la cultura del nostro territorio - racconta Vigliermo -. Così siamo partiti dai dintorni di Bajo Dora e Borgofranco, raccogliendo canti, testi e racconti, fino ad arrivare ad Alpette. Lì, il 15 ottobre del 1973, un venerdì piovoso che non scorderò mai, incontrai Barba Tëch, che abitava nella frazione del Nero. Ero insieme all’amico Edoardo Morandi e avevo con me il mio magnetofono della Gründig. Appena ci vide disse che aveva un centinaio di canzoni per me. Andammo al ristorante ai Narcisi, dove davvero si mise a cantare 100 canzoni, tanto che il magnetofono ha rischiato di fondersi. Cominciò con i brani della tradizione per poi arrivare a quelli di Costantino Nigra: era sicuramente il più qualificato della zona, della valle, con una grande capacità di attirare le persone intorno a sé. Aveva anche una grande passione per il teatro, animata da indiscusse doti drammatiche, in cui aveva coinvolto anche la famiglia».

Da quel momento tra i due era nata una grande affinità: «Da allora, una o due volte l’anno, andavo a trovarlo, spesso insieme a Giovanni e Bruno Torra, fotografi e collaboratori del Cec che più volte l’hanno immortalato in scatti indimenticabili, visibili in una mostra allestita a Bajo Dora - continua Vigliermo -. Barba Tëch amava i travestimenti, il carnevale e le occasioni del paese, era una macchietta che aveva il cuore in mano. Era anche il presidente locale della Coldiretti e a 72 anni si salvò per miracolo da una peritonite dovuta ad una appendicite. Fu questo progetto, però, ad affascinarlo e a ridargli fiducia nella vita. La gente cominciò a considerarlo diversamente e il Cec ha contribuito a riconoscergli il ruolo che meritava, quello di messaggero e veicolo della cultura popolare. Lui lo capì e si sentì rivalutato, per cui ringrazio l’associazione di Alpette e la famiglia per aver pensato di dedicargli uno spazio».

Valori sempre attuali

Il messaggio di Barba Tëch, secondo Vigliermo, è quanto mai attuale: «In un mondo che si fa sempre più digitale e guarda all’intelligenza artificiale, noi del Cec crediamo che si debba invece rivalutare la conoscenza popolare, quella di Battista e di tutti coloro che come lui hanno contribuito a tramandarla e ci hanno indicato la via della rinascita dei nostri territori. Goglio era un uomo dalla pronta intelligenza, dalla risposta sempre arguta, che non esitava mai a prendere parte alle discussioni. Allo stesso modo era sempre pronto a cantare, con me, con i fratelli Torra, Giovanni e Guido, che mi accompagnavano nei miei giri con il magnetofono e immortalavano in magnifici scatti la grandezza di questi personaggi emblematici. Battista è stato, per noi e il nostro progetto, un faro luminoso, ci ha aiutato a capire la poesia e il canto popolare. Attraverso le sue parole abbiamo incontrato Costantino Nigra che ci raccomandava di essere prima di tutto dei buoni canavesani, poi dei buoni italiani».

Battista Goglio era anche il simbolo di una filosofia di vita: «Sapeva come vivere, mantenendo attuale il Canavese ancestrale delle sue storie, un territorio dall’enorme potenziale, che ci ha dato grandi esempi di intelligenza popolare, quella capace di costruire qualcosa di positivo per tutta la comunità. Tra questi annovero, ad esempio, Adriano Olivetti, forse il migliore esempio della capacità canavesana. Barba Tëch, in un altro ambito, rappresenta l’ ultimo afflato di una civiltà, quella contadina, che metteva al centro l’uomo. Il progresso è positivo, ma non deve condizionare, perché come può dare molto può togliere anche molto, per cui non bisogna disdegnare la natura e la ruralità».

Le donne, inoltre, custodi della vita di campi e monti, avevano un ruolo centrale in tutta la storia di Barba Tëch: «Goglio aveva un canto legato alla tradizione per ogni occasione - racconta ancora Il presidente del Cec -. Le donne erano protagoniste di questi canti e lui cantava anche le storie del passato, come i canti tipici delle Martine. Nei paesi come Alpette, dove la strada finiva e dove le donne erano il cuore della comunità, le tradizioni sono rimaste vive più che altrove. Se poi, a dare una mano, c’erano personaggi come Barba Tëch, era ancora più semplice continuare a tramandare le consuetudini della vita di tutti i giorni. Battista aveva l’ambizione di andare alla Rai, dopo la guerra, ed era lui stesso a raccontarmi spesso questo aneddoto curioso: «Feci un provino e mi avrebbero anche preso, ma mia mamma non mi lasciò andare in un posto dove avrei perso l’anima». Quella di Barba Tëch è rimasta ben salda ad Alpette e lì sarà ricordata per sempre.

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