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Trieste, un vecchio inquinamento frena il bando per la cessione di palazzo Carciotti

Ci vorrà ancora un mesetto (ben che vada) prima che da largo Granatieri decolli il bando per la cessione di palazzo Carciotti, il grande edificio neoclassico progettato da Matteo Pertsch a fine Settecento.

A inizio maggio si pronosticava che la data dell’avviso avrebbe potuto essere fissata a metà giugno, ma prima del solstizio nulla era trapelato in merito alla tempistica di vendita del prestigioso stabile sulle Rive.

Ed ecco la ragione del silenzio: era saltato fuori un procedimento risalente al 2004, riguardante un episodio di inquinamento verificatosi all’interno del palazzo, sembra da idrocarburi.

Pare che siano stati gli uffici della Regione a rimembrare ai colleghi municipali che fine avesse fatto quel fascicolo.

Una volta riscoperto il documento ventennale, l’Immobiliare comunale, che ha come assessore Elisa Lodi e come dirigente Lucia Tomasi, ha bloccato i cavalli.

Prima di andare avanti con il pubblico avviso, era indispensabile infatti capire l’esatta portata dei fattori inquinanti, per valutare quale incidenza potrebbero avere sulla cessione.

A tale riguardo si è mosso l’Ambiente, che ha come assessore Michele Babuder e come dirigente Lucia Iammarino, affinché si provvedesse all’effettuazione delle debite analisi.

In Comune auspica che non si perda ulteriore tempo sulla questione Carciotti, da qui la speranza di emettere il bando entro fine luglio. Attenzione: non è detto che il ritrovamento di materiali inquinanti sia di sé pregiudizievole alla vendita.

Quante volte si legge negli avvisi che un certo edificio ha bisogno di una toeletta ambientale. Però evidenti motivi di correttezza e di lealtà nei confronti dei potenziali acquirenti consigliano una verifica prima di saggiare l’umore del mercato.

Comprensibilmente il sindaco Roberto Dipiazza non l’ha presa benissimo, perché si allungano i tempi e perché, ravanando nelle bisecolari segrete del Carciotti, chissà cosa si va a pescare. Le Generali, candidate all’acquisto, non si sarebbero scandalizzate per il contrattempo ambientale, al quale avrebbero provveduto esse stesse con bonifica.

Ma l’intervento di bonifica, se svolto a spese dell’acquirente, potrebbe farsi sentire sul prezzo dell’immobile? Anche questo è uno dei temi sul quale l’attività di laboratorio sarà in grado di chiarire il percorso.

E cosa dovrebbe contenere l’ennesimo bando finalizzato a cedere il Carciotti? Innanzitutto il “cum quibus” richiesto dal Municipio: la cifra dovrebbe essere quella di 10,3 milioni, attestata a metà marzo dall’Agenzia delle entrate, contattata dallo stesso Comune per ottenere la validazione della stima elaborata dall’Immobliare.

Un passaggio importante, poiché la civica amministrazione, per cercare di scuotere l’interesse del settore, aveva rivisto significativamente la quotazione del palazzo, scesa da 14,9 a 10,3 milioni. A essere precisi, ai 14,9 milioni si era giunti dopo due aste andate deserte, che avevano determinato il passaggio da 22,7 (settembre 2018) a 14,9 milioni.

Neanche un terzo e un quarto esperimento di gara avevano modificato la situazione: a parte la curiosa parentesi dell’austriaco Gehrard Fleissner, che nell’autunno 2019 si era fatto vivo con una cauzione pari al 10% di quanto richiesto! Per cui il Comune decise di sottrarre il prestigioso bene a ulteriori umiliazioni e iniziò la sarabanda dei sopralluoghi. Una sola linea di attenzione sembrava degna di nota, quella ufficiosamente espressa da Invimit, società governativa.

Finora l’unica candidatura, espressa in gennaio da una lettera dell’ad del Real Estate Aldo Mazzocco, resta quella delle Generali, che aveva prospettato una valutazione pari a 6,5 milioni di euro. Ma il Leone dovrà comunque cimentarsi in gara, quando sarà bandita. Inquinamento permettendo.

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