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Inchiniamoci all'eroe del merluzzo



Chef che hanno lo sprezzo del ridicolo. E poi calciatori e agevolatori di posti in aereo... Tutti osannati come paladini di migliori cause. Diciamo che ora può anche bastare?

E così i grandi del mondo, riuniti in Puglia, hanno potuto conoscere un eroe dei nostri tempi. Una ragazza iraniana che lotta contro il regime degli ayatollah? Una missionaria cattolica che porta speranza e carità nelle brousse dell’Africa? Un pensionato che cerca di sopravvivere con la minima nel centro di Milano? Macché: il nuovo eroe dei nostri tempi è lo chef stellato Massimo Bottura che con «senso di responsabilità grandissimo», come ha lui stesso raccontato a Repubblica, ha fatto «qualcosa di speciale». Davvero speciale, si capisce: ha servito pane e pomodoro. Eroico. Non solo: anche «un piccolo fuori programma, una torta di frutta». Ma soprattutto, con inaudito coraggio e sprezzo del pericolo, Bottura ha potuto portare a termine la missione più difficile: il merluzzo. «In tanti», ha spiegato, «suggerivano di utilizzare pesci più nobili, ma io mi sono imposto. E ho avuto ragione». Si è imposto, capito? Quando si dice essere disposti a qualsiasi sacrificio per il bene degli altri. Si è imposto: più merluzzo per tutti. È stato già ribattezzato da qualche giornale «eroe del merluzzo»...

Ma non sarà venuto il momento, come suggerisce il nume tutelare del Grillo, di riflettere un po’ sull’abuso del termine «eroe»? Proprio nei giorni in cui Massimo Bottura veniva dichiarato «eroe del merluzzo», i social eleggevano come «eroe del giorno» (testuale, ripreso anche da diversi siti internet) un ragazzo che ha scelto di scendere da un aereo in overbooking. È successo a Bergamo, volo per Palma di Maiorca: «Uno deve rimanere a terra o non partiamo», ha detto la hostess, offrendo al volontario 250 euro e il posto assicurato sul volo successivo. Un ragazzo ha accettato, ed è stato subito «eroe». «Ha salvato i suoi compagni di viaggio da morte certa», hanno detto. Ma siamo sicuri? A me pare che lui abbia solo salvato la sua vacanza (con il posto assicurato nel volo successivo) e il suo portafoglio (con i 250 euro incassati). Per carità, ha fatto benissimo. Bene bravo bis. Complimenti. Ma l’eroismo non era un’altra cosa?

Bisognerebbe mettere una multa sull’uso sconsiderato del termine «eroe». Perché ogni volta che lo si usa a sproposito si offende chi eroe lo è stato davvero. Possiamo forse considerare Massimo Bottura eroe alla stregua del giudice Falcone? O di Paolo Borsellino? O del giudice Rosario Livatino? Gli eroi sono loro. Sono gli eroi della lotta alla mafia. I soldati morti a Nassirya. Gli eroi di guerra. Sono i carabinieri e gli agenti uccisi dalle Brigate Rosse. Sono i patrioti del Risorgimento. Eroe è, per tutti noi che ce ne siamo innamorati da ragazzi, Ettore che combatte contro Achille sapendo di dover morire, non per violenza o cieca ferocia, come il suo avversario, ma per amore del figlio e della sua patria. Possibile che chi posticipa di un paio d’ore il volo in cambio di una ricompensa da 250 euro possa essere chiamato eroe come Ettore? Non c’è una sorta di vilipendio all’eroismo nell’abuso della parola?

La verità è che ormai, a guardare siti e giornali, sono tutti eroi. Anche quando fanno cose normali. A Nettuno il bagnino tira fuori dall’acqua due ragazzi imprudenti? È un eroe. A Casteddu, in Sardegna, un agricoltore soccorre un automobilista finito fuori strada? È un eroe. A Rimini un 19enne vede uno che sta per suicidarsi e avverte la polizia? È un eroe. A Lecco un autista di bus vede una ragazzina travolta da un’auto e chiama i soccorsi? È un eroe. Ormai chi fa semplicemente quel che si deve fare, diventa un eroe. Non parliamo poi del mondo sportivo. Qui l’abuso è conclamato. Osimhen eroe dello scudetto del Napoli, De Ketelaere eroe dell’Atalanta, Dumfries eroe dell’Olanda, Thiago Silva eroe del Maracanà, il portiere di Singapore eroe della Cina per una partita con la Thailandia, l’allenatore dello Juve Stabia Pagliuca eroe di Cecina. Addirittura il calciatore della Juve Nicolò Fagioli, rientrato in Nazionale dopo una lunga squalifica per scommesse, è il «possibile eroe degli Europei». Eroismo al sapor di ludopatia.

So che qualcuno di voi penserà: con tutti i problemi che ci sono perché ti preoccupi dell’abuso della parola eroismo? Perché è molto più importante di quel che appare. Pensateci: se noi chiamiamo eroismo ciò che è regola di vita, significa che abbiamo perso il senso del dovere. E inoltre non sappiamo più distinguere il vero sacrificio. La moltiplicazione degli eroi, porta di fatto alla cancellazione dell’eroismo, che fa il paio con la cancellazione della figura dei padri. Matteo Carnieletto ha scritto un bel libro Alla ricerca di Ettore. Manuale per riscoprire l’eroismo (perduto) del padre. E sostiene a ragione che oggi pensiamo di avere «libertà», ma in realtà siamo più schiavi che mai perché non abbiamo regole, non abbiamo padri, non abbiamo valori per cui scendere in battaglia, per combattere e, se necessario, per morire. Proprio come ha fatto Ettore. Che era un eroe vero. L’eroe dell’Iliade. Mica del merluzzo.

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