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Lo street-artist Clet a Gorizia tra opere ufficiali e “clandestine”

Lo street-artist Clet a Gorizia 


tra opere ufficiali e “clandestine”

foto da Quotidiani locali

GORIZIA. Se l’arte, per essere tale, deve fare discutere, allora i celeberrimi interventi urbani sulla segnaletica stradale di Clet Abraham sono indiscutibilmente arte. Invitato a Gorizia dall’Anac-Associazione nazionale autori cinematografici nell’ambito del progetto “Oltre lo schermo” per realizzare un’opera concordata in piazzale Donatori di Sangue, lo street-artist francese con base a Firenze la scorsa notte ha fatto gli straordinari ed è entrato in azione decorando con il suo stile inconfondibile anche una quindicina di cartelli del centro cittadino. L’intervento non è passato (ovviamente) inosservato e, per chi conosce l’arte urbana, la sua firma è apparsa inequivocabile.

Arte o atto vandalico? Il dibattito si è subito aperto, ma la sola discussione ha permesso alla performance di elevarsi a un livello culturale superiore, mettendo in imbarazzo anche l’amministrazione comunale che, da un lato, si è trovata a dover far rispettare la legge rimuovendo i segnali, dall’altra, considerata la fama mondiale del suo autore, avrebbe voluto mantenerli almeno fino alla chiusura della Capitale europea della Cultura 2025.

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«Amo i cartelli stradali più di chiunque - premette Clet - e li conosco anche molto bene. la mia premura è di arricchirli e di valorizzarli. Prendo spunto dal loro significato per creare un ulteriore significato. Prima di tutto, nel mio lavoro, viene il loro significato. Bisogna essere molto ipocriti per dire che non si riconosce un divieto d’accesso dopo un mio intervento. Io li valorizzo. Il mio intento è di fare qualcosa di costruttivo».

«Ovviamente - prosegue lo street-artist - c’è anche una critica sociale. C’è una ricerca filosofica su come intendere la sicurezza: è più una questione di responsabilità, che di ordine e di obbedienza. Anzi, l’obbedienza ci fa chiudere e perdere l’attenzione. La sicurezza invece è attenzione e responsabilità. Io ridò attenzione ai cartelli stradali». A differenza di quelli imbrattati anonimamente con lo spray, i suoi sono “firmati” e dunque riconoscibili. Il paradosso è che lui viene multato dalle polizie locali, mentre i vandali propriamente detti la fanno franca. «Bisogna dire che alcune multe le ho prese, ma ci sono molte città che mi invitano ufficialmente. Si possono vedere le cose in due modi. Ma spesso vedo che su un cartello dove sono intervenuto, levano il mio intervento, ma lasciano gli adesivi che già c’erano e non hanno significato. Il mio lavoro, invece ha significato e questo, spesso, dà fastidio. Uno dei messaggi che voglio fare passare è l’importanza dell’arte nella società, voglio che l’arte arrivi anche alle persone che non hanno predisposizione per l’arte, quindi il cartello stradale è perfetto: è di tutti. Cerco di dargli valore e far passare il messaggio che l’umanità ha bisogno dell’arte. Nella Costituzione italiana è scritto che l’arte è libera. Abbiamo bisogno di questa libertà per andare avanti. Fa tristezza che persone con responsabilità pubbliche vogliono chiudere queste porte».

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Quanto all’opera concordata con l’Anac, e realizzata con il sostegno della Regione, come suggerisce il titolo (“Cinema”), rappresenta gli spettatori di una sala buia attraverso gli occhi.

«Nel mio lavoro cerco di vedere le cose dal lato opposto a quello usuale e ciò che è importante al cinema è lo spettatore più che il film, perché senza spettatori i film non avrebbero motivo d’esistere».

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