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Sì ai soldi per le armi, non per il clima: così siamo in balia delle assicurazioni. È quel che vogliamo?

Sì ai soldi per le armi, non per il clima: così siamo in balia delle assicurazioni. È quel che vogliamo?

Nel 1996, al congresso dell’Association for the Sciences of Limnology and Oceanography, a Santa Fe, la conferenza plenaria fu tenuta dal direttore di una compagnia di assicurazioni. Era preoccupato, perché i premi assicurativi per coprire i danni causati da catastrofi naturali non bastavano a coprire i costi sostenuti dalle assicurazioni per compensare gli assicurati. Prima […]

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Nel 1996, al congresso dell’Association for the Sciences of Limnology and Oceanography, a Santa Fe, la conferenza plenaria fu tenuta dal direttore di una compagnia di assicurazioni. Era preoccupato, perché i premi assicurativi per coprire i danni causati da catastrofi naturali non bastavano a coprire i costi sostenuti dalle assicurazioni per compensare gli assicurati. Prima garantivano buoni affari ma, da qualche anno, non bastavano più. Il cambiamento globale incrementa la frequenza e l’intensità degli eventi estremi, con conseguenze economiche insostenibili. A meno di aumentare le tariffe assicurative, ma questo dissuaderebbe molti a rinnovare le polizze, esponendo il paese a ulteriori impoverimenti.

Ora il ministro Nello Musumeci, responsabile della protezione civile, ci dice che lo Stato ha fatto i conti e non ce la fa a coprire i danni degli eventi estremi. Il consiglio è: assicuratevi. Le assicurazioni si fregano le mani, ma presto si troveranno nelle condizioni delle loro omologhe statunitensi. I premi saranno talmente alti che solo pochi potranno permetterseli. In Usa sono abituati a “cavarsela da soli”: se non hai un’assicurazione o una carta di credito l’assistenza non è garantita. E le compagnie assicurative, se i costi superano i compensi stabiliti, smettono di pagare e… sono fatti tuoi.

Ora la nostra sanità pubblica è in corso di smantellamento, ci dovremo assicurare. E lo stesso vale per le catastrofi naturali. Insomma, il governo ci dice: arrangiatevi. Se avete i soldi per le assicurazioni, buon per voi. Se non li avete, sono fatti vostri. Siamo sicuri che sia quel che vogliamo? I gretini, come me, continuano a dire che è vero che la transizione ecologica ha dei costi, ma i costi del non farla sono superiori. Non si tratta di salvare delfini e tartarughe, ma di garantire la nostra sicurezza sanitaria e patrimoniale. Infatti si parla di “salute unica”: non ci possono essere persone, società ed economie sane in un ambiente “malato”.

In questi giorni l’Italia è tagliata in due: il nord flagellato dalle inondazioni, il sud dalla siccità. Sono le due facce del riscaldamento globale. Le alte temperature fanno aumentare l’evaporazione da mari e oceani e l’acqua immessa in atmosfera prima o poi torna giù. E spesso non è distribuita in modo omogeneo. In alcuni posti non piove, in altri ci sono inondazioni. Sono gli eventi estremi di cui parlava l’assicuratore a Santa Fe: la loro frequenza e intensità è in continuo aumento. Le alluvioni tipo quelle di Firenze e Genova “ci sono sempre state”, ma non con la frequenza e l’intensità di questo periodo storico. Lo riscrivo perché gente come Belpietro stenta a capire.

Ora ci dicono che bisogna spendere quantità abnormi di denaro (pubblico) in armamenti. La giustificazione è la sicurezza da possibili aggressioni di paesi ostili. Al contrario, spendere soldi pubblici per la nostra sicurezza da possibili catastrofi climatiche è insostenibile!!! Per il momento, volendo fare un ragionamento strettamente economico, il nostro paese non ha sofferto invasioni di potenze ostili, mentre i danni e i morti causati da eventi estremi sono ben evidenti, concreti. Il rischio di invasioni è nettamente inferiore rispetto al rischio di catastrofi dovute al clima. Tra scegliere di “assicurarsi” contro un pericolo ipotetico (l’invasione) oppure contro un pericolo reale, di cui già si sta soffrendo in modo intenso, la decisione logica vorrebbe che si dedicassero più risorse per coprire i costi veri, quelli che già dobbiamo sostenere. E invece no. Scegliamo di spendere cifre immani in armamenti, e programmiamo di aumentarle, mentre ci rassegniamo ad abbandonare le garanzie che ci mettono al riparo dai disastri ambientali.

I costi economici di non contrastare il degrado ambientale sono ben superiori rispetto ai costi di iniziative che ci mettono al riparo dal degrado ambientale. Dobbiamo rimuovere le cause del degrado, ottimizzando i nostri sistemi di produzione e consumo, e ci dobbiamo adattare alle nuove condizioni: la transizione ecologica. Chi vi dice che sarà un bagno di sangue magari poi vi chiede di assicurarvi contro le conseguenze del riscaldamento globale, visto che sarete lasciati a bagno nel vostro sangue, se sarete colpiti. Ora ci dicono che dobbiamo costruire nuove centrali nucleari, ma nessuno riesce a trovare un sito per le scorie prodotte dalla nostra breve storia nucleare. Ogni proposta si rivela sempre più pazzesca. Per poi scoprire che le aziende che producono armi producono anche centrali nucleari.

Nel film The Age of Consequences il regista Jared Scott intervista alti ufficiali del Pentagono sulle conseguenze del cambiamento climatico sulla sicurezza nazionale Usa. I generali concordano che le armi che hanno a disposizione sono potentissime ma che serviranno a poco per garantire la sicurezza nazionale dai problemi causati dal cambiamento globale, dai disastri agli arrivi sempre più frequenti di rifugiati climatici. Questi problemi non si risolvono con le armi, ci dicono i generali. Si risolvono cambiando i nostri sistemi di produzione e consumo, rendendoli sostenibili ecologicamente, economicamente e socialmente: la transizione ecologica.

Noi, però, non siamo mica scemi: investiamo i fondi pubblici in armamenti e abbandoniamo i cittadini a se stessi, in balia delle assicurazioni. Ripeto: ma siamo sicuri che sia questo quel che vogliamo?

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