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Elezioni nel Regno Unito, trionfo dei Laburisti secondo gli exit poll: 410 seggi. Conservatori al minimo storico: 131 scranni, mai così pochi

Elezioni nel Regno Unito, trionfo dei Laburisti secondo gli exit poll: 410 seggi. Conservatori al minimo storico: 131 scranni, mai così pochi

Un trionfo, una valanga. I Laburisti vanno oltre ogni più rosea previsione e conquistano 410 seggi su 650, andando ben oltre la maggioranza assoluta e sfiorando il record di 419 conquistati da Tony Blair. I Tories, quantomeno, evitano l’estinzione guadagnando 131 seggi (mai così male, il minimo erano stati 156 seggi nel 1906) e saranno […]

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Un trionfo, una valanga. I Laburisti vanno oltre ogni più rosea previsione e conquistano 410 seggi su 650, andando ben oltre la maggioranza assoluta e sfiorando il record di 419 conquistati da Tony Blair. I Tories, quantomeno, evitano l’estinzione guadagnando 131 seggi (mai così male, il minimo erano stati 156 seggi nel 1906) e saranno il primo partito di opposizione visto che i Liberaldemocratici di Ed Davey si fermerebbero a 61 secondo i primi exit poll. Più indietro Reform Uk di Nigel Farage con 13 scranni, quindi i Nazionalisti scozzesi che crollano da 48 rappresentanti a dieci, Plaid Cymru (il partito gallese) con 4 e i Verdi con due.

Il Regno Unito controcorrente – Insomma, se in Europa continentale c’è chi guarda a destra, l’isola della Brexit sterza stavolta in direzione opposta: verso il centro se non proprio a sinistra, tornando ad affidarsi al Labour – sotto la leadership moderata di sir Keir Starmer – dopo 14 anni di governi Tory. Lo spoglio notturno delle schede delle elezioni britanniche riguarda ormai solo i numeri – i definitivi sono attesi a inizio mattinata – destinati a fissare le dimensioni del trionfo laburista, frutto anche e soprattutto dell’annunciatissima disfatta dei conservatori del premier uscente Rishi Sunak, sospesi fra la prospettiva d’una batosta di portata storica e quella di un annichilimento epocale, come da indicazioni unanimi della vigilia.

La fine del quindicennio dei Tories – La scommessa kamikaze di Sunak è stata insomma un fallimento: in Inghilterra, Scozia, Galles e Irlanda del Nord c’è stato un diffuso rigetto da fine ciclo del partito di governo uscente più che della capacità d’attrazione dell’offerta programmatica – prudente quanto vaga – starmeriana. Scenario che si traduce ad ogni buon conto in una svolta generazionale. Nella fine di quasi tre lustri di governi a guida conservatrice segnati da crisi, scossoni, scandali, lacerazioni interne e cambiamenti di leader, fra responsabilità proprie e conseguenze di terremoti internazionali; oltre che dai contraccolpi – almeno per ora largamente negativi – di quella sorta di gioco di prestigio che è stato il referendum del 2016 sul divorzio dall’Unione Europea, sfociato nella Brexit. Una svolta che si consuma nel nome del ritorno alla normalità, caratteristica per ora dominante del profilo da ex procuratore della corona prestato alla politica del 61enne Starmer.

Il ‘soft left’ di Starmer – La super maggioranza in Parlamento che le previsioni tratteggiano lascia del resto se non altro margini di manovra all’uomo incaricato di riportare le insegne del laburismo a Downing Street dai tempi di Tony Blair e Gordon Brown. Un uomo nato politicamente nella corrente intermedia della ‘soft left’, salvo spostarsi passo dopo passo su posizioni sempre più centriste, il quale tuttavia promette di lavorare a un miglioramento più equo delle condizioni di vita della “gente comune” come antidoto alla “minaccia populista”. Sebbene escludendo di voler cavalcare i contrasti sociali o riaprire ferite come la stessa Brexit, a cui fu a suo tempo contrario, ma che adesso non intende rimettere in causa.

Da dove ripartono i Labour – Le priorità programmatiche immediate riguarderanno semmai l’avvio accelerato d’iniziative legislative ordinarie su temi ecumenici quali “la stabilità e il rilancio dell’economia”, la sanità, l’edilizia pubblica, la sicurezza e il contrasto (senza piano Ruanda) “dell’immigrazione illegale”. In un contesto, già benedetto dalle prime reazioni rilassate dei mercati e del business, a cui si affianca l’impegno alla continuità sulla trincea dei conflitti internazionali – sostegno senza quartiere all’Ucraina in primis – e alla lealtà a Usa e Nato. Mentre ai Tories toccherà ripartire dal baratro, con un nuovo leader dopo l’addio inevitabile di Sunak.

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