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Paolo Rossi alla caserma di Voghera:  «La satira dà fastidio, ma non finirà mai»

Paolo Rossi alla caserma di Voghera: 

«La satira dà fastidio, ma non finirà mai»

foto da Quotidiani locali

Attore teatrale, comico con una inclinazione naturale per la satira, e anche cantautore, Paolo Rossi è un artista che sa unire i grandi classici del teatro con uno sguardo profondo, pungente e mai omologato sulla realtà contemporanea.

Sabato sera (ore 21), il celebre artista nato a Monfalcone nel '53, ma milanese d'adozione, sarà a Voghera nel cortile dell'ex caserma di cavalleria con “Operaccia Satirica, la guerra dei sogni”, nell'ambito di Voghera Estate, rassegna di eventi organizzata dall'agenzia Operazione Artisti. La certezza è che non mancheranno le risate e il divertimento, come da tradizione con gli spettacoli del comico milanese. In questa intervista, Paolo Rossi parla del suo percorso artistico, e della fase storica che sta vivendo la satira in Italia, partendo dall'evento di sabato sera a Voghera.

Paolo, come definirebbe Operaccia Satirica?

«Più che uno spettacolo teatrale, è un organismo teatrale vivente che si modifica secondo tanti fattori. Può variare in base a quello che accade nel Paese, all'umore di chi lo fa, al pubblico e al luogo in cui ci troviamo. Ci dispiace per chi preferisce la prassi ortodossa, ma noi siamo questi. È uno spettacolo in continua mutazione, come un virus».

Oggi c'è ancora spazio per la satira in Italia?

«È sempre stato difficile fare satira, cambiano gli ostacoli e il tipo di censura, ma se fosse facile non sarebbe satira. Vedo che c'è sempre meno libertà di espressione, in nome di un pensiero unico e del politicamente corretto. Se non rientri negli schemi precostituiti e dici quello che pensi, ti considerano fuori contesto. Io mi diverto, con solerzia e anarchismo, a portare in scena quello che penso e quello che sono».

In tanti anni di carriera, ha sempre appassionato il pubblico, tra tv e teatro, con la sua arte comica. Da dove deriva il suo successo?

«Da Orazio e Giovenale, fino a Jonathan Swift, la satira c'è sempre stata. A me piace fare riferimento ai testi classici, ma ho sempre cercato di unire la cultura bassa e quella alta. Sul palco, sperimento la mia vita, mescolata col mio sapere. In teatro porto il sapore dell'osteria, mentre in osteria porto il teatro. In un tavolo di un bar, potrei recitare il monologo di Amleto: Essere o non essere».

Tra i suoi ispiratori, ha avuto modo di lavorare con Dario Fo ed Enzo Jannacci. Cosa le hanno insegnato?

«Sono sempre con me, è come se non se ne fossero mai andati. Dario Fo mi disse rubare un'arte è da geni, copiare è da coglioni. Poi ha saputo che quella frase era di Picasso, che magari l'aveva presa da qualcun altro».

Ha altri progetti su cui sta lavorando?

«Sono pieno di progetti, è il modo migliore per restare vivo e fresco, altrimenti ci si siede, e non ne ho voglia. Sono della vecchia scuola, ogni sera è una nuova sfida».

Recentemente si è candidato alle elezioni europee in appoggio a Michele Santoro. Cosa l'ha spinta a fare questo passo?

«Innanzitutto non era un partito, ma un movimento che metteva al centro un forte no alla guerra».

Sappiamo che è un grande appassionato di calcio. Deluso dall'eliminazione dell'Italia agli Europei?

«Ho visto la determinazione che ha dimostrato nel perdere, e ce l'ha fatta».

La sua Inter la entusiasma?

«Molto, esprime davvero un bel gioco».

ALESSANDRO QUAGLINI

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