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Ha ucciso la vicina di casa, confermato l’ergastolo per Vincenzo Paglialonga: previsto un risarcimento per i familiari della vittima

Il colpo di scena in apertura dell’udienza: Vincenzo Paglialonga, condannato in primo grado all’ergastolo per l’omicidio della settantaquattrenne Lauretta Toffoli (uccisa nel suo appartamento di via della Valle nella notte tra il 6 e il 7 aprile 2022) si è presentato davanti ai giudici della Corte d’Assise d’appello di Trieste, pronti ad ascoltare eventuali repliche delle parti prima della lettura della sentenza.

Sono arrivate invece le dichiarazioni dell’imputato - le prime nell’arco di due processi - che ha professato con forza la propria innocenza. Non è bastato. Il collegio della seconda sezione, presieduto dal giudice Mariagrazia Balletti, ha riformato solo parzialmente la sentenza pronunciata dalla Corte d’Assise di Udine il 13 ottobre scorso: resta l’ergastolo, ma rispetto al primo grado è stata cancellata l’aggravante della minorata difesa. Soprattutto, i giudici dell’Appello hanno previsto una provvisionale nei confronti delle parti civili: 100 mila euro per il figlio della pensionata, Manuel Mason, e 50 mila euro a testa per le sorelle di Lauretta, Anna e Nella.

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Le dichiarazioni dell’imputato

Paglialonga ha ribadito - per la prima volta in un’aula giudiziaria - la versione già fornita a suo tempo agli investigatori e sulla quale si è basata la linea difensiva articolata dal legale del quarantatreenne di San Severo di Foggia, l’avvocato Piergiorgio Bertoli.

Ha spiegato che quella sera all’interno del suo appartamento c’erano altre due persone, che in sua assenza sono salite al piano di sopra, dove abitava la Toffoli, e hanno asportato dalla casa della donna gli oggetti poi trovati dalla polizia nell’alloggio di Paglialonga, non prima di aver ucciso l’anziana.

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Il quarantatreenne sarebbe rientrato poi a casa, scoprendo il corpo senza vita della vicina di casa. A quel punto - sempre secondo il racconto dell’uomo - sarebbe andato in panico, tentando di ripulire le macchie di sangue nell’appartamento della Toffoli, che Paglialonga ha raccontato di ritenere «come una seconda madre». Una definizione giudicata «poco rispettosa» dall’avvocato Paola Cannata, che tutela gli interessi delle sorelle della vittima.

Il ricorso in Cassazione

Il difensore dell’imputato ancora una volta ha posto l’accento «sulla mancanza di corrispondenze tra il dna di Paglialonga con i reperti macchiati con il sangue della Toffoli: ci sono elementi – ha detto l’avvocato Bertoli – che confermano chiaramente che l’assassino è un altro». Il legale ha preannunciato il ricorso in Cassazione, «per verificare le incompatibilità legate proprio alla presenza del dna del mio assistito e le molte carenze investigative».

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I risarcimenti

Soddisfazione è stata espressa invece dai legali di parte civile: «Ci aveva colpito il mancato riconoscimento di una provvisionale in primo grado – ha rivelato l’avvocato Cannata –, che è un simbolo per quello che le sorelle della vittima hanno patito». Per l’avvocato Lorenzo Reyes, legale del figlio di Lauretta, «il riconoscimento della provvisionale ci soddisfa: valuteremo se richiedere in sede civile la parte mancante rispetto alle nostre richieste, che tenevano conto del danno catastrofale e della sofferenza patita dalla vittima». Mason aveva chiesto, tramite il proprio avvocato, un risarcimento di 350 mila euro, 120 mila euro la somma richiesta – invece – dalle due sorelle della donna.

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