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Se Cuba è sull’orlo del fallimento, la Giamaica viaggia verso un progresso che distrugge l’ambiente

Se Cuba è sull’orlo del fallimento, la Giamaica viaggia verso un progresso che distrugge l’ambiente

Se nel cliché della geopolitica americana Cuba siede “a sinistra” e la Giamaica “a destra”, da quasi un decennio con al governo il conservatore Andrew Holness leader del Jamaica Labour Party, queste distinzioni oggi non esistono più: entrambi gli Stati hanno spalancato le porte ai vecchi e nuovi colonizzatori così come al privatismo selvaggio. Cuba […]

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Se nel cliché della geopolitica americana Cuba siede “a sinistra” e la Giamaica “a destra”, da quasi un decennio con al governo il conservatore Andrew Holness leader del Jamaica Labour Party, queste distinzioni oggi non esistono più: entrambi gli Stati hanno spalancato le porte ai vecchi e nuovi colonizzatori così come al privatismo selvaggio. Cuba è sull’orlo del fallimento, con picchi di miseria sempre più alti, mentre la Giamaica corre senza freni verso un “progresso” che in realtà sta distruggendo l’ambiente.

Liberismo e speculazione a Cuba

Il 22 giugno all’Avana, il sistema fognario – privo di manutenzione da decenni – esplode sotto la pressione di piogge torrenziali che la coda dell’uragano Alberto si porta dietro dal Messico, provocando un’inondazione mostruosa al centro e in periferia. Decine di auto e mezzi pubblici sommersi dalla furia delle acque, mentre i pompieri sono impegnati a domare un incendio sul Malecon che divampa accanto all’hotel Grand Aston. Una giornata da incubo, che mette a nudo le magagne dello Stato, oberato da debiti contratti con paesi come la Spagna, che perde i pezzi buoni proprio a beneficio degli ex colonizzatori.

Dopo il periodo especial, la proprietà dello storico hotel Santiago passò dalla corporazione Cubanacan alla catena spagnola Meliá Hotels, che replicò nella capitale. Poi l’autonoleggio: CubaRentaCarOnline, con sede sociale a Marbella, controlla l’intero parco macchine di agenzie cubane quali CubaCar e Havanauto. Per affittarne una, è necessario prepagare in Spagna con la carta di credito; una volta ricevuto il voucher di conferma, si va nelle agenzie locali a ritirare l’auto. Tariffe mostruose, dovute al doppio ricarico, e servizio pessimo. Per gli spagnoli i cubani sono solo merce, pagata spicci; il fatto è che poi i cubani si rifanno sui clienti. Per la nuova élite, merce dozzinale prodotta in Spagna e rivenduta a Cuba a peso d’oro, come nel caso dell’atelier al Vedado: € 500 una sedia, 1500 un divano, 2000 tre sedie con tavolino. Cifre folli, sebbene la produzione sia gravata dalle tasse doganali.

Un mercato ristretto a una clientela composta da grossisti Mipyme – i privati che oggi monopolizzano il commercio all’ingrosso con il beneplacito del governo – che speculano sul continuo rialzo del cambio dollaro/peso sull’export, gli immancabili burocrati e militari legati a costoro, e ovviamente i residenti stranieri, tra cui spiccano spagnoli e cubani con passaporto statunitense. Ciò mentre il salario básico rimane saldamente ancorato a 2000-2500 cup (pesos) mensili con un cambio che per via della speculazione nell’arco di 24 ore è salito da 280 a 390 pesos per un dollaro, scendendo poi a 1$ = 340 Cup. Con lo stipendio minimo, tuttora di 7 dollari, ci compri 30 uova. Prezzo “scontato” della libreta governativa.

Un esempio eloquente del coinvolgimento di membri del governo in scandali che aggravano lo status quo, è il caso di Alejandro Gil Fernández – proprietario di una villa al Miramar, il quartiere più lussuoso della Capitale – rimosso dai vertici del ministero dell’Economia per “gravi errori” nella gestione dei conti dopo l’aumento vertiginoso del prezzo della benzina. Un capro espiatorio che non intacca lo schema corruttivo alla base di una economia subordinata agli interessi privati dei Myprime, che ricambiano il governo con laute commissioni oltre alle tasse doganali. Molte botteghe non legate a questo giro chiudono, non potendo reggere le richieste di ispettori del governo che li taglieggiano chiedendo 10.000 Cup a passaggio. Anche tre volte al mese, secondo i racconti dei titolari.

Dragone ed ecomostri in Giamaica

Dal 2020, China Merchants Port Holdings ha preso pieno possesso del porto di Kingston, avviando il 7mo hub logistico al mondo, con uno stanziamento di 1,5 miliardi. A tal fine, Goat Island, una delle aree protette che il governo giamaicano ha in pratica regalato alla Repubblica Popolare, è stata eradicata. Un atto di moderno colonialismo, che tra l’altro non beneficia la manodopera locale. A giugno, sul volo Condor che partiva da Francoforte destinazione Montego Bay, erano presenti 225 passeggeri, di cui circa 200 manovali-schiavi cinesi, che una volta a terra sono stati trasportati negli alloggi del cantiere, ingrossando le fila delle migliaia già sul posto, pronti alla bisogna H24. Qiwu Yang, vice direttore della società, anni fa negò che i lavoratori cinesi fossero la maggioranza rispetto ai giamaicani.

Ma da allora, qualcosa deve essere cambiato nei loro programmi, visto il numero sempre crescente di manovalanza importata. Dopo aver completato nel 2016 l’autostrada che collega Ocho Rios a Kingston, la Cina si appresta a raggiungere l’obiettivo cruciale ai fini del controllo delle infrastrutture nell’isola, oltre a possedere catene di supermercati nelle città principali. Cuba e Giamaica hanno aderito alla Belt&Road Initiative (BRI).

Nell’isola di Bob Marley, la dipendenza del turismo dai mega resort spagnoli, crea una minaccia ambientale che appare insolubile, alla luce della complicità tra i novelli coloni e il governo attuale JLP, pseudo laburista, in realtà profondamente conservatore e legato alle lobbies locali e straniere. Il caso dell’eco-mostro Princess, un Moloch di duemila stanze la cui costruzione ha praticamente distrutto l’ecosistema delle mangrovie di Green Island nella parte Sud dell’isola prima di Negril, ne è una dimostrazione.

Ma il Princess non si è limitato alla devastazione forestale: i lavori per tirar su le prime mille stanze hanno succhiato come idrovore le riserve d’acqua dell’unico acquedotto di zona, lasciando a secco a giorni alterni migliaia di residenti. Un incubo protrattosi per mesi, coperto dalle bugie dei ministri del turismo e dell’ambiente, quest’ultimo anche responsabile della Green Economy, che ha anteposto al verde il grigio del calcestruzzo.

Intanto, l’uragano Beryl che nei giorni precedenti aveva devastato le Antille Minori, uccidendo 10 persone e distruggendo il 95% delle abitazioni nell’isoletta di Carriacou a Grenada, a St. Vincent e in altre isole sotto il Venezuela, ha raggiunto la Giamaica nel pieno della sua furia: i venti hanno toccato 170 km orari con minimi di 125 e oltre 70 mm di piogge. Colpite in particolare le province di Clarendon e Manchester, con il capoluogo Mandeville inondato, e la mecca turistica di Negril. Gli aeroporti di Kingston e Montego Bay sono stati chiusi, avendo riportato gravi danni. È la prima volta nella storia moderna che un uragano di questa intensità (categoria 4 e 5) sia stato così precoce nella sua apparizione. Fino a oggi, la stagione dei cicloni caraibici non aveva mai raggiunto i suoi picchi prima di agosto/settembre.

Foto © F.Bacchetta

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