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Chico Forti e l’ndranghetista, i dubbi di Porro: vicenda surreale, non sta in piedi. Vi spiego perché (video)

Porro su Chico Forti

Sul caso Chico Forti e le presunte pressioni su un’ndranghetista compagno di cella, tra tutti Nicola Porro parte con cautela e affronta la vexata quaestio con l’approccio più lucido e plausibile possibile. E in un video sul suo sito, postato e rilanciato su Youtube dall'”Agenzia Italia News” 24 ore fa, rileva e commenta: premesso che, […]

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Porro su Chico Forti

Sul caso Chico Forti e le presunte pressioni su un’ndranghetista compagno di cella, tra tutti Nicola Porro parte con cautela e affronta la vexata quaestio con l’approccio più lucido e plausibile possibile. E in un video sul suo sito, postato e rilanciato su Youtube dall'”Agenzia Italia News” 24 ore fa, rileva e commenta: premesso che, «qualora fosse vero, sarebbe gravissimo e in caso ne pagherà le conseguenze» – ma il se che si staglia davanti al periodo ipotetico è grande e pesa fortemente su attendibilità, portata e sviluppo della notizia – in un mondo in cui ci rendiamo conto che Sandokan, che non è Kabir Bedi, ma il tremendo Sandokan che ha fatto finta di pentirsi quando ci si è resi conto che stava raccontando solo balle, oggi stiamo giù di fatto ricondannando Chico Forti per una cosa che ha riferito un pentito – o meglio un informatore della Procura – su qualcosa che avrebbe detto Chico Forti. E cioè la “minaccia a Travaglio e alla Lucarelli”».

Porro su Chico Forti? Il giornalista analizza con lucidità una vicenda “surreale”

«Ma voi ce lo vedete un detenuto come lui, che dopo 24 anni di carcere duro a Miami, si mette lì, in cella a Verona bello bello, tomo tomo, che chiede all’andranghetista di intervenire su Travaglio e Lucarelli???» prosegue ironico e stupefatto il giornalista. La prima cosa che viene da pensare allora, all’apice dell’ironia drammatica di una vicenda dai contorni a dir poco surreali se non fossero gravi le implicazioni che si trascina dietro, è quella che lo stesso Porro rilancia. Proseguendo: «Ma a quel punto il presunto criminale, non chiederebbe a Forti: «Scusa ma tu cosa mi daresti in cambio?». E le domande diventerebbero due in questo caso. Della serie: cui prodest? Ed eventualmente: come si terrebbe il tutto? Basterebbero queste semplici riflessioni che il conduttore di Quarta Repubblica affida al web per smontare l’enorme bolla di sapone su cui si rischia di scivolare rovinosamente.

Intanto la Procura ha aperto un’indagine sulla vicenda

Invece oggi, Il Giornale, tornando sulla vicenda, pone altri dubbi. Altre lacune. E le innumerevoli incongruenze. Partiamo allora dall’esplosione del caso e procediamo con ordine. Dunque, il procuratore di Verona Raffaele Tito ha aperto un fascicolo, al momento senza indagati né reati specifici ipotizzati, sulla vicenda che riguarda le presunte richieste di Chico Forti a un altro detenuto in rapporti con la ‘ndrangheta, in carcere con lui a Montorio (Verona), «per mettere a tacere Travaglio e la Lucarelli». Promettendo in cambio supposti favori una volta tornato libero? Il detenuto avrebbe riferito il fatto al Garante dei detenuti, che a sua volta avrebbe avvertito Travaglio, che ne ha informato i magistrati e denunciato i risvolti a mezzo stampa.

Nel frattempo, la Procura veronese ha già sentito tre persone, tra cui il detenuto che ha denunciato la circostanza. E anche un secondo detenuto, presunto testimone della conversazione. Per Chico Forti, invece, ha parlato direttamente il suo legale Andrea Radice che, dando conto del lungo incontro avvenuto nella sala colloqui del carcere veronese col suo assistito, ha innanzitutto riferito: «Forti è caduto dalle nuvole, è stupito, affranto e smarrito». Delle accuse che gli lancia il compagno di cella «ha saputo dalla stampa». Quindi spiega con nettezza quanto Il Giornale riporta: ossia che l’ergastolano di cui difende le istanze «è amareggiato, come lo siamo tutti noi. Soprattutto, temiamo che questa vicenda davvero surreale possa minare il percorso che Chico stava per iniziare, per chiedere i benefici penitenziari».

Non solo Porro: parla l’avvocato di Chico Forti

«Sappiamo tutti come funziona no? – tuona l’avvocato –. Per infangare basta un secondo; per ripulire serve una vita». In ballo, dice il legale, c’è la credibilità di Forti «che ora qualcuno, per motivi che non abbiamo ben chiari, vorrebbe minare». Sì, perché la posta in gioco non è tanto quella dettata dalle conseguenze penali eventuali del caso – visto che di reati per ora non c’è traccia –. Ma, semmai, i paletti che la vicenda potrebbe assestare sul percorso del detenuto alla riconquista della libertà. Per inciso allora, va detto quanto lo stesso quotidiano milanese sottolinea riportando le parole dell’avvocato Radice: «Forti ha voluto venire in Italia, dopo 24 anni di prigionia in America, per stare vicino alla famiglia ma anche per poter godere dei diritti dell’ordinamento penitenziario italiano. In base alle nostre norme, visto il periodo già trascorso in carcere, l’ergastolano avrebbe già la possibilità di accedere ai permessi premio e alla semilibertà».

Un cammino verso un ritorno alla normalità agognata e rinnegata che ora sembra costellarsi di inciampi e improvvise ricadute. Nel frattempo, per restare agli estremi fattuali della vicenda, il procuratore di Verona Raffaele Tito ha inserito gli atti in un fascicolo del cosiddetto «modello 45», ovvero senza reati né indagati. Gli accertamenti, hanno fatto sapere ieri dalla Procura, sono in corso. «Ma io – ribadisce con forza Forti al suo legale – non ho mai chiesto niente a nessuno».

Chico Forti, il suo avvocato torna al punto evidenziato da Porro: «Una storia del genere fatica a stare in piedi»

E allora, si torna al punto di partenza evidenziato in rosso da Porro. Un punto nodale rilanciato a tinte livide dall’avvocato Radice a Il Giornale: «Al di là di quello che mi ha detto Chico, io sono convinto che sia davvero poco credibile per chiunque pensare che un uomo come lui, con quello che ha passato, poche settimane dopo essere riuscito a tornare in Italia e con davanti la possibilità di poter avere un futuro fuori da un carcere dopo più di ventiquattro anni, decida di rivolgersi a un altro detenuto per contattare la malavita organizzata. Ma per che cosa poi? Per il fastidio provato a seguito di alcuni titoli di giornale? Penso possa essere evidente a tutti che una storia del genere fatica a stare in piedi».

 

 

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