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Omicidio di Treviso, Enza conosceva il suo assassino

Omicidio di Treviso, Enza conosceva il suo assassino

foto da Quotidiani locali

Il recupero del cellulare di Vincenza, le immagini delle telecamere della zona attorno a via Maleviste circoscritte nel lasso temporale in cui si è consumato il delitto (tra le 18.15 e le 19), le testimonianze di famigliari e clienti del sexy shop dove la vittima lavorava. Tassello dopo tassello, gli investigatori stanno ricomponendo il puzzle del delitto di Vincenza Saracino e stanno stringendo il cerchio attorno a una rosa di nomi, raccolti durante i primi quattro giorni d’indagine, dal momento del ritrovamento del cadavere della cinquantenne trevigiana, accanto al casolare abbandonato di via Maleviste.

C’è ottimismo sulla soluzione del caso sebbene l’assassino - una persona esterna alla famiglia e che Vincenza conosceva - abbia un vantaggio di 24 ore e possa nel frattempo aver cercato di inquinare le indagini.

Quello di via Maleviste è un delitto premeditato. L’assassino aveva un appuntamento con la vittima vicino al casolare oppure l’ ha attirata con l’inganno in quel luogo appartato. Ma l’ha attesa portando con sé un coltello con la quale poi l’ha uccisa infierendo su di lei con cinque fendenti.

Di certo, qualche errore l’ha commesso. Non s’è preoccupato di far sparire il telefonino di Vincenza ma ha soltanto scaraventato la borsa dov’era riposto tra la folta vegetazione, non lontano dal cadavere.

A scoprire dov’era sono stati i carabinieri del Ros, grazie ad una loro particolare strumentazione, intervenuti sul posto la sera del ritrovamento del cadavere. Inoltre, dopo il delitto, l’assassino pare abbia spostato il cadavere di qualche metro, probabilmente per nasconderlo alla vista di auto o mezzi di passaggio. Lo sia evince dalla maglietta della vittima trovata leggermente sollevata.

Sugli indumenti di Vincenza Saracino potrebbe avere lasciato qualche traccia biologica di sé stesso. Come anche delle impronte digitali sulla bicicletta elettrica della cinquantenne trevigiana che l’assassino ha scaraventato all’interno di un cespuglio da cui spuntava soltanto il cavalletto.

L’assassino, a quanto pare, è riuscito soltanto a far sparire l’arma del delitto, il coltello con cui ha infierito sulla donna. La boscaglia attorno al casolare di via Maleviste è stata battuta palmo a palmo dai militari dell’Arma senza però trovarla. Chi ha ucciso Vincenza la conosceva bene per averla attirata in un posto così isolato.

Non si tratta di famigliari, sempre collaborativi e con alibi di ferro, ma gente esterna: un cliente del sexy shop o un conoscente. Lei al casolare di via Maleviste è andata per incontrarlo: per un chiarimento o comunque per parlare lontano da occhi indiscreti. All’improvviso, la situazione è degenerata e il killer ha estratto l’arma con la quale ha colpito Vincenza tra il collo e la mandibola, recidendo con un fendente la carotide. La donna è morta dissanguata in pochissimi secondi. Non ha fatto in tempo a gridare o a chiedere aiuto. Nessuno, nella via, ha visto o sentito nulla.

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