World News in Italian

Come la resistenza e gli alleati plasmarono l’Europa, il libro di Tommaso Piffer

Come la resistenza e gli alleati plasmarono l’Europa, il libro di Tommaso Piffer

foto da Quotidiani locali

Per scrivere un libro di storia originale su un argomento sul quale ne sono stati scritti migliaia è utile avere due cose: fonti inedite da presentare e una nuova prospettiva di interpretazione. Il fronte segreto” di Tommaso Piffer, che ha come sottotitolo Gli Alleati, la resistenza europea e le origini della guerra fredda 1939-1945 (Mondadori) le ha entrambe.

È basato su ricerche d’archivio (a Londra e Mosca) e descrive non solo come gli Alleati ebbero un ruolo decisivo nel favorire la resistenza antitedesca ma come le soluzioni da essi adottate forgiarono l’Europa del dopoguerra.

Il patto Molotov-Ribbentropp dell’agosto 1939 gettò nel caos quel che rimaneva dei partiti comunisti europei i quali, all’invasione tedesca e russa della Polonia qualche settimana dopo, smarrirono ogni residua bussola politica.

L’onere di organizzare una qualche forma di lotta nei paesi occupati dai tedeschi fu assunto dagli inglesi, che misero in campo un’agenzia, lo Special Operations Executive (Soe), con l’ambizioso obiettivo di «dare fuoco all’Europa» (W. Churchill).

Nessuna rilevante operazione di sabotaggio e resistenza poté tuttavia essere promossa nel primo anno e mezzo di guerra. Solo quando, nel 1941, le forze dell’Asse invasero i Balcani ed entrarono in Russia, per i partiti comunisti europei tutto si chiarì: da una parte vi era il nazifascismo, dall’altra la lotta per la libertà, a fianco dell’Urss.

La strategia prudente di Londra, che mirava a creare insurrezioni nazionali, fu surclassata da Mosca e dalle forze comuniste, disposte a qualsiasi azione in grado di colpire le forze delle Asse, anche a costo di rappresaglie contro le popolazioni.

Nei due casi in cui il movimento insurrezionale si manifestò prima, quello polacco e quello balcanico, né gli inglesi né i russi ebbero tuttavia gran voce in capitolo. In Polonia la situazione era complicata dal fatto che Stalin si era spartito con Hitler il paese, nel secondo l’occupazione italo-tedesca fece esplodere una guerra civile totale, tra etnie, nazionalità e ideologie.

Dalla fine del 1941, quando anche gli Usa entrarono in conflitto, si cominciò a pensare non solo che l’Asse poteva essere sconfitta ma, osserva Piffer, che dal modo con cui ciò sarebbe accaduto sarebbe nata l’Europa futura. Al Soe britannico e ai servizi segreti sovietici si affiancò l’americano Office of Strategic Services (Oss) che si occupò di sabotaggio, sovversione, intelligence politica e propaganda.

In tutti i Paesi la resistenza aveva componenti politiche diverse, che potevano non rispecchiarsi nei governi in esilio, che erano appoggiate dall’uno o dall’altro degli Alleati o addirittura, all’interno dello stesso governo inglese, dal Soe oppure dal Foreign Office.

Fu lo stesso Churchill, alla fine, nel dicembre 1943, a decidere di appoggiare in Jugoslavia Tito, invece del nazionalista serbo Draža Mihailović: una scelta che fu per Piffer un grave errore di calcolo politico.

Anche in Francia, in Polonia e in Italia i comunisti si accreditarono a pieno titolo nell’alleanza antitedesca. D’altra parte, dopo la vittoria di Stalingrado e l’inizio della controffensiva sovietica, era chiaro che nelle mani dell’Urss ci sarebbe stato il futuro assetto dell’Europa, e questo fece rapidamente dimenticare l’alleanza russo-tedesca del 1939.

Nel 1944 i nodi si sciolsero. L’Armata rossa avanzò nell’Europa centrale prefigurando quella che sarebbe stata la cortina di ferro. Gli alleati sbarcarono nel Mediterraneo e in Normandia, la resistenza italiana e francese presero quota.

In Jugoslavia e in Albania gli eserciti di liberazione partigiani crearono la base per regimi che sarebbero durati decenni. In Polonia l’autodistruzione dell’esercito di liberazione nazionale aprì la via alla sovietizzazione del paese. In Grecia la piaga della guerra civile sarebbe rimasta aperta a lungo. In Italia, il movimento resistenziale fu più consistente che in Francia e meno diviso che altrove.

La resistenza non avrebbe vinto senza gli Alleati, conclude Piffer, ma gli Alleati non ebbero bisogno della resistenza per vincere la guerra. È un giudizio che vuole riequilibrare lo scarso ruolo assegnato dalle storiografie italiana o francese agli Alleati nell’armare la resistenza e vincere la guerra.

La resistenza contro il nazismo e il fascismo non fu solo un mito, una “narrazione” militarmente irrilevante: contribuì a creare la condizioni e i valori delle democrazie occidentali europee che stanno garantendo ottant’anni di pace a questa parte del continente.

Читайте на 123ru.net