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Dall’Albania al Kosovo, accelera lo spopolamento dell’area

Dall’Albania al Kosovo, accelera lo spopolamento dell’area

foto da Quotidiani locali

BELGRADO Una desertificazione, non determinata dal cambiamento climatico come in molte aree del globo, ma da culle vuote e soprattutto da tanta, troppa emigrazione, in particolare dei più giovani. E non mancano neppure le polemiche sui dati. Dati che riguardano importanti censimenti effettuati nei mesi scorsi nei Balcani, per la precisione in Albania e in Kosovo. E i primi risultati, alcuni definitivi altri ancora ufficiosi, dipingono un quadro fosco in una regione che da decenni subisce il negativo impatto del calo drammatico della popolazione.

È questo sicuramente il caso dell’Albania, dove dopo la caduta del regime comunista più oscurantista e chiuso d’Europa sono stati solo tre i censimenti effettuati, uno nel 2001, l’altro nel 2011 e l’ultimo, appunto, l’anno scorso. Cosa si può evincere dai dati dell’Instat, l’ufficio statistico di Tirana? Che l’Albania si è letteralmente “prosciugata” in vent’anni, con un’accelerazione nell’ultimo decennio. Il calo, ha annunciato l’Instat, è stato del 15% nei dodici anni dal 2011 al 2023, con solo 2,4 milioni di abitanti rimasti a vivere nel Paese delle aquile rispetto ai 2,8 della precedente rilevazione. Le cause del fenomeno? In particolare due. Sicuramente anche in Albania nascono meno bambini, ma il problema maggiore sono gli almeno 50mila albanesi che ogni anno lasciano il Paese per cercare lavoro e una vita migliore all’estero. Il totale è così di 600mila partiti negli ultimi anni, anche se almeno 110mila sono ritornati in patria nello stesso periodo, di cui ben 26mila solo lo scorso anno.

Inquietanti anche i dati sulla natalità, con le nascite diminuite del 30% rispetto al 2011 e addirittura di oltre il 50% in un confronto con il 2001. Fra i risultati negativi, anche un aumento dell’età media di una popolazione più esigua e sempre più vecchia, passata a 42,5 anni nel 2023, sette anni in più rispetto al 2011, con un albanese su cinque ormai over-65. Infine, una conferma anche in Albania di una tendenza generalizzata in tutta la regione, quella di un massiccio inurbamento verso le grandi città e di uno spopolamento sempre più accentuato delle campagne e delle aree montuose. Nell’ultimo decennio, Tirana ha così “guadagnato” un 1,2% di popolazione e ora nella municipalità vivono oltre 600mila persone, praticamente un quarto di tutti gli albanesi. Spopolamento che è tutta «colpa» del governo socialista al potere, ha accusato l’opposizione, che ha stigmatizzato anche il grande ritardo nella pubblicazione dei risultati. Di certo, l’Albania ha «meno abitanti del 1976, un segno allarmante, un Paese che invecchia», la denuncia della deputata della minoranza Jorida Tabaku, a Birn.

Il premier Edi Rama, da parte sua, ha più volte invece cercato di minimizzare, parlando di una «tendenza normale» che si registra in tutti i Balcani e nell’Europa centro-orientale. Ma le polemiche sono anche transfrontaliere. I soli 25mila greci registrati come abitanti dell’Albania nell'ultimo censimento hanno fatto insorgere la comunità ellenica-albanese, che ha chiesto «dati accettabili e credibili». E con la stessa Atene, per bocca del ministro degli Esteri George Gerapetritis, che ha espresso seri dubbi «sui risultati» del censimento. A insorgere è stata poi Skopje, dopo che l’Instat aveva usato, per un’altra minoranza, il termine «macedoni del Nord», poi cambiato nel corretto «macedoni».

Scenario speculare nel vicino Kosovo, dove è stato completato il censimento nonostante il boicottaggio dei serbi. Secondo dati ancora preliminari, la popolazione dell’ex provincia serba è crollata a 1,5milioni di abitanti, 300mila in meno rispetto al censimento del 2011 e agli oltre 2,2 milioni stimati nel post-1999. E anche qui la causa primaria è l’emigrazione.

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