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Venti Paesi Ue contro Orban dopo le sue “missioni di pace” a Mosca, Kiev e Pechino: “Deve chiarire la sua condotta sleale”

Venti Paesi Ue contro Orban dopo le sue “missioni di pace” a Mosca, Kiev e Pechino: “Deve chiarire la sua condotta sleale”

In soli nove giorni da presidenza di turno del Consiglio dell’Unione europea, Viktor Orban scuote l’Ue. Quella Missione di pace 3.0 – come lui stesso l’ha definita – fa crescere i malumori in Europa. Tanto che una ventina di Stati membri sono pronti a chiedere conto dei suoi viaggi a Kiev, Mosca e Pechino. L’accusa […]

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In soli nove giorni da presidenza di turno del Consiglio dell’Unione europea, Viktor Orban scuote l’Ue. Quella Missione di pace 3.0 – come lui stesso l’ha definita – fa crescere i malumori in Europa. Tanto che una ventina di Stati membri sono pronti a chiedere conto dei suoi viaggi a Kiev, Mosca e Pechino. L’accusa – a quanto si apprende – è quella di slealtà. Orban, infatti, in alcune delle sue dichiarazioni a Mosca “è andato direttamente contro le conclusioni del Consiglio Europeo“. “Come si concilia con il principio di leale cooperazione?”, si domanda un diplomatico. Altre fonti parlando di una “Polonia scatenata“, fresca di recente accordo firmato da Tusk e Zelensky per abbattere missili e droni russi nello spazio aereo ucraino: il premier ungherese avrebbe, pertanto, creato una rottura all’interno dei Paesi del gruppo di Visegrád. La stessa Polonia che il 31 dicembre del 2024 prenderà il testimone dall’Ungheria per la presidenza di turno.

L’occasione per affrontare la questione sarà il Coreper di mercoledì: il Comitato dei rappresentanti permanenti è il principale organo preparatorio del Consiglio ed è composto dai capi o vice-capi delegazione dei 27 membri dell’Unione europea. Gli altri Stati vogliono inviare a Budapest un messaggio “chiaro” riguardo alla deliberata confusione generata da Orban tra l’operare come leader di un singolo Paese e a nome della presidenza. Gran parte degli altri 26 Stati membri sono perplessi e innervositi: all’ambasciatore dell’Ungheria saranno dunque “chiesti chiarimenti“. E le tensioni potrebbero crescere ulteriormente con l’avvicinarsi al Consiglio Affari Esteri, visto che l’Ungheria – viene fatto presente da diverse fonti – “continua a bloccare” il via libera all’European Peace Facility, ovvero gli aiuti militari per l’Ucraina, dove c’è già un’intesa a 26.

Nessun contatto prima, nessuna spiegazione dopo“, ha commentato il portavoce della Commissione Europea, Eric Mamer, a proposito dei viaggi di Orban. Rispondendo alla domanda di un giornalista cinese a proposito dello “scetticismo” verso il tentativo di mediazione del premier ungherese Mamer ha detto: “La mediazione per definizione richiede due parti e nessuna delle due parti, né l’Ucraina né la Russia, gli ha chiesto di mediare”. “Orban non ha alcun mandato per rappresentare l’Ue in queste visite”, aveva ribadito lunedì il portavoce della Commissione Europea. “L’Ungheria – ha ricordato – ha responsabilità specifiche quando si tratta di gestire i lavori del Consiglio, in quanto presidente di turno dell’Ue, ma questo è completamente diverso da ciò che fa come Stato membro con una propria politica estera“. Insomma, parla per sé. “Orban va come primo ministro dell’Ungheria, non va in nome e per conto dell’Unione europea. Questo mi pare evidente, perché nessuno gli ha dato l’incarico di andare a Mosca e Pechino in nome e per conto degli altri Paesi dell’Unione”, ha ricordato il vicepremier e leader di Forza Italia Antonio Tajani in un’intervista al Tg3. Viaggi del premier ungherese che non sono apprezzati neppure dagli Usa. La visita di Orban in Cina “non è costruttiva” negli sforzi per raggiungere una “pace giusta” in Ucraina, ha affermato il portavoce del consiglio della sicurezza nazionale statunitense, John Kirby.

Tutto questo mentre lo stesso Viktor Orban ha modificato anche gli equilibri politici in Ue con la nascita del gruppo dei Patrioti d’Europa, che grazie ai suoi 84 europarlamentari rappresenta oggi la terza forza all’Eurocamera dopo il Ppe e i Socialisti e prima dei Conservatori di Giorgia Meloni. Un sorpasso che complica la difficile partita della presidente del Consiglio italiana negli ultimi 9 giorni di trattative in vista del voto sulla fiducia a Ursula von der Leyen.

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