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Puccini, il mistero svelato

Lo ha fatto il regista Paolo Benvenuti con Il film “Puccini e la fanciulla” presentato al Caracalla Festival nel centenario della morte del grande compositore. In questa intervista ci racconta tutto.

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di Luisa Marini

Il regista Paolo Benvenuti ci ha raccontato il percorso della ricerca portata avanti insieme ai suoi studenti, da cui è stato tratto il film “Puccini e la fanciulla”, presentato di recente a Roma nell’ambito del Caracalla Festival, nel centenario della morte del compositore. Il film, dopo la presentazione alla Mostra del Cinema di Venezia nel 2008, era stato osteggiato dalla nipote, ora scomparsa, perché raccontava una storia da tenere nascosta.

La moglie di Giacomo Puccini aveva raccontato a tutti di aver trovato a letto col marito la giovane cameriera, Doria Manfredi, che si era suicidata. Nel giugno 1909 venne processata e condannata per istigazione al suicidio, dato che, dopo la morte della ragazza, il medico riscontrò che era vergine. Ma soprattutto, era la ricerca precedente al film a dare fastidio alla nipote di Puccini, per quello che il regista aveva scoperto: non la verità sul suicidio della cameriera, che era già cosa nota ai biografi, ma quello che questo gesto nascondeva: la vera amante e il suo figlio illegittimo.

Paolo, come è nata questa ricerca?

Facendoci domande. Con gli studenti abbiamo voluto andare oltre alla superficie, ci siamo chiesti: perché questa ragazza era arrivata al punto di togliersi la vita? E abbiamo portato avanti una vera e propria indagine, raccogliendo dati e prove. Io mi ritengo un regista storiografo: col cinema cerco di comunicare l’amore per la Storia, tutti i film che ho realizzato parlano del nostro passato. Questa materia nel nostro paese è insegnata in modo non appassionante, e io ritengo che questo sia voluto, perché, se non conosci le tue radici, sei manovrabile.

Come avete condotto in pratica la vostra indagine?

Ho diviso gli studenti in diversi gruppi di lavoro, abbiamo iniziato leggendo tutte le biografie di Puccini e molte sue lettere. ma non abbiamo trovato nessun riferimento a quella storia. Uno degli studenti a un certo punto trovò, su una bancarella di vecchi libri, un libricino, “Puccini minimo” di Aldo Valleroni. L’autore sosteneva che, ogni volta che Puccini scriveva un’opera, doveva innamorarsi di un’amante che somigliasse alla sua eroina. Quale opera stava scrivendo Puccini in quel periodo? “La fanciulla del West”. Abbiamo letto il libretto per capire la personalità della protagonista dell’opera. Doria Manfredi, la cameriera, era una ragazza semplice, umile, completamente diversa da questo personaggio, spavaldo, volitivo. Dunque, le cose erano due: o Aldo Valleroni aveva scritto una stupidaggine, oppure c’era in ballo un’altra donna.

E quindi?

Nel frattempo, un gruppo di studenti stava conducendo una ricerca iconografica su Torre del Lago a inizio Novecento, e li aveva colpiti un particolare: la costruzione di una palafitta di fronte alla villa di Puccini. Si trattava dell’imbarcadero del battello sul lago, Emilio Manfredi, il vicino amico di Puccini, era il bigliettaio. D’estate, Emilio ebbe un’idea: vendere rinfreschi sul pontile, e riscosse un successo incredibile, tanto che, nel 1908, il luogo era diventato un bar vero e proprio: abbiamo trovato varie foto che documentano come Puccini la frequentasse. Il luogo era gestito dalla figlia di Emilio.

Minnie, l’eroina dell’opera, infatti gestisce una locanda…

La ragazza si chiamava Giulia ed era cugina di Doria, le due erano anche molto amiche. Trovata la foto di Giulia, essa ci colpì molto: era una ragazza con occhi vivi e intelligenti, che descrivono molto della sua personalità, non bellissima ma certo di carattere, assolutamente diversa dalla cugina, come si vede confrontando le loro foto.  Si era trattato di un equivoco, di uno scambio di persona? Gli studenti hanno iniziato a fare supposizioni, ma io li ho fermati dicendo “Io faccio film storici, non di finzione: trovate le prove documentali a supporto delle vostre ipotesi.”

E come è proseguita la ricerca?

Gli studenti allora hanno intervistato gli anziani del luogo e hanno scoperto che Giulia, vicina di casa di Puccini, non si era mai sposata, e che i due erano amici e andavano a caccia insieme. La locanda nel 1909 (anno del processo alla moglie di Puccini) era cresciuta ancora. Il gruppo di studio sull’opera, confrontando le foto del bar con i bozzetti delle scenografie (la première si era tenuta nel 1910 a New York), vide che la somiglianza era impressionante. Dunque, possiamo affermare che l’ispiratrice del personaggio di Minnie de “La fanciulla del West” sia Giulia Manfredi.

Quali prove avete trovato della loro relazione?

Nel 1922, Giulia scompare da Torre del Lago per sei mesi. Che cos’era successo? Era rimasta incinta. A Pisa, ritroviamo l’atto di nascita di Antonio, morto nel 1988. Siamo andati a Pisa a cercare sua moglie e la figlia. Nadia Manfredi, nipote di Giulia, ci ha mostrato le foto del padre: aveva una somiglianza impressionante con Giacomo Puccini. Giulia, mentre era in vita, non permise mai ad Antonio, in quanto figlio illegittimo, di andare a Torre del Lago. Egli condusse una vita miserevole e morì all’incirca alla stessa età, per lo stesso tumore alla gola che uccise sia Puccini che suo figlio.

Un lavoro certosino il vostro?

Abbiamo condotto un esercizio di memoria con la famiglia, e hanno ricordato un episodio successo 30 anni prima. Giulia era morta nel 1976. I parenti di Torre del Lago chiamarono il figlio per informarlo della morte della madre e per dirgli di prendere le sue cose dalla casa. Antonio non era mai stato a Torre del Lago: andò, mise lettere e documenti in una valigia, che al ritorno buttò in cantina, come se con questo gesto avesse sepolto sua madre. Io ho chiesto il permesso alla famiglia di recuperare e aprire quella valigia: conteneva le lettere d’amore di Giacomo Puccini a Giulia dal 1908 fino alla sua morte.

Per tornare a Doria, come avete scoperto la vera storia del suicidio?

Nella valigia abbiamo trovato anche una busta sigillata, contenente i documenti del suicidio di Doria Manfredi, che ci dimostrano le ragioni del gesto. In una lettera del 30 gennaio (la sera della morte di Doria), scritta a Puccini da un amico intimo di Lucca, abbiamo trovato la frase “Civinini (è stato il) carnefice di Doria”. Chi era questo Civinini? Il librettista dell’opera “La Fanciulla del West”. Nella busta c’era anche un altro documento, scritto di pugno da Giacomo Puccini, che ricostruisce la vicenda: la cameriera, invitata dalla moglie di Puccini ad aprire la villa per Fosca, la figlia avuta dal primo matrimonio, la trova a letto con Civinini. Per tapparle la bocca, i due dicono a Elvira di aver trovato la cameriera a letto con Puccini. Elvira crede alla figlia e caccia la ragazza, che non si difende perché era la messaggera delle lettere tra la cugina Giulia e Puccini, e per la vergogna si suicida.

La valigia conteneva anche qualcos’altro?

Sì, due scatole di metallo di biscotti Doria (guarda caso) contenenti due rulli di pellicola cinematografica d’epoca, datati al 1918: si tratta di un documentario inedito della durata di otto minuti, restaurato dalla Cineteca di Bologna, in cui si vede Puccini in alcuni momenti della sua vita nella villa, mentre suona, compone, va a caccia sul lago col barchino, si intrattiene con gli amici. È un documento eccezionale, che mi è stato molto utile per ricostruire la vita privata del Maestro per il film. Anche questo documentario, intitolato “Un giorno con Puccini”, è stato proiettato a Caracalla nella rassegna filmica dedicata quest’anno a Puccini nei cento anni dalla scomparsa.

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