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Il «caro ombrellone»? Colpa dell'inflazione e dei costi (cresciuti) del personale



Si fa presto a dire caro ombrellone. Ma cosa c’è davvero dietro? Speculazioni in alcuni casi, ma oltre ai “furbetti” ci sono motivazioni reali nella maggioranza dei casi. Parola di Manuel Dallori fondatore del brand The Beach Luxury Club: “Quest’anno abbiamo avuto un aumento del 20% delle spese ed era stato del 12% nel 2023. Noi non abbiamo modificato i listini, ma i costi per il settore sono indubbiamente in continua crescita”. Più spese, dunque, che spiegano spesso quel 4% in più sul conto dell’ombrellone per gli italiani di quest’estate, dopo il +10% del 2022 e il +5% del 2023(dati Altroconsumo). Ma quali sono i costi che gli imprenditori balneari hanno visto lievitare e cambiare e quali le ragioni che spingono a intervenire sui listini?

Il primo motivo dei rincari, segnalato da tutti gli imprenditori del settore, è l’aumento del costo delle materie prime. Soprattutto per quanto riguarda la ristorazione. L’inflazione sugli alimentari ha pesato molto e lo fa ancora oggi. C’è poi il tema energia elettrica. “Una spesa salita a 50mila euro per uno stabilimento come il nostro. Non solo per la ristorazione, ma anche per i servizi che si offrono. Un esempio? Due teli a persona per ogni ombrellone o gazebo e le tovaglie sui tavoli significano migliaia di euro per il loro lavaggio. Il costo dell’energia elettrica negli ultimi anni da questo punto di vista si è fatto sentire pesantemente”, spiega l’imprenditore. C’è poi la questione erosione marina a incidere e spiegare i rincari.

«Dove c’erano 100 lettini o gazebo ora ce ne sono 80 - continua Dallori - Nel litorale laziale (Ostia e Frigene) per esempio gli imprenditori contano centinaia e centinaia di cabine e metri quadrati di arenile divorati negli anni. Tradotto: meno incassi, meno margine».

E si arriva poi alla motivazione “servizi e personale”. In un mercato sempre più competitivo e aggressivo e dove i clienti vogliono sempre più servizi, servono più lavoratori.

«Essere aperti dal mattino alla sera e offrire servizi richiede più personale, qualificato. E questo manca in Italia, come all’estero. Per assumerlo e garantirselo nel tempo occorrono ovviamente stipendi e bonus. Gli imprenditori pagano la mancanza di lavoratori. E si aggiunge poi la burocrazia, sempre più complessa e quindi cara. Una volta un’azienda con dieci/quindici persone poteva avere il commercialista interno. Ora non è più possibile. Devi avere un’organizzazione e figure manageriali in ufficio per seguire normative, procedure, gestione amministrative. E anche questa è una spesa per l’imprenditore balneare», continua Dallori, che stima un aumento del 20% delle spese nell’ultimo anno.

Ci sono anche da aggiungere i costi di gestione. Molti sottolineano come la spiaggia vada pulita, anche d’inverno, e mantenuta per essere poi vivibile durante la stagione estiva. E infine eccoci alle concessioni balneari. Prezzi fermi ma questione aperta e il timore di quello che accadrà (nuove gare e costi ecc.) ha spinto alcuni imprenditori a correre ai ripari preventivamente, aumentando i prezzi per quest’anno. «Questa visione c’è stata, in alcuni casi. Così come ho visto stabilimenti che hanno ritoccato i prezzi al rialzo senza aggiungere però servizi, anzi tagliandoli. Ecco questa è solo speculazione», conclude il fondatore di The Beach Luxury Club.
Tutto questo spiega dunque, in parte, quell’incremento intorno al 4% per gli italiani che vanno al mare quest’anno.

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