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In carcere da undici mesi al Cairo per possesso di stupefacenti: la storia di Luigi Giacomo Passeri. La famiglia: “No ad altro caso Regeni”

In carcere da undici mesi al Cairo per possesso di stupefacenti: la storia di Luigi Giacomo Passeri. La famiglia: “No ad altro caso Regeni”

“Torturato, in stato di abbandono e senza cure dopo un intervento chirurgico”. Da quasi un anno, Luigi Giacomo Passeri – 31enne di Pescara che vive a Londra – è detenuto nelle carceri egiziane. Secondo quanto si sa al momento, l’accusa da parte delle autorità egiziane nei confronti di Passeri è di detenzione e traffico di […]

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Torturato, in stato di abbandono e senza cure dopo un intervento chirurgico”. Da quasi un anno, Luigi Giacomo Passeri – 31enne di Pescara che vive a Londra – è detenuto nelle carceri egiziane. Secondo quanto si sa al momento, l’accusa da parte delle autorità egiziane nei confronti di Passeri è di detenzione e traffico di stupefacenti e di far parte di una rete di spaccio di stupefacenti per venderli sul mercato locale. L’ambasciata italiana presente al Cairo sta seguendo il caso da vicino e, in stretto coordinamento con la Farnesina, assicura i costanti contatti con i familiari e legali.

Caso Passeri, la famiglia e le lettere scritte durante la detenzione
“Ha subito torture, è stato rinchiuso in una cella piena di feci, urine, scarafaggi, con le manette talmente strette da non far più scorrere il sangue nelle dita”. Questa la denuncia dei familiari sullo stato di detenzione di Giacomo Passeri. Secondo una loro ricostruzione, il 31enne sarebbe stato accusato, in realtà, per il possesso di una piccola quantità di marijuana esclusivamente per uso personale. La famiglia era venuta a conoscenza dell’arresto solo qualche settimana dopo rispetto alla data effettiva: dopo non aver fatto più ritorno a Londra era partita la ricerca. In ospedale per l’appendicite – e sorvegliato dalla polizia – è stato trasportato nel carcere di Badr 2.

Durante il periodo di detenzione, Giacomo scrive delle lettere per testimoniare quanto sta passando negli ultimi mesi: nelle ultime si apprende come il ragazzo di Pescara sia stato trasferito in un’altra gabbia con “12 detenuti accusati di omicidio e tentato omicidio”. Operato di appendicite, Passeri è stato “abbandonato senza cure per giorni“, tra gli agenti che gli “tiravano acqua addosso” e lo minacciavano. “Se non fosse stato per il medico che diceva basta – così scrive al fratello Antonio – non so come andava a finire. Che incubo che sto vivendo, fratello mio. Per le poche cose che m’hanno trovato addosso non è possibile vivere st’inferno”. Secondo lui, solo qualche spinello: “Una barzelletta per cui mi sto fracicando il cervello qua dentro, tra sta m***a strapiena di mosche come ci fossero cadaveri” ha raccontato nell’ultima lettera datata al mese di giugno. La polizia egiziana, però, gli contesta reati molto più gravi di un semplice spinello.

Due agenti delle forze dell’ordine locali lo hanno fermato il 23 agosto dello scorso anno mentre era in viaggio in Egitto. E da lì lo hanno trattenuto per quasi un anno tra interrogatori saltati, interpreti che non si trovavano, udienze rinviate di tre mesi in tre mesi (la prossima sarà a settembre). Latitano al Cairo le visite dell’avvocato egiziano e dell’ambasciata italiana (l’ultima risale allo scorso febbraio), ma la Farnesina assicura di essere costantemente in contatto.

Avs: “Non vogliamo altri casi come Salis o, peggio, Regeni”
Il vicecapogruppo di
Alleanza Verdi Sinistra alla Camera, Marco Grimaldi, ha chiesto espressamente al governo italiano un pronto intervento temendo in un nuovo caso Giulio Regeni (28 anni, ricercatore dell’Università di Cambridge sui sindacati di strada, torturato a morte al Cairo all’inizio del 2016). “Non vogliamo altri casi Salis, di sicuro non vogliamo un altro caso Regeni. L’ambasciata italiana in Egitto deve garantire assistenza e supporto e muoversi perché si svolga un equo e giusto processo in tempi celeri, il governo si mobiliti per riportare in Italia Luigi”.

Il grido di speranza e di denuncia arriva anche dal fratello di Giacomo: “Noi sappiamo solo che dall’agosto dell’anno scorso non abbiamo più notizie dirette di Luigi e non lo abbiamo incontrato, né ci abbiamo parlato al telefono, ma abbiamo ricevuto solo due lettere che ci hanno allarmato non poco sulle sue condizioni. A me risulta che sia incensurato, e secondo il nostro avvocato in Egitto la sentenza dovrebbe essere positiva per Luigi. Ma è quasi un anno che abbiamo scarse notizie su di lui e quindi siamo preoccupati. Chiediamo che lo Stato si interessi a lui, se ha fatto qualcosa è giusto che paghi, ma può farlo in Italia, riportatelo a casa”. I due sono riusciti a sentirsi solamente una volta. Queste le parole: “Mi ha chiamato a settembre scorso e mi ha detto: ‘Mi stanno portando in tribunale, non so che succede, non capisco niente di quello che dicono. Stanno facendo quel che vogliono della mia vita, aiutami Tò, ti prego‘”. Ora, a spaventare la famiglia, è anche la salute fisica e psicologia di Giacomo che come da lui testimoniato “non sa se uscirà vivo da questa situazione”.

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