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Psicosetta di Cerano, la pm chiede condanne pesanti anche per i tre vigevanesi coinvolti

NOVARA. Una vera e propria «distruzione delle persone», situazione di soggezione sessuale, manipolazioni e meccanismi psicologici indotti, annullamento dell’io pensante. Parole dure quelle pronunciate durante la conclusione della requisitoria della pm Silvia Baglivo del tribunale di Novara per il caso della “Psicosetta delle bestie”. «Hanno rovinato delle vite - ha sostenuto la pm -. Ci sono trenta testimoni che raccontano la stessa versione, e abbiamo trovato gli strumenti con le fruste». Abusi che sarebbero avvenuto principalmente a Cerano (Novara), al confine con Cassolnovo, ma anche a Montù Beccaria.

Chieste condanne per tre vigevanesi

In tutto la pm ha chiesto 230 anni di carcere per 24 imputati (erano 26 in origine, ma due sono deceduti). Nel processo sono imputati anche tre vigevanesi. Si tratta di Claudio Merli, 62 anni (avvocati Alessandro Mezzanotte e Massimo del Confetto) per cui sono stati chiesti 7 anni di carcere, Adele Giorgio, di 40 anni (avvocati Alessandro Rogani e Roberta Rossetti) per cui la procura chiede 9 anni, e Rosaria Di Lorenzo, di 59 anni, nata a Vigevano ma residente a Milano (avvocata Stefania Maria Agagliate) per cui viene chiesta una condanna a 9 anni.

Di Lorenzo avrebbe assistito quello che era considerato il capo della setta durante gli incontri sessuali, un ruolo nei rituali è stato contestato anche a Giorgio. Mentre Merli era detto “il messere”: avrebbe reclutato giovani e svolto compiti economici. La condanna più alta è proposta per tre presunte organizzatrici, le psicologhe Andrèe Bella e Manuela Tagliaferri, e Barbara Magnani, ex convivente del capo Gianni Guidi, nel frattempo deceduto. Per gli altri imputati sono state chieste pene tra i 15 e i 7 anni di carcere con posizioni differenziati in base ai ruoli ricoperti nella vicenda.

La vicenda

Il caso era scoppiato nel 2020, dopo le prime denunce che hanno portato alle indagini. Le vittime, spesso giovani e alcune di età inferiore ai 10 anni, avrebbero subito violenza fisica e psicologica dagli adepti. Stupri che sarebbero avvenuti, dal 1990 in poi, a Cerano, Vigevano, Montù Beccaria e Rapallo. A capo della setta ci sarebbe stato Gianni Maria Guidi, detto il “Dottore”, che però è morto nel marzo 2023 a 79 anni.

È stata chiamata “Psicosetta delle bestie” perché durante i rituali sessuali le donne venivano chiamate anche con nomi di animali: «capretta», «cavallo», «volpetta», «lumachina». Spesso, secondo l’accusa, le vittime erano soggiogate perché provenienti da situazioni di difficoltà anche economica e attratte dalle promesse di una vita migliore da parte dei componenti della setta. Il processo è iniziato a febbraio del 2023 di fronte la corte d’assise di Novara, diverse vittime tra la ragazza che aveva denunciato la vicenda, hanno parlato di abusi e violenze. Veri soprusi, con pratiche sessuali violente e imposte.

Sentenza prevista entro fine dicembre

Il processo è in corso di fronte al corte d’assise di Novara, riunita nell’aula magna dell’università del Piemonte Orientale per assenza di spazi in tribunale a Novara.

Le prossime udienze per sentire le parti civili e le repliche saranno il 6 settembre e poi il 4 e 7 ottobre. Sarà stilato anche il calendario per la conclusione del processo, che si svolge fin dall’inizio a porte chiuse per motivi di «pudore pubblico».

La sentenza comunque è attesa prima della fine dell’anno. Durante il processo sono stati sentiti oltre cento testimoni. Ci sono 24 imputati, per reati che vanno dall’associazione per delinquere alla violenza sessuale di gruppo e su minori, fino alla riduzione in schiavitù. Sono state ammesse come parti civili cinque delle ragazze vittime della setta e una associazione, il Cesap di Milano.

Non è stata invece ammessa la costituzione di altre due associazioni, la Casa di accoglienza donne maltrattate di Milano e «Mai più sole» di Cuneo.

La setta era stata scoperta nel 2020 dopo un’indagine della procura di Novara in seguito alle segnalazioni di una fuoriuscita, che ha parlato nel 2019 con i magistrati dando il via all’inchiesta: centinaia di pagine in cui sono ricostruite le presunte violenze ora al centro del processo.

Durante il processo le difese hanno contestato le tesi dell’accusa sostenendo invece che si trattava di rapporti sessuali di gruppo, «ma erano accettati, c’era il consenso, c’era un clima di condivisione e studio filosofico». Inoltre le testimoni della difesa hanno aggiunto anche «che il sesso c’era, ma era accettato, anche se con momenti di sofferenza». —

S.bar.

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