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Domiciliari e bracciale elettronico alla triestina che ferì l’ex con il coltello a Monfalcone

Domiciliari e bracciale elettronico alla triestina che ferì l’ex con il coltello a Monfalcone

foto da Quotidiani locali

MONFALCONE Accusata di tentato omicidio dell’ex, non è più al Coroneo la triestina di 33 anni, praticante in uno studio notarile, che al culmine di una notte d’aprile gli aveva inferto tre colpi di lama, impugnando un coltello da cucina Ikea. Da giovedì scorso la giovane si trova ai domiciliari nell’abitazione di Trieste, con l’applicazione del braccialetto elettronico. Il suo avvocato Andrea Frassini, subentrato a Jessica Canton, aveva promosso istanza di alleggerimento della misura cautelare e la giudice dell’udienza preliminare Flavia Mangiante l’ha concessa e disposta a partire dal 4 luglio.

Protagonista della rapina

Nel frattempo anche la vittima, un monfalconese di 54 anni, assistito dall’avvocata Chiara Valente, è finita la scorsa settimana ai domiciliari per la successiva accusa di rapina impropria, episodio recentissimo avvenuto a Trieste. «Un fatto di lieve entità, riconducibile al passato di fragilità del mio assistito, del tutto scollegato e ininfluente rispetto agli eventi di aprile», puntualizza la legale di fiducia.

L’aggressione di aprile

Che ribadisce come nella vicenda che ha portato all’arresto, il 19 aprile, della 33enne il suo cliente sia «assolutamente vittima», raggiunto da tre coltellate inferte alla schiena, al petto e a una mano, quest’ultima ritenuta una «ferita da difesa». Valente, per conto della parte lesa, ha depositato una querela con un numero significativo di allegati. E già annuncia, in previsione dell’udienza preliminare rinviata al primo ottobre, su richiesta della controparte e proprio in virtù di tale documentazione, la costituzione di parte civile nell’ambito del procedimento portato avanti dalla Procura di Gorizia, su indagini condotte dal Commissariato di via Foscolo.

L’intervento dei soccorritori

Drammatica, riporta sempre la legale, la scena che si era parata davanti ai soccorritori, nel cuore della notte, in via Terenziana. Un lago di sangue. «Gli operatori del 118 avevano temuto di primo acchito il perforamento di un polmone», riporta l’avvocata Valente. Era stato l’uomo a chiedere aiuto via telefono. La donna non era scappata, era rimasta nei paraggi, dopo che l’ex, «per difendersi dall’accoltellamento, l’aveva spinta fuori casa, serrando la porta». La Polizia, poi intervenuta, aveva proceduto all’arresto della 33enne e la giudice per le indagini preliminari Fabrizia De Vincenzi aveva convalidato il fermo e disposto la misura della custodia cautelare nel penitenziario di Trieste, città di residenza della giovane, laureata in Giurisprudenza.

La ricostruzione

I fatti, secondo una prima ricostruzione, erano scaturiti al termine di una lite tra le quattro mura domestiche, in un appartamento al primo piano di via Terenziana a Monfalcone. C’era una relazione, cessata. «Lui era sempre stato mite e amorevole nei suoi confronti», dice l’avvocata Valente. Un fendente aveva raggiunto l’uomo al petto. Uno alla schiena e uno alla mano. Punti non distanti, in particolare i primi due, da organi vitali, che dovevano aver giocato un ruolo nella decisione della misura cautelare, se non altro per l’impeto della presunta azione. La lama, un comune coltello da cucina con filo seghettato, era stato sequestrato dalla Polizia, che aveva messo i sigilli alla porta.

I soccorsi

Era dunque stato il monfalconese ferito, la persona offesa, ad allertare i soccorsi attorno alle 3 di notte. Dopo quattro giorni di ricovero ospedaliero, a seguito del trasferimento in ambulanza a Cattinara, era stato dimesso. Una notte movimentata, dai contorni ancora da ricostruire: la donna si era presentata davanti al gip, svariate ore dopo i fatti, con più lividi al volto e al capo definiti «vistosi», dal suo legale. Al centro le dinamiche di una relazione tra uomo e donna apparentemente agli antipodi, con età e vite differenti. «Ai sanitari del Burlo e di Cattinara la mia assistita aveva detto di essere stata oggetto quella sera di abuso sessuale e di esser stata malmenata», riferisce l’avvocato Frassini. Per difendersi, insomma, aveva afferrato la prima cosa sotto mano, il coltello seghettato usato durante la cena, «inconsapevole di cosa fosse». La persona offesa, con l’avvocata Valente, «nega nella maniera più assoluta queste accuse, categoricamente». All’udienza di convalida la donna s’era avvalsa della facoltà di non rispondere, ancora provata dai fatti.

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