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Usura a Vigevano, cominciati gli interrogatori dei nuovi indagati

Usura a Vigevano, cominciati  

gli interrogatori 

dei nuovi indagati

foto da Quotidiani locali

VIGEVANO

Sono cominciati gli interrogatori di alcuni indagati nell’ambito dell’inchiesta su un giro di usura a Vigevano, che ha portato a tre arresti e un obbligo di firma. Nel blitz dei carabinieri, infatti, erano state perquisite anche dieci persone, tra commercianti e professionisti: gli inquirenti vogliono sentirli perché i loro nomi risultano da alcune intercettazioni telefoniche tra gli arrestati.

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Alcuni destinatari delle perquisizioni hanno ricevuto avvisi di garanzia: a loro i carabinieri hanno sequestrato denaro contante (in tutto 70mila euro, di cui 28mila trovati a casa di un barista), che per la procura potrebbe essere provento di attività non lecite. Il legame tra queste persone e il gruppo dei presunti usurai è ancora tutto da chiarire ma la procura ipotizza un loro coinvolgimento nell’indagine sui prestiti a tassi fuorilegge. Un ulteriore impulso alle indagini potrà arrivare proprio dalle loro dichiarazioni.

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Ieri mattina è stato interrogato dal giudice Pietro Balduzzi anche uno degli arrestati, l’imprenditore di Vigevano, Raffaele Rosigno. L’uomo, difeso dall’avvocata di Pavia Maria Consiglia Lo Bianco, si è avvalso della facoltà di non rispondere. Si trova ai domiciliari, mentre sono in carcere gli altri due indagati che avevano ricevuto l’ordinanza di custodia cautelare: Marco Pagliari, 53 anni, titolare di una ditta di carrelli elevatori di Vigevano ma residente a Gambolò, e Marco D’Onofrio, 53 anni, imprenditore edile (sono difesi dagli avvocati Magda Grossi e Federico Soldani).

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L’inchiesta della procura, basata sulla denuncia di due imprenditori, comincia nel 2021, ma i fatti al centro dell’inchiesta risalgono all’anno prima. In quel periodo un imprenditore che operava nel settore dei servizi si trova in gravi difficoltà economiche e decide, su consiglio di conoscenti, di rivolgersi a Pagliari per avere un prestito di 35mila euro. Prestito che, secondo l’accusa, nei mesi successivi sarebbe stato restituito con interessi sempre più alti, fino al 150 per cento. Dai 35mila euro iniziali il debito era infatti lievitato a oltre settantamila. Per saldare le rate l’uomo è stato anche costretto a vendere un capannone industriale e un’abitazione di proprietà a prezzi inferiori ai valori di mercato. Alla fine l’uomo ha denunciato e dopo pochi mesi si è aggiunta anche la denuncia di un altro imprenditore, che aveva chiesto una somma di 7mila euro, salita a 35mila euro in poco tempo. Accuse ancora da dimostrare.

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