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Cellulari proibiti in classe, i dubbi dei presidi: «Così non si considera l’utilità del digitale»

«La circolare che vieta l’utilizzo del cellulare anche per scopi didattici suscita forti perplessità perché non tiene conto dell’autonomia delle scuole, né delle sue potenziali finalità inclusive, né del fatto che questo strumento può servire per interagire con le dotazioni digitali che le istituzioni scolastiche hanno acquistato spendendo oltre 2 milioni di euro previsti dal piano Scuola 4.0».

Il presidente regionale dell’Associazione nazionale presidi (Anp), Luca Gervasutti, commenta così il divieto dell’uso del telefonino nelle scuole elementari e medie ufficializzato, mercoledì 10 luglio, dal ministro dell’Istruzione, Giuseppe Valditara. Si tratta di un divieto annunciato lo scorso febbraio, quando lo stesso ministro aveva invitato a non usare lo smartphone, neppure per usi didattici, nelle scuole dell’infanzia, delle primarie e delle medie.

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«Si preferisce vietare anziché favorire una discussione più ampia – continua Gervasutti –, che dovrebbe coinvolgere l’intera comunità educante per promuovere un utilizzo più consapevole in ambito scolastico di tutti i mezzi di comunicazione, compreso il cellulare».

Diverso il giudizio del rappresentante regionale dell’Anp sul voto in condotta: «Si tratta di un provvedimento condivisibile anche perché negli ultimi anni abbiamo assistito a un numero crescente di episodi inaccettabili, tale da rendere necessario un cambio di rotta e dare finalmente il giusto peso al comportamento nel percorso di apprendimento degli studenti».

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Altrettanto positivo il giudizio sulla sperimentazione dell’intelligenza artificiale a scuola a cui Gervasutti, anche in qualità di coordinatore della stesura delle regole per l’utilizzo dell’IA a scuola, guarda con «grande favore e interesse. Credo – aggiunge – che il Progetto pilota che 55 scuole del Friuli Venezia Giulia hanno intrapreso da un anno possa rappresentare, anche a livello nazionale, un modello di riferimento».

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Gervasutti cita l’uso dei chatbot, a cui fa riferimento il ministro, perché «favorisce lo sviluppo di nuove competenze, tra cui la capacità di interrogare l’IA per accedere a una pluralità di contenuti e per sviluppare una capacità critica e riflessiva nell’uso degli strumenti di intelligenza artificiale».

La sfida, sempre secondo il presidente regionale dell’Anp, «è dotare gli studenti degli strumenti necessari per navigare in modo consapevole in un mondo in cui le informazioni sono mediate da sistemi sempre più complessi e in cui la capacità di porre le domande giuste diventa fondamentale per accedere a conoscenze affidabili e pertinenti».

Meno critica sul divieto del telefonino in classe è la dirigente dell’istituto comprensivo di Sacile, Armida Muz, anche perché nella primaria lei non lo ha mai ammesso, mentre alle medie i ragazzi possono portarlo purché lo tengano spento. «Abbiamo speso 350 mila euro per acquistare le attrezzature informatiche e i telefonini non ci servono» continua la dirigente, apprezzando la sperimentazione dell’intelligenza artificiale, mentre sull’introduzione del voto in condotta auspica una riflessione più ampia a tutti i livelli.

«Introdotto dall’ex ministro Gelmini e poi venuto meno – conclude Muz –, sul voto in condotta non possiamo agire d’impulso, va fatta una riflessione con chi lavora nel mondo della scuola». I presidi, infine, non disprezzano il riutilizzo del diario scolastico.

«È una questione di metodo – spiega il dirigente dell’istituto comprensivo di Cordenons, Fabio Muccin –, i ragazzi devono abituarsi a scrivere i compiti e ricordarsi di guardare il diario».

Pur riservandosi di leggere il decreto, anche Monica De Carolis, presidente provinciale dell’Anp di Trieste, fa notare che al comprensivo Marco Polo «gli studenti tengono il cellulare chiuso nello zaino. Abbiamo lavorato a livello educativo con il patentino, per un utilizzo consapevole del digitale. C’è da dire – aggiunge – che in certi momenti anche in classe risulta utile, a esempio quando gli alunni stranieri hanno bisogno di cercare alcune parole in italiano, sempre affiancati e seguiti. Mi riservo – ripete – di riflettere sulla novità con i docenti».

Ariella Bertossi dell’istituto superiore Da Vinci-Carli-Sandrinelli di Trieste, anche se il decreto interviene fino alle medie, spiega infine che «con il Pnrr ci siamo dotati di nuove tecnologie, per le quali l’uso dei telefonini può non servire più, anche se c’è da ricordare che i ragazzi a casa lo utilizzano per qualsiasi cosa».

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