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Progetto Vanoi, Bottacin dice no alla diga e annuncia osservazioni dalla Regione

«Se c’è un margine di rischio è evidente che non si può fare. E il rischio c’è». Gianpaolo Bottacin, assessore regionale alla Difesa del suolo e alla Protezione civile, esce per la prima volta allo scoperto sul progetto dell’invaso del Vanoi e lo fa manifestando la propria contrarietà, non solo sotto il profilo strettamente tecnico. Inoltre, Bottacin annuncia che la Regione intende aderire al Dibattito pubblico obbligatorio per legge e ha pronte alcune osservazioni al progetto inviato dal Consorzio di Bonifica del Brenta.

«In queste ore scadono i termini dei 15 giorni indicati dal Consorzio Brenta per aderire al confronto e mandare le prime osservazioni», spiega l’assessore Bottacin, «e noi, come Regione, non intendiamo rinunciarvi. I nostri uffici hanno già fatto una prima analisi dei progetti inviati dal Consorzio e preannunciamo alcune osservazioni sugli elementi più preoccupanti, cioè le conseguenze che si avrebbero nell’ipotesi di Dam Break e la possibilità che si verifichino smottamenti e colate detritiche».

L’analisi delle conseguenze in caso di crollo della diga del Vanoi, infatti, presenta un quadro allarmante, con l’allagamento dell’intera piana di Fonzaso, l’inevitabile crollo a catena della diga del Corlo e allagamenti a valle per circa 70 chilometri con ripercussioni gravi fino a Piazzola sul Brenta. Ma l’assessore evidenzia anche i rischi idrogeologici, che nelle relazioni allegate al progetto vengono dichiarati apertamente in più punti.

In un passaggio, ad esempio, i progettisti scrivono: “Dall’inquadramento geologico emerge lo stato attuale delle molteplici pericolosità geologiche potenziali della Val Cortella”. E ancora: “Il rischio geologico in Val Cortella allo stato attuale è significativo. Il progetto a tal proposito pone interventi e azioni tesi a mitigare il relativo rischio rispetto agli effetti che l’esercizio dell’invaso può generare. Al fine di centrare questo obiettivo sono state previste opere di protezione e più in generale di stabilizzazione e messa in sicurezza dei versanti”. Ma leggendo oltre, si parla anche di instabilità tale da poter “dare origine a fenomeni di crollo più o meno estesi”.

Inoltre: “L’intersezione fra i sistemi di fratturazione e la stratificazione, unitamente alla elevata pendenza naturale del versante, determina il possibile e frequente distacco di elementi lapidei eterometrici da cui deriva una diffusa pericolosità geomorfologica” e si parla di caduta massi da entrambe le sponde ma anche “crolli di creste e porzioni rocciose, con volumi variabili da alcune centinaia a qualche migliaio di metri cubi”.

«Nella relazione si dice che verranno realizzate opere di mitigazione, ma quali?», osserva Bottacin. «Siamo preoccupati da diversi aspetti e come Regione intendiamo segnalare al Consorzio di Bonifica del Brenta tutte le criticità che emergeranno».

L’altro giorno il presidente del Veneto, Luca Zaia, ha affermato che saranno i tecnici a dire se si può fare, cioè se i rischi sono scongiurati, affermando che: «La parola spetta ai tecnici, certo non possiamo metterci noi ad assumerci responsabilità su fatti tecnici».

E l’assessore Bottacin aggiunge: «Se c’è un margine di rischio è evidente che l’invaso non si può fare. Inoltre, il crollo della diga, seppur remoto, deve essere considerato. Io credo che per pensare alla costruzione di una nuova diga in due territori come Belluno - che ha vissuto il disastro del Vajont - e Trento - colpito da quello di Stava - non si possa considerare solo l’aspetto tecnico, ma anche quello emotivo».

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