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Lori Gambassini: «Una targa-ricordo sulla prima sede della Lista per Trieste»

TRIESTE «Non siamo stati un partito politico, ma un movimento popolare che ha rivoluzionato l’assetto sociale e partitico della Trieste di allora. Sarebbe un grande regalo poter lasciare qualcosa ai giovani di quell’esperienza».

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Loretta “Lori” Gambassini ha 86 anni ed è una delle ultime superstiti di una stagione politica senza precedenti per la Venezia Giulia: l’ascesa, nel 1978, della Lista per Trieste, vincitrice in quell’anno delle elezioni comunali nel capoluogo con oltre 52 mila voti, sull’onda delle polemiche per la ratifica del Trattato di Osimo.

Per ricordare quella «epopea» – come lei stessa la definisce – Loretta Gambassini chiede che venga affissa una targa commemorativa nel luogo dove tutto è iniziato: il palazzo di via San Nicolò 29, prima sede ufficiale del Melone.

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L’appello della moglie di Gianfranco Gambassini e fondatrice del Movimento Donne Trieste – costola della Lpt rivolta al sociale – trova un’evidente giustificazione storica, al di là delle simpatie politiche personali. Nel 1975, dopo anni di trattative, l’allora ministro degli Esteri italiano Mariano Rumor e l’omologo jugoslavo Miloš Minić firmano il Trattato di Osimo, che stabilisce definitivamente i confini tra i due Stati e prevede l’istituzione di una Zona Franca Industriale sull’altopiano carsico.

Loretta Gambassini rammenta bene il clima creatosi a Trieste una volta diffusa la notizia dell’accordo (approvato dal Parlamento italiano nel 1977): «La città si è risvegliata, mobilitandosi in modo trasversale e travolgente. Protestava contro la cessione dell’Istria senza contropartite e per la creazione di industrie con manodopera mista che avrebbero distrutto il polmone del Carso».

Da quel clima prenderà forma, nell’aprile del 1976, il Comitato dei Dieci, il primo nucleo di ciò che diventerà la Lista per Trieste: a quest’ultima partecipano, fra gli altri, Manlio Cecovini, Gianni Giuricin, Letizia Fonda Savio e Aurelia Gruber Benco. Inizia così una campagna di petizioni popolari, imperniate sull’ottenimento della Zona Franca Integrale per la città di Trieste, in modo da scongiurare la nascita del polo industriale sul Carso. Il culmine – dopo più di 65 mila firme raccolte – arriverà appunto con le elezioni comunali del 1978, le prime in Italia ad essere vinte da una lista civica. Un risultato che oggi non va giudicato tanto o solo nelle sue future ricadute concrete, quanto piuttosto nel senso di una stagione di grande passione politica. «Era una cosa straordinaria – ricorda Loretta Gambassini – e ci siamo arricchiti l’un l’altro, dando il nostro tempo e impegno. Non ci furono solo i grandi personaggi, ma tante persone anonime che si sono adoperate per la Lista. Eravamo più di un migliaio di associati».

Ecco perché Loretta Gambassini vorrebbe che una targa recasse il segno di quegli anni di fermento e di attivismo politico. Nel suo significato storico e nell’altrettanto importante «valore emotivo» di chi prese parte alla «epopea». Un valore tanto più prezioso se confrontato con l’attualità: «La città si è di nuovo addormentata, non ci sono più ideali», osserva Gambassini, denunciando con amarezza la disaffezione politica dei più giovani. Lei sarebbe pronta a finanziare interamente i costi dell’operazione e il confronto con il Comune per la targa è già stato avviato. «Sarebbe un grande regalo...».

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