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Per il governo abitare vuol dire stare in 20 metri quadrati. Tutto pur di compiacere il mercato

Per il governo abitare vuol dire stare in 20 metri quadrati. Tutto pur di compiacere il mercato

In Parlamento si sta avviando la fase conclusiva dell’iter di conversione in legge del decreto legge “Salva Casa”. Un decreto legge, che sulla spinta della Lega e del Ministro delle infrastrutture, partito, come affermato nella relazione, per “affrontare il crescente fabbisogno abitativo”, di fatto è andato incontro ai desiderata di quei proprietari di immobili che […]

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In Parlamento si sta avviando la fase conclusiva dell’iter di conversione in legge del decreto legge “Salva Casa”. Un decreto legge, che sulla spinta della Lega e del Ministro delle infrastrutture, partito, come affermato nella relazione, per “affrontare il crescente fabbisogno abitativo”, di fatto è andato incontro ai desiderata di quei proprietari di immobili che fino ad oggi erano inabitabili e illegali. Così mentre tutti si era in attesa dell’approvazione dell’emendamento cosiddetto “salva Milano”, con Milano intesa come quella dei costruttori, che hanno eretto nuovi grattacieli e costruzioni nel capoluogo lombardo che la Procura milanese considera abusivi, gli emendamenti su questo tema, presentati in particolare dalla Lega, sono stati ritirati, ma per essere ripresentati in altro provvedimento forse al decreto infrastrutture. Ne parleremo in seguito.

In questo contesto, si è giunti ad approvare l’ultimo giorno di discussione in Commissione Ambiente della Camera, alcuni emendamenti della maggioranza con l’assenso del Governo che, in maniera esplicita, chiariscono cosa intendono per “abitare” e risposta “al crescente fabbisogno abitativo” il governo e la maggioranza parlamentare.
Siamo, ovvero sono, quindi arrivati all’approvazione di emendamenti che prevedono ai fini della cosiddetta “incentivazione dell’offerta abitativa”: a) il recupero dei sottotetti, questo anche quando l’intervento di recupero non consenta il rispetto delle distanze minime tra gli edifici e dai confini; b) una disposizione che abilita il tecnico progettista ad asseverare la conformità di locali con una altezza minima inferiore ai 2,70 metri fino ai 2,40 metri; c) una disposizione che prevede che sia legale un alloggio micro mono stanza, con una superficie minima, comprensiva dei servizi, inferiore a 28 metri quadri fino a 20 metri quadri per una persona e inferiore a 38 metri quadri fino a 28 metri quadri per due persone, in questo modo si è coniata una nuova casistica di unità immobiliari quella di “micro monolocali”. A corollario di tutto ciò poteva mancare una, di fatto, liberalizzazione dei cambi di destinazione d’uso? No, ed infatti il cosiddetto “Salva casa” ci porta in dono anche questo.

Attenzione non siamo solo alla sovversione delle più elementari regole urbanistiche e in tale ambito stona l’assoluto silenzio dell’Anci che non ha espresso alcuna posizione rispetto agli emendamenti approvati che pur qualche effetto, negativo, lo avranno sulle città; siamo di fronte ad una idea di abitare che deve sottostare al mercato immobiliare ma quello deregolamentato, dove l’unità immobiliare anche la topaia deve rispondere agli interessi speculativi di proprietari di immobili, siano essi grandi o piccoli poco importa.

Quello che viene declinato in soli metri quadri di unità immobiliari fino ad oggi inabitabili, meglio mono, micro, e bassi, diventa una linea culturale dove l’abitare non è uno dei luoghi di socialità dove si passa la maggior parte del tempo ma diventa il luogo dove tutto è precario, il muoversi, il mangiare insieme, dove diventa difficile persino il colloquiare. L’abitare diventa così solo un posto angusto dove devi vivere in 20 metri quadri compresi i servizi e, possibilmente, con angolo cottura. Il fine non è come falsamente affermato dal ministro Salvini e da esponenti della maggioranza di destra quello di fornire una risposta al fabbisogno abitativo reale ma quello più subdolo forse anche più odioso di rendere commerciabile e remunerativo quello che fino ad oggi non era.

Il tema della qualità, finora rimasto in secondo piano, è rilevante. Secondo stime dell’organizzazione mondiale per la sanità i cittadini europei passano circa il 90% del loro tempo in spazi chiusi. Gran parte di questo tempo è trascorso all’interno della propria abitazione, che per questo riveste un ruolo fondamentale nella vita di ognuno di noi. Veniamo da anni in cui è cresciuta la consapevolezza che la qualità dell’abitare è connessa alla qualità del vivere in un ambiente salubre e dignitoso. Dimorare in una casa fornita di tutti i servizi, con spazio sufficiente per tutti i membri del nucleo familiare è una priorità sociale di grande rilevanza che non può essere subalterna a interessi particolari. Come molti sanno e molti studi ci dicono dopo il Covid la ricerca di abitazioni si è rivolta, sia nella compravendita che nell’affitto, almeno per chi può, verso case ampie e possibilmente con spazi esterni fruibili, siano essi giardini o balconi o terrazzi.

Non a caso il diritto all’abitazione è sancito all’interno della carta sociale europea con l’articolo 31 che propone 3 obiettivi: 1) garantire che l’abitazione sia, qualitativamente, di livello sufficiente (che sia quindi davvero vivibile); 2) prevenire e ridurre fino ad eliminare completamente lo status di “senza tetto” espressione del principio fondante degli obiettivi di sviluppo sostenibile Onu per il 2030 “leave no one behind“; 3) assicurarsi che ci siano alloggi a costi accessibili per chi non disponga di risorse sufficienti.

Ora invece il governo e la maggioranza ci propongono, per esempio, di far vivere magari una persona disabile in 20 metri quadri o uno studente fuorisede, compresi i servizi? Questa si può proporre come incentivazione alla offerta abitativa? Come si possono, per esempio, garantire le norme igienico-sanitarie in tali condizioni? Micro mono locali e sottotetti per tutti, qualità dell’abitare per nessuno, il loro slogan.

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