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La cultura dello stupro? Dal Circeo a Franca Rame è una storia fascista

di Enzo Verrengia

La saga mediatica degli stupri è inconcludente. Si esorcizza la xenofobia con un moto bipolare delle notizie: da un lato l’estraneo affetto da priapismo violento, dall’altro i pellegrini in fuga dalla disperazione.


Sparisce la dinamica dello stupro, scaturita non dalle aberrazioni di “invasori”, bensì dal deragliamento culturale dell’occidente, dove il rispetto dei generi e l’educazione sessuale precipitano nel voyeurismo compulsivo, nel porno diffuso della rete, nel botulino, nel lifting. Passando per la commedia pecoreccia, che ha avvilito la cinematografia nazionale negli anni ’80.


Pierino stupratore? Non proprio, però sobillatore di una reificazione del femminile.


È nella letteratura che va cercato l’abominio dell’aggressore che riduce la vittima a cosa nella sua mente prima che nei fatti. William Faulkner lo descrisse in Sanctuary, Giorgio Scerbanenco in I ragazzi del massacro e Andrea Carraro in La baracca.


Quanto al manifesto di Boccasile riproposto da Forza Nuova, bisogna ricordare che gli stupratori più accaniti sono nelle file della destra eversiva. Si ricordino i neofascisti del Circeo, i pariolini, i sanbabilini e quelli che consumarono a Milano lo scempio di Franca Rame.

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