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Gli Euro Improbabili



Da Ilaria Salis a Mimmo Lucano, a Carola Rackete. L’assortito gruppo di sinistra The Left al Parlamento Ue include poi «pasionarie» iberiche un po’ manesche ed esponenti pro-Hamas francesi, oltre al super agitatore Jean-Luc Mélenchon. Ma il tocco di raffinatezza politica è la nuova pattuglia 5 Stelle...

Pasquale Tridico non è mai stato un uomo di grandi slanci. Eccezion fatta, s’intende, per la munificenza con cui distribuiva il reddito di cittadinanza, persino a scansafatiche e filibustieri. Era il cinereo presidente dell’Inps. Adesso, neo capo delegazione dei Cinque stelle a Bruxelles, sprizza inconsueto ardore: «Esprimiamo la nostra gratitudine per il caloroso benvenuto. Nei prossimi cinque anni, ci impegniamo a collaborare con i nuovi colleghi per sostenere un’Europa più consapevole socialmente, che si oppone a povertà e austerità». Il Movimento viene così trionfalmente accolto nel gruppo parlamentare più estremista del continente: The Left. Pullula di imbarazzanti compagni, eletti con i partiti più controversi della galassia rosso fuoco: da La France insoumise di Jean-Luc Mélenchon, agli iberici Podemos, fondati da Pablo Iglesias. Talmente a sinistra, da far sembrare Elly Schlein una sincera liberale. Sono definiti, in patria, «impresentabili»: tacciati spesso di essere antisemiti, putiniani e filo islamici. Poi, il solito armamentario: lotta di classe, statalismo selvaggio e odio per i benestanti, loro esclusi. Vi ricordano qualcuno? Il pensiero non può che volare verso Sinistra italiana, capeggiata da Nicola Fratoianni, il Che Guevara della Piana di Pisa. Non a caso, ingrossa le temibili truppe di The Left con due idoli della gauche tricolore: Ilaria Salis e Mimmo Lucano.

Non date anche a loro degli impresentabili, però. Il liberale Roberto, onnipresente genitore della maestrina monzese, ha la querela facile. Certo, la prima foto diffusa appena sbarcati a Bruxelles legittimerebbe, per lo meno, un tranciante giudizio estetico. Ilaria, ex detenuta nelle carceri magiare, fu okkupatrice seriale: abito a fiorellini e scarpe con la zeppa, come se fosse appena sbarcata su un’isoletta fricchettona. Mimmo, bonzo di Riace, simbolo della sfrenata accoglienza: polo color aragosta (ahia) e jeans neri (meglio), in stile salvataggio barconi. Per non parlare della terza persona immortalata. Carola, intesa Rackete, già speronatrice teutonica: vestitino rosso da squatter in visita domenicale alla nonna e sneakers nere ton sur ton con l’abbondante peluria degli arti inferiori. Anche l’ex comandante della Sea Watch, è stata difatti eletta con Die Linke.

Ecco, tralasciamo il severo giudizio sulla foto ricordo del terzetto italo-germanico. Restano, comunque, i capofila degli «euroimprobabili»: i più ideologici e allarmanti mai visti a Bruxelles. Dal 16 luglio scorso, prima seduta plenaria di Strasburgo, si sono insediati nel nuovo parlamento. In fondo a sinistra. Assieme a una manica di radicali e radical chic da primato. Eversivi in servizio effettivo permanente.

Ora si uniscono alla combriccola pure gli otto eletti del «Five star movement», come viene chiamato il partito di Giuseppe Conte riecheggiando i circhi di provincia. Per anni, hanno cercato di accasarsi. Sono stati respinti con una puntina di sdegno sia dai socialisti che dai Verdi, per il trasformismo congenito. Infine, hanno chiesto di affiliarsi al gruppo più euroscettico e sinistrorso d’Europa. Per adesso, sono ammessi con riserva. Il periodo di prova durerà sei mesi. Durante i quali, l’ex premier doroteo dovrà validare l’ultima trasformazione in accecato Masaniello.

The Left conta 39 iscritti. Con i grillini sale a 47. Sono i veterocomunisti: anticapitalismo, antifascismo, femminismo, migranti, Lgbtq+. La delegazione pentastellata è la seconda più numerosa, dopo quella di Mélenchon, non a caso il nuovo idolo dell’aspirante rivoluzionario di Volturara Appula. Da Giuseppi a Giuseppón, insomma. Al loro fianco, altri due leggendari connazionali: Salis e Lucano, appunto. Nonché Rackete, sopravvissuta in Germania al naufragio di Die Linke, ferma a un misero 2,6 per cento. È arrivata comunque la scialuppa di salvataggio per l’ex capitana della Sea Watch, che a giugno 2019 fece sbarcare in Italia 53 migranti, speronando una motovedetta della guardia di finanza. Come non premiare una simile prodezza? O quelle compiute dell’eterea Ilaria, accusata in Ungheria di aver aggredito due avversari politici e condannata in Italia per «invasione di edifici» e «resistenza a pubblico ufficiale»? Chiariamo subito: sono in superba compagnia. The Left, tra le sue fila, vanta eroine di ogni foggia e rivedibili fedine penali. Vedi Isa Serra, variante iberica della collega brianzola, già occupatrice abusiva di alloggi. L’eurodeputata di Podemos è stata punita con 19 mesi per aver aggredito le forze dell’ordine durante una protesta a Madrid contro uno sfratto. La sentenza riporta le galanterie rivolte a una poliziotta: «Figlia di puttana! Se fossi tuo figlio, dovrei prendere una pistola e spararti!».

Insomma, tra le compagne Serra e Salis sarà idillio. La seconda e ultima eletta di Podemos è invece Irene Montero, compagna del fondatore Pablo Iglesias. Insolentivano la casta spagnola. Vengono poi trafitti dall’acquisto di una lussuosa villetta da 650 mila euro. Sono rimasti a galla, come i grillini tricolore. Anzi: lei diventa, dal 2020 al 2023, il ministro più scalmanato del governo Frankenstein guidato da Pedro Sánchez. Dicastero all’Uguaglianza, per l’esattezza. Da lei trasformato in avamposto arcobaleno. Montero vara la «ley trans». Oltre a concedere il diritto all’aborto per i sedicenni senza il consenso dei genitori, permette di chiedere, a partire dalla stessa età, la modifica del proprio sesso all’anagrafe. Sempre evitando il parere di mamma e papà. Non serve nemmeno attestare la disforia di genere. Basta un’autocertificazione.

È sempre la ministra di Podemos a concepire un’altra ambigua normativa, rinominata «sí es sí». Il sesso senza consenso diventa stupro. Ottimo. Solo che l’applicazione della nuova legge ottiene l’effetto contrario. Il nuovo reato innalza le pene massime e riduce le minime. Risultato: almeno mille violentatori ottengono un sostanzioso sconto sulla condanna. Montero, però, sconfina anche dagli ambiti ministeriali. E quando Gaza viene bombardata da Hamas, lei diventa la più fervente anti-israeliana della penisola iberica. Il 15 ottobre 2023 pubblica un post su X, commentando l’incontro tra Ursula von der Leyen e Benjamin Netanyahu. La presidente della Commissione europea esprime sostegno al presidente israeliano. «Not in our name» scrive però Montero.

Del resto, negli stessi giorni, l’eurocompare Mélenchon si rifiuta di partecipare a una manifestazione parigina in sostegno di Tel Aviv. La France insoumise, ovvero indomita, è reduce dalla vittoria alle elezioni transalpine. A Bruxelles conta nove parlamentari. Tra questi, c’è la capogruppo di The Left, Manon Aubry. Ma soprattutto un’attivista palestinese: Rima Hassan. In Francia viene considerata una temibile antisemita. Dopo l’attacco terroristico dello scorso ottobre, le chiedono: «Hamas sta conducendo un’azione legittima?». Risposta: «Vero». Per poi ribadire, in una seguente intervista, che a Gaza è in corso un «genocidio». L’Oréal, multinazionale della cosmetica, l’aveva chiamata nel Consiglio consultivo per simboleggiare l’inclusione. Licenziata in tronco. Ora viene premiata con l’ambito seggio. Poco importa che il presidente delle Comunità ebraiche di Francia, Yonathan Arfi, assicuri che Rima segue «l’agenda dei fondamentalisti di Hamas e giustifica gli abusi del 7 ottobre». L’avvocatessa Hassan se ne impipa. Anzi, s’accompagna spesso al mélenchonista David Guiraud. Il deputato transalpino, pure lui interpellato sul massacro di Hamas, osa l’incommentabile. Il bambino nel forno? «È stato messo da Israele». La madre sventrata? «Colpa di Tel Aviv». Lei sorvola. «Alle accuse diffamatorie, rispondo: voglio che tutti i palestinesi siano liberati da questa oppressione» giura Hassan. «Ci troviamo ancora in un regime di apartheid».

Il felpato Tridico, intanto, gongola. Promuoveva assegni a ufo e sussidi spaziali. Adesso, accolto nel pianeta ultra progressista, vola altissimo: «Reddito minimo universale, giustizia sociale, pace, green deal». Il lessico si adegua: «Vorremmo convincere i nostri compagni a non sostenere l’invio di armi in Ucraina». E poi, ovviamente, «il riconoscimento di tutta l’Ue dello Stato di Palestina, già chiesto da Mélenchon». Hasta la victoria, comandante Pasquale. Anche il fu Giuseppi perfeziona l’ultimo travestimento. Giuseppón, appunto. Basta pochette nel taschino e vacanze a Cortina. Impari piuttosto da Maurizio Landini, il ruvido leader della Cigl. Maglietta della salute pure in estate e ferie a Gabicce Mare. Come insegna la sinistra più salmonata: chi rosso vuole apparire, un poco deve soffrire.

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