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Il Trump “moderato” è già in archivio. Il tycoon senza freni: “Usa invasi da criminali malati, faremo la più grande deportazione della storia”

Il Trump “moderato” è già in archivio. Il tycoon senza freni: “Usa invasi da criminali malati, faremo la più grande deportazione della storia”

Dopo il tentato omicidio, l’ex presidente aveva parlato di un discorso diverso per la convention repubblicana: meno aggressivo, più concentrato sulla necessità di riunire l’America. Una volta sul palco, quel proposito è durato pochi minuti: quasi subito il Trump che il mondo conosce è venuto fuori con prepotenza

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Alla fine, Trump ha fatto Trump. Dopo gli spari in Pennsylvania, l’ex presidente aveva parlato di un discorso diverso per la Convention repubblicana di Milwaukee: meno aggressivo, più concentrato sulla necessità di riunire l’America. Una volta sul palco, quel proposito è durato pochi minuti, giusto il tempo di ricordare i momenti del tentato omicidio. Quasi subito, il Trump che il mondo conosce è venuto fuori con prepotenza ed è iniziato un fiume sconclusionato di parole, che dall’invasione degli stranieri è passato al declino economico americano, al mondo in guerra, all’incompetenza dell’amministrazione Biden. A un certo punto, la foga polemica di Trump è stata tale che il teleprompter si è bloccato. Trump non seguiva più il discorso preparato, ma divagava, accumulava aneddoti, accusava, insultava – “crazy Pelosi” -, inventava numeri, dipingeva un Paese distrutto che solo lui può salvare. Il discorso di accettazione della candidatura repubblicana si è alla fine trasformato in uno dei tradizionali comizi del tycoon, se possibile ancora più sconclusionato del solito, noioso, interminabile (è durato oltre un’ora e mezza) fortemente senile. Se l’obiettivo era conquistare il voto indipendente e moderato, la cosa non è probabilmente riuscita.

Che il team di Trump pensasse a un discorso molto diverso risulta chiaro da un dettaglio. Sul palcoscenico, mentre Trump parlava, giganteggiava un’immagine della Casa Bianca. Come a dire che il candidato repubblicano ha già vinto, è già, di fatto, tornato presidente. Anche tutto l’inizio del discorso è apparso costruito in modo da rilanciare un’immagine prudente, moderata, lontana dal “Trump guerriero” che si conosce. “Sono qui stanotte per sviluppare una visione che valga per tutta la nazione”, ha detto di fronte alle migliaia di delegati e attivisti e al pubblico televisivo. “A ogni cittadino, che sia giovane o anziano, uomo o donna, democratico, repubblicano o indipendente, nero, bianco, asiatico o islanico, io tendo la mia mano in segno di lealtà e amicizia”. Subito dopo, con un tono sussurrato, addolorato, da vero sopravvissuto, Trump ha iniziato a raccontare i momenti del tentato omicidio: “Questa è l’unica occasione in cui lo farò, è troppo doloroso”. Quindi si è definito “uno che non dovrebbe essere qui, stasera. Dovrebbe essere morto”. Ha ripercorso l’eccitazione del comizio, l’entusiasmo della gente. E poi il fischio, il dolore lancinante all’orecchio, il sangue. La disperazione dei militanti, che lo pensavano morto. Lui che ha voluto restare sul podio, mostrarsi vivo e combattivo, rassicurarli. A quel punto, molti alla Convention repubblicana piangevano.

Il tono sussurrato, contrito, aperto ai vecchi rivali, alla ricerca di un’idea comune di America, è durato però solo qualche minuto. Molto presto Trump è passato a uno dei temi che preferisce, quello della persecuzione giudiziaria ai suoi danni. Ha ricordato che la Corte Suprema gli ha riconosciuto l’immunità e che una corte federale in Florida ha archiviato il processo contro di lui per aver trafugato documenti top secret dalla Casa Bianca. “L’uso a fini politici del Dipartimento alla Giustizia da parte dei democratici deve finire”, ha detto Trump, che è presto passato a un altro dei suoi cavalli di battaglia, quello delle elezion manipolate. “Con la scusa del Covid, ci hanno rubato le elezioni. E questo non deve succedere più. Non succederà più”, ha spiegato, “perché questa volta vinceremo comunque”. Con orgoglio, di fronte alle accuse di chi lo considera una minaccia per la democrazia, Trump ha risposto. “Io sono il contrario. Sono la salvezza della democrazia”.

Da questo momento è iniziato un discorso interminabile, in cui Trump si è rappresentato come il salvatore, nel mezzo di un pianeta sull’orlo della terza guerra mondiale, con conflitti che si allargano dall’Europa al Medio Oriente all’Asia, con l’America piegata da un’invasione senza precedenti da parte di “criminali, malati di mente, incapaci”, con il lavoro che sparisce per tutti, “neri e ispanici in particolare”, con la classe media che cerca disperatamente di sopravvivere. “Siamo diventati una discarica per il mondo, che ride di noi”, ha incalzato, parlando dell’immigrazione illegale. E ha fatto una promessa: “Lanceremo la più grande deportazione della nostra storia”.

È iniziato poi l’elenco, spesso falso o comunque non accurato, dei presunti successi che Trump avrebbe realizzato durante i quattro anni della sua presidenza. “Abbiamo dato agli americani il taglio alle tasse più importante della loro storia”, ha proclamato – cosa non vera, nella storia americana ci sono stati almeno una mezza dozzina di tagli fiscali più consistenti. “Abbiamo costruito gran parte del muro con il Messico”, ha spiegato tra l’entusiasmo dei suoi sostenitori – altra cosa non vera, George W. Bush e Barack Obama hanno costruito porzioni di muro più ampie di quelle messe in piedi da Trump. E ancora, il candidato repubblicano ha urlato: “Mai nella storia americana, l’inflazione è stata così alta come sotto questa amministrazione”. Altra cosa falsa, l’inflazione era al 9,1% nell’estate del 2022, contro il 15% circa a inizi anni Ottanta.

Due cose farò il primo giorno della mia presidenza”, ha concluso Trump. “Riaprirò l’America alle trivellazioni. Metterò fine all’invasione”. A quel punto la sala, che si era persa durante il lunghissimo, spesso incomprensibile, vagare del discorso di Trump, si è risvegliata, mostrando un entusiasmo che è stato la cifra più evidente di questa Convention. Mentre un tenore dal palco cantava “Nessun dorma”, mentre migliaia di palloncini rossi, blu e bianchi cadevano sulla sala, Donald Trump, il candidato vicepresidente J.D. Vance e le famiglie salutavano la folla dal palco, dando ufficialmente inizio a una campagna elettorale che i repubblicani vedono, al momento, come già vinta.

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