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Massimo Arteconi (TiConsiglio): «Attualmente, la questione dell’analitica dei siti è un problema culturale»

Il Business Development & Marketing Manager di Golden Communication ci ha raccontato la propria esperienza con Analytics dopo la data X del 1° luglio

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Il portale Ticonsiglio.com è una delle realtà più interessanti e verticali, nel panorama dell’editoria italiana, dal momento che riesce a fornire delle informazioni molto ben direzionate e complete sul mondo del lavoro in Italia. Per questo, si tratta di un punto di riferimento significativo per comprendere come realtà di questo tipo, affermate sul mercato dei contenuti digitali, abbiano affrontato la data del 1° luglio 2024, giorno in cui è terminata completamente l’esperienza di Universal Analytics. Da quel momento in poi, infatti, non è più stato possibile nemmeno scaricare i dati d’archivio della property dell’utente.

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«Noi eravamo consapevoli di quello che stava per succedere – ha spiegato ai nostri microfoni Massimo Arteconi, Business Development & Marketing Manager di Golden Communication, la realtà che coordina il progetto di Ticonsiglio.com -. Già da tempo ci eravamo organizzati: oltre alla classica migrazione a GA4 – che teniamo perché è un riferimento per il mercato, ma che reputiamo essere un pessimo prodotto -, abbiamo scaricato tutto l’archivio e lo abbiamo importato in una nostra piattaforma che consente ai nostri autori di averne visibilità quando ne hanno bisogno».

Ovviamente, questo è stato possibile grazie all’organizzazione e all’indipendenza di una realtà così strutturata nello svolgimento di operazioni non esattamente user friendly come quella del download di tutti i dati d’archivio. Chi, però, non ha a disposizione né un osservatorio su queste vicende, né un team tecnologico indipendente può aver incontrato dei problemi: «Può capitare di restare spiazzati, perché la procedura non è per nulla immediata – ha spiegato Arteconi -. Se non si hanno delle competenze tecnologiche e se non si hanno delle figure dedicate, l’operazione di conservazione dei dati storici può comportare dei costi e degli errori. Il costo, inoltre, può essere stato un deterrente per evitare di fare questa operazione».

Eppure, i dati storici rappresentano una fonte fondamentale per chi produce contenuti. «Per noi è fondamentale avere un riferimento legato alle performance, anche perché siamo tendenzialmente data driven e ci muoviamo analizzando i dati – ha spiegato il manager di Golden Communication -. È vero: non sono sufficienti solo quelli, perché poi aggiungiamo la sensibilità dei nostri autori e le capacità del nostro coordinamento editoriale di identificare le tematiche che sono un valore per i nostri utenti. Ma confrontare i contenuti così generati con i dati non può che essere una conferma e una verifica del lavoro svolto e, inoltre, riduce le possibilità di commettere errori».

Massimo Arteconi: l’opinione su Google Analytics

Alla luce di tutto questo, conviene porsi la domanda se Google Analytics sia ancora la soluzione più convincente in termini di analisi dei dati e di previsione delle performance. «No, non ci ha convinto per niente – ha detto Massimo Arteconi -. Analytics resta il riferimento per progetti speciali e collaborazioni con clienti esterni, perché è un linguaggio a cui loro sono abituati ed è uno standard di mercato. Ci siamo dotati, però, di altri strumenti, come ad esempio Matomo: si tratta di tecnologie che sono in grado di fare il lavoro esattamente come lo faceva Analytics, però in modo molto più user friendly».

Occorrerebbe, tuttavia, cambiare completamente prospettiva per far sì che il mercato possa accettare delle alternative a Google Analytics. Attualmente, tutte le società che distribuiscono pubblicità su prodotti editoriali digitali hanno come faro la piattaforma di analitica di Google e le sue metriche. «Al netto di fare evangelizzazione, è un problema culturale. È necessario che il mercato acquisisca competenza specifica su questo genere di informazione. Attualmente, l’unica alternativa riconosciuta è Comscore, che è uno strumento a pagamento, accessibile solo a realtà editoriali più grandi. Noi, invece, vediamo come possibilità quella dell’impiego di prodotti open source che siano quantomeno certificati. Ad oggi non ce ne sono. Bisognerebbe prima di tutto che qualche player di mercato offrisse qualcosa di paragonabile a Google Analytics e poi rendere informato il mercato di ciò. Poi, occorrerebbe convincere gli editori ad adottare queste soluzioni, per fare in modo che il settore si adegui di conseguenza».

Bisognerà capire, a questo punto, se ci sarà disponibilità nei confronti di questo ipotetico adeguamento: «Il vantaggio di Google Analytics era il fatto di essere uno strumento terzo – ha concluso Massimo Arteconi -: un partner aveva uno standard e la certezza che i dati non fossero in qualche modo non corrispondenti alla realtà. Qualunque altro strumento open source che ti metti in casa non ha questa terzietà e sottintende una sorta di atto di fiducia del partner rispetto a quel dato. Ma questo atto di fiducia diventa un qualcosa al di fuori del perimetro dell’editore e questo richiede una maturazione del mercato non semplice e non banale».

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