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“Donne e cucina in tempo di guerra” in edicola con i nostri giornali

“Donne e cucina in tempo di guerra” in edicola con i nostri giornali

foto da Quotidiani locali

L’Italia che conobbe il pane nero e non poteva permettersi il pane bianco durò molto a lungo. Fu Giustino Fortunato a parlarne riferendosi al Mezzogiorno, ma le zone di miseria riguardarono anche tutto il Nord, Piemonte e Lombardia comprese. Il film “L’albero degli Zoccoli” ne è una testimonianza elegiaca ed insieme tormentata.

Forse solo l ’“Italietta” di Giolitti, tanto disprezzata dai retori, conobbe un po’ di benessere, subito infranto dall’ingresso nella Grande Guerra nel 1915.

La grande cucina italiana espressa dall’Artusi nel suo grande libro rimase quella dei ceti benestanti. C’era gente che, al massimo, poteva permettersi qualche bicchiere di vino la domenica e un mezzo sigaro da fumare sul sagrato della chiesa dopo la messa.

L’Italia, per la sua stessa natura di paese agricolo ancora arretrato che non aveva conosciuto lo sviluppo industriale europeo, era condannata all’austerità.

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Solo Mario Soldati poteva rimpiangere i grandi ristoranti dove andava suo padre. Erano pochissime le famiglie che potevano permettersi la Joie de vivre: la Bella Epoque fu per pochi, pochissimi. Poi venne la Grande Guerra e comportò subito sacrifici per tanti italiani.

Il libro di Bruna Bertolo indaga un terreno non ancora studiato: come si mangiava durante la II Guerra Mondiale 1940/1945.

L’Italia fascista aveva dovuto fare i conti con la grande crisi del 1929 e con le sanzioni dovute alla guerra in Etiopia; il regime aveva cercato con la battaglia del grano di incrementare lo sviluppo agricolo, sognando il ritorno all’antica Roma. Si era dovuto toccare con mano che l’autarchia in un paese povero come l’Italia era nulla di più che una parola d’ordine pubblicitaria. Gli italiani scoprirono che era meglio un quarto di pollo in un piatto che un’aquila romana sul berretto.

L’ingresso in guerra il 10 giugno 1940 aggravò la situazione, fino a renderla intollerabile dopo l’8 settembre 1943. Si passò drasticamente a quella che venne definita la “cucina del poco e del senza” con il trionfo dei surrogati, dei caffè di cicoria, dei dolci senza zucchero.

La carne che non fu mai frequente sulla tavola di tanti Italiani, divenne un sogno e un coniglio, magari comprato alla borsa nera, un’occasione per fare festa, se i bombardamenti concedevano un po’ di requie. In Italia si giunse a mangiare i gatti, in Francia, durante l’occupazione tedesca, persino i topi.

Oggi è di moda la cucina povera, ma allora che non era una scelta, ma una necessità, era ben poco amata.

Il libro di Bruna Bertolo è molto istruttivo e serve ai giovani per conoscere e a chi ha un’età diversa serve per ricordare un passato che tanti italiani hanno dovuto affrontare.

Il cibo è cultura, diceva Luigi Veronelli, e dal cibo riusciamo a ripercorrere la storia del Paese. La storica Bruna Bertolo lo sa bene e lo dimostra anche in questo libro.

Prezzo: 9,90 euro

Pagine: 160

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