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Tentativo di negoziati di pace al Mittelfest, il debutto dell’opera diretta da Blerta Neziraj

Tentativo di negoziati di pace al Mittelfest, il debutto dell’opera diretta da Blerta Neziraj

foto da Quotidiani locali

CIVIDALE. Primo spettacolo di prosa a Mittelfest 2024 – sabato 20 luglio alle 21 al Teatro Ristori – Nogotiating peace (Negoziare la pace), una coproduzione internazionale, su testo di Jeton Neziraj e la regia di Blerta Neziraj che il pubblico certamente ricorderà per lo spettacolo dello scorso anno, The Handke Project, sulle polemiche scaturite dall’endorsement dello scrittore austriaco nei confronti della Serbia durante la recente guerra nell’ex-Jugoslavia.

Da quanto tempo in questo primo scorcio di millennio sentiamo parlare di negoziare la pace? Quante volte queste tre parole sono risuonate in questi anni nei tanti teatri di guerra del nostro pianeta? Tante: al punto da renderle una sorta di slogan vuoto e frustro, visti gli scarsi risultati concretamente prodotti da questa pratica, che dovrebbe essere al primo posto nelle menti dei politicanti del mondo.

Guardando ai negoziati di pace, incluso l’accordo di Dayton, quelli in Irlanda del Nord e in Medio Oriente, i colloqui ancora irrisolti tra Kosovo e Serbia e anticipando la conclusione della guerra tra Russia e Ucraina, Qendra Multimedia, gruppo teatrale indipendente e di punta del Kosovo, ha riunito un insieme paneuropeo per creare in scena i meccanismi di un negoziato di pace, e porre domande circa le problematiche ad esso connesse.

Questo nuovo spettacolo è stato creato, infatti, con artisti e gruppi teatrali provenienti da Ucraina, Kosovo, Serbia, Bosnia ed Erzegovina, Italia, Repubblica Ceca, Albania, Macedonia del Nord, Norvegia, Polonia ed Estonia. Ispirato da To End a War di Richard Holbrooke e da The General of the Dead Army di Kadare, Negotiating Peace cerca di coinvolgere il pubblico con i retroscena, le sfide, le paure e la speranza che accompagnano il raggiungimento di un accordo di pace.

Davanti a una tavolo rotondo, quasi un must di ogni trattativa, gli interpreti, di volta in volta rappresentanti di opposte fazioni, discutono di questioni importanti su chi, ad esempio, ha il potere e la legittimità per negoziare la pace. E ancora se basta un accordo di pace a produrre riconciliazione tra le persone, e più in generale se può mai esistere il perdono collettivo, e non solo invece quello individuale, legato al singolo.

Parlando della produzione Blerta Neziraj ha detto: «La cosa principale che ci chiediamo in questa produzione teatrale è se la guerra ha i suoi demoni che portano le persone verso la distruzione e la miseria, cosa ha la pace. Chi è agli antipodi dei demoni della guerra? Sono loro gli emissari di pace? I leader politici che hanno il coraggio di firmare accordi di pace? Oppure la gente comune, i sopravvissuti, che hanno pagato il prezzo più alto della guerra?».

Un testo e uno spettacolo fortemente critici, come del resto è la poetica teatrale di Jeton Neziraj, definito il “Kafka dei Balcani” e oggi il drammaturgo più importante e controverso del Kosovo.

I suoi testi, spesso censurati in patria ma tradotti in diverse lingue e rappresentati in tutto il mondo, trattano temi sociali attuali, come quello dell’instabilità politica, delle minoranze etniche controllate e represse, del fondamentalismo religioso, il nazionalismo, il razzismo, l’immigrazione, l’omofobia e la diffusa corruzione che devasta il Paese.

Da qui l’accusa di essere “antipatriottico”, “jugonostalgico” e “traditore degli interessi nazionali”. E per questo ostacolato nel suo lavoro, ma nonostante ciò pensa che sia ancora possibile “essere profeta in patria”, perché «il nostro lavoro ha senso qua. Per 15 anni abbiamo avuto un fronte aperto con la casta politica corrotta, con i signori della guerra, con approfittatori, con i seguaci del radicalismo religioso e con I fondamentalisti, con sciovinisti primitivi. Siamo stati minacciati molte volte. Spesso e volentieri facevamo spettacolo con la protezione della polizia, eravamo scortati. Ma nessuna di queste cose ci ha spaventato più di tanto. Perché le difficoltà che ci troviamo di fronte sono parte della battaglia».

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