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Ivrea, si suicidò in carcere: otto indagati per omicidio colposo, c’è anche l’ex direttore

Ivrea, si suicidò in carcere: otto indagati per omicidio colposo, c’è anche l’ex direttore

Psicologi, psichiatri, funzionari di area pedagogica. Tutti sotto inchiesta per aver sottovalutato il rischio suicidario nonostante le richieste di aiuto. Dalle notazioni: «Piange e dichiara di non stare bene psicologicamente»

IVREA. Ennesima scossa sulla gestione del carcere di Ivrea, dopo le inchieste per tortura e lesioni, ridimensionate dalla Cassazione.

La procura di Ivrea ha notificato nei giorni scorsi l’avviso di chiusura indagini delle indagini per otto indagati che dovranno rispondere di omicidio colposo per la morte di un uomo di 39 anni che si è tolto la vita in carcere, il 26 settembre 2021 a Ivrea, nel penitenziario di corso Vercelli.

Il detenuto, Alexandro Vito Riccio, nove mesi prima di suicidarsi, il 20 gennaio, aveva ucciso la moglie e il figlio di 5 anni, a Carmagnola.

Stavolta a finire sotto la lente della pm Valentina Bossi, è il lato medico-psichiatrico-pedagogico e gestionale del carcere.

Secondo la magistrata eporediese gli indagati, in sostanza, avrebbero sottovalutato i campanelli d’allarme che hanno portato al suicidio di Riccio.

Gli indagati, a vario titolo, sono: Alberto Valentini, 57 anni, in qualità di ex direttore del carcere; Giorgio Siri, 67enne di Montanaro, in qualità di responsabile dell’area pedagodica, Maria Margherita Pezzetti, 53 anni di Bairo, psicologa, Paola Raitano, 48 anni, funzionaria giuridico-pedagogica, Silvia Santià, 37 anni, psichiatra, Elena Carraro, 50 anni, psichiatra, Cristina Biader Cepidor, 47 anni, psicologa e Mauro Bergamini, 75 anni, psichiatra. Seguiti dagli avvocati Antonio Mencobello, Danilo Cerrato, Piero Dettore e Raffaella Enrietti.

L’uomo aveva già tentato di uccidersi subito dopo il duplice omicidio, prima di essere arrestato, bevendo della candeggina e lanciandosi dal secondo piano.

Dopo l’arresto, Riccio venne prima portato nel carcere Lorusso e Cutugno di Torino e poi in quello eporediese, dove aveva chiesto una visita psichiatrica, viste le sue condizioni.

Secondo la procura il 39enne, nonostante il tentato suicidio, non sarebbe stato sorvegliato adeguatamente. Avrebbero quindi ignorato gli allarmi, al punto che la scheda del rischio suicidio del detenuto venne modificata e il livello declassato da alto a medio.

Per i primi due mesi, inoltre, non fu visto da alcuno psicologo, secondo quanto accertato dai magistrati eporediesi. Il primo colloquio venne fissato il 14 giugno, nonostante fosse a Ivrea dal 19 aprile.

Nella cartella clinica, il 29 aprile, si scrive che l’uomo viene accompagnato in infermeria «per umore deflesso. Piange».

Il 13 maggio, di nuovo, la psicologa scrive che il «detenuto dichiara di non stare bene psicologicamente, pensa alla sua vita di prima» e ancora «si sente perseguitato».

E ancora, nonostante la richiesta gli viene negata una visita psichiatrica.

Dunque dopo le varie annotazioni, scrive la pm Bossi nella chiusura indagini, che non viene presa alcuna contromisura, né tantomeno quelle previste contro il rischio di suicidio in carcere.

L’uomo in sostanza sarebbe stato abbandonato e avrebbe vissuto sei mesi di gravi sofferenze.

Riccio si tolse la vita il 26 settembre 2021 usando i pantaloni della tuta per impiccarsi nel bagno della cella.

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