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L'economia della longevità

L’esistenza è sempre più lunga e nel 2040 gli ultra cinquantenni genereranno la metà della ricchezza italiana. Ecco perché aziende e industria del risparmio gestito guardano agli investimenti che può fare un pubblico «dai capelli bianchi». E benestante...


Non hanno dovuto attendere le analisi di blasonati istituti di ricerca per virare la produzione verso quello che si prospetta come un mercato ricco e in crescita. Le aziende da tempo si sono messe in sintonia con il mutamento della composizione anagrafica della popolazione, intercettando la domanda della fetta più in crescita che è anche quella con alte capacità di spesa. Guai a chiamarli «vecchi» in modo compassionevole, gli ultra-50enni sono il motore dell’economia e il loro futuro interessa imprese e finanza, più dei giovani.

Chi ancora nutre qualche dubbio, basta che vada a leggere la recente indagine Il private banking in un mondo più longevo realizzata da Kpmg in collaborazione con l’Associazione italiana private banking (Aipb). Alcuni dati chiariscono la situazione: chi avrà oltre 50 anni nel 2040 sarà in grado di generare la metà del Pil italiano per un totale di circa 1.500 miliardi di euro e saranno artefici del 75 per cento dei consumi (1.358 miliardi).

La fascia con più di 65 anni, che ora rappresenta il 24 per cento della popolazione, secondo le stime dell’Istat salirà nel 2040 al 32,4 per cento, cioè un italiano su tre sarà in questo range anagrafico. Un esercito di 18,8 milioni di persone a fronte dei 14,2 milioni del 2023. I motivi di questo trend sono essenzialmente la bassa natalità (scesa a 1,2 figli a donna) e l’aumento della speranza di vita (83,1 anni per i nati nel 2023 contro i 72,8 anni dei nati nel 1974) spinto dai progressi della ricerca farmaceutica, da una maggiore attenzione alla prevenzione e dalla diffusione delle conoscenze su abitudini più sane a cominciare dalla cura dell’alimentazione. La sfida è di passare dalla «silver economy» alla «longevity economy» e il focus non è solo su chi è già anziano, ma su chi lo diventerà. Il che comporta una serie di accortezze per vivere possibilmente meglio oltre che più a lungo.

Nicola Palmarini, direttore National Innovation Center for Ageing del governo inglese, ha fatto alcune considerazioni interessanti: «L’aspettativa di vita è aumentata del 20 per cento» ha detto. «Stiamo invecchiando generalmente in miglior salute e l’invecchiamento è molto più malleabile di quello che credevamo. Ci stiamo trasformando dalla società della vecchiaia alla società della longevità. In Italia l’aspettativa di vita è molto alta, ma dobbiamo considerare che questo avvenga in salute».

La tesi dello studioso è che mentre ora i finanziamenti sono destinati alla cura delle malattie, bisognerebbe cambiare visione e passare a investire di più sulla longevità. Il che significa non pensare solo ai pazienti ma ai clienti, «perché l’opportunità risiede, oltre che nella sanità, nella vita stessa. Servono nuovi prodotti e servizi che ci accompagnino più a lungo». Si apre quindi uno scenario di investimenti ricco di possibilità.

Va tenuto presente che nel nostro Paese due terzi dei patrimoni superiori a 200 mila euro sono in mano agli ultra-55enni. La fascia dei sessantenni è uno dei pochi motori della crescita economica, in grado di generare almeno la metà dello sviluppo di tutti i consumi urbani. Secondo il Centro studi di Confindustria la spesa di questa fascia di età vale circa 200 miliardi di euro, quasi un quinto dei consumi delle famiglie e nel 2030 sarà il 25 per cento del totale. L’Oxford Economics e Technopolis Group hanno calcolato, per conto della Commissione europea, che entro il 2025 solo nel Vecchio continente «l’economia d’argento» arriverà a valere 5,7 trilioni di euro, pari a quasi un terzo del Pil dell’Unione, e darà lavoro a 88 milioni di persone (quasi il 38 per cento del totale).

Uno studio pubblicato dalla Rome Business School, indica che il reddito lordo medio globale degli anziani sarà, entro il 2030, tra i più alti tra tutti i gruppi di età e già oggi chi è nella terza età controlla tre quarti del patrimonio netto mondiale.

Per questo la finanza guarda con interesse a questo settore. Walter Ricciotti amministratore delegato e fondatore di Quadrivio Group, ha lanciato Silver Economy Fund, il primo fondo di private equity italiano che investe in aziende attive in prodotti e servizi dedicati al mondo della silver age e della longevity. «Abitudini e consumi degli ultra-50enni sono assai diversi da quelli di 30 anni fa. Si è sempre visto l’allungamento dell’età come un problema, per la spesa previdenziale e sanitaria, ma ci sono anche opportunità per le aziende e per chi investe in tali imprese» dice a Panorama. «Come fondo cerchiamo realtà imprenditoriali che beneficiano dell’allungamento della vita media. Alcune legate alla sanità privata. Abbiamo investito in una catena di cliniche medico-estetiche nata in Inghilterra, perché si spendono sempre più soldi non solo per stare meglio ma anche per migliorare il proprio aspetto. Questa industria nel Regno Unito è stimata intorno ai 2,4 miliardi di sterline ed è in costante crescita, a un tasso di circa il 5,8 per cento, principalmente nei trattamenti non invasivi». In Italia le aziende di prodotti e servizi della longevità sono soprattutto medio piccole, spiega Ricciotti, ma molto dinamiche. «C’è la consapevolezza che gli ultra-50 enni sono un target di consumatori per i quali vale la pena di fare servizi e prodotti specializzati».

Il manager fa notare che «l’età in cui ci si considera anziani si è spostata in avanti, ed è salita a 75 anni. Questo implica una serie di scelte di investimento di più lungo periodo, in grado di far fronte a bisogni che hanno davanti uno scenario molto ampio». Per essere più puntuali, si può dire che la silver economy in realtà rappresenta un segmento di quella che oggi definiamo longevity economy: un’economia che abbraccia tutte le fasi della vita e riguarda tutte le realtà che lavorano su soluzioni volte ad estendere gli anni vissuti in buona salute.

Proprio di questo tema si occupa il Silver Economy Network, rete confindustriale sostenuta da Assolombarda e rivolta alle imprese e alle organizzazioni che sviluppano prodotti e servizi innovativi per la longevità. Da questa mission è nata Agevity, iniziativa su scala nazionale allo scopo di favorire il confronto tra gli attori della longevity economy e stimolare lo sviluppo di progetti pubblico-privato, elaborando ricerche sui trend demografici e di consumo con un Osservatorio dedicato. «Promuoviamo l’aggregazione di aziende di diversi settori, dal farmaceutico, alla sanità, alla residenzialità, al turismo e alle risorse umane, impegnate a sviluppare innovazione per tutte le fasce d’età, dai giovani ai senior, con un impatto positivo sul percorso di vita. Come Network abbiamo l’obiettivo di incentivare lo sviluppo di alleanze e progetti comuni per garantire percorsi di longevità sostenibili alle società di oggi e di domani e valorizzare questa importante Filiera a livello internazionale» spiega a Panorama, Felice Lopane, segretario generale del Silver Economy Network. Tutte le indagini mettono in evidenza come gli individui si considerino attivi più a lungo, al punto che l’età in cui si entra nell’anzianità è salita ormai a 75 anni.

Questo incide sul mercato del lavoro. In Italia, secondo i dati Ocse e di Itinerari Previdenziali, sono 444 mila i pensionati italiani che continuano a svolgere un’attività. Di questi, gli ultra-65enni sono 383.600, e quasi la metà raggiunge i 70 anni. Uno studio recente pubblicato dal Pew Research Center, centro studi di Washington, mostra che un americano su cinque con almeno 65 anni è ancora attivo: quasi il doppio del 1987.

Ma forse la cosa più sorprendente è che il gruppo di chi ha almeno 75 anni è quello in più rapida crescita nella forza lavoro statunitense. E sappiamo che gli Usa fanno da apripista ai trend sociali. Numerose società negli Stati Uniti offrono politiche mirate per la terza età. Programmi di pensionamento graduale che consentono di ridurre le ore pur continuando a ricevere una parte dello stipendio e dei benefici.

Il programma di Returnship della banca d’affari Goldman Sachs prevede una serie di flessibilità per incentivare il rientro di professionalità alte dopo un periodo di assenza dal mercato e di senior qualificati. Il gigante della tecnologia Cisco offre congedi retribuiti per i nonni. Il Dipartimento dell’Educazione in Gran Bretagna l’anno scorso ha lanciato un programma di rientro al lavoro, rivolto agli over 50 con iniziative di formazione e incentivi alle imprese per assumere i lavoratori anziani. Iniziative analoghe esistono in Giappone: Nojima, un’azienda che vende componenti elettronici al dettaglio, nel 2021 ha rimosso il limite di età pensionabile. Oggi impiega circa 30 lavoratori di almeno 70 anni, di cui tre hanno raggiunto gli 80. Mitsubishi Corporation, dispone di un «centro di progettazione professionale» che offre una gamma di opzioni di formazione dedicate ai suoi dipendenti più anziani.

Nel nostro Paese una ricerca di Inapp-plus, dice che «nel 2022 la percentuale di lavoratori di età compresa tra 50 e 64 anni ha superato il 37 per cento», in crescita del 21 per cento rispetto al 2005 e del 27 per cento sul 2012. La prospettiva di una vita più lunga e attiva cambia anche l’approccio con l’impiego del risparmio, gli investimenti e la gestione patrimoniale. Oggi i private banking si focalizzano sulla pianificazione della successione, non privilegiando l’ottimizzazione dell’allocazione del patrimonio di lungo periodo dell’intero nucleo familiare, come ha rilevato la ricerca di Aipb-Kpmg.

Da un report del gruppo di consulenza Excellence Consulting emerge che due terzi degli over 65 è interessato a direzionare i propri risparmi in prodotti di investimento, ma solo un terzo lo fa, poiché mancano informazioni sufficienti e inoltre prevale una certa sfiducia verso le banche. Quando si tratta di scegliere prodotti assicurativi, gli ultra-65 enni preferiscono le compagnie (per il 72 per cento), piuttosto che le banche (17 per cento).

Sembra quasi che la rivoluzione anagrafica e culturale stia marciando più velocemente di quanto gli operatori economici siano in grado di cavalcare. La sfida è questa, per chi saprà coglierla.

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