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Carcere di Trieste, rubate 600 fiale di metadone e distrutte tutte le telecamere durante la rivolta

TRIESTE Ecco le foto della devastazione. Ecco come i detenuti hanno ridotto l’infermeria del Coroneo durante la sommossa della scorsa settimana: l’hanno letteralmente distrutta, saccheggiando ciò che c’era dentro.

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Soprattutto metadone, oltre agli psicofarmaci: sono sparite quasi seicento fiale, di cui solo una parte è stata recuperata in questi giorni grazie alle ispezioni degli agenti di Polizia penitenziaria. Alcuni carcerati hanno abusato della sostanza, finendo in overdose. Si sospetta infatti che il decesso del detenuto morto nella sua cella sia dovuto proprio al metadone. Un’autentica razzia di medicinali e materiale sanitario (compresi aghi, siringhe e forbici) finiti in mani pericolose: a questo si è assistito giovedì dell’altra settimana. Sono stati poi gli stessi carcerati a pagarne le conseguenze con i malori a catena e, probabilmente, anche con la drammatica fine del detenuto trovato morto.

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Il tumulto era scoppiato nel primo tratto del secondo piano su impulso di un gruppo di tunisini e albanesi, per poi allargarsi in pochi istanti anche al terzo piano, dove appunto è situata l’infermeria. Questa simultaneità fa pensare che la rivolta fosse in qualche modo organizzata.

Ma c’è un altro dettaglio importante, fin qui inedito: prima di appiccare gli incendi e di scagliarsi contro tutto ciò che avevano a tiro, i carcerati avevano divelto le telecamere di videosorveglianza. Un aspetto, questo, che rafforza l’idea secondo cui dietro all’attacco ci sarebbe stata proprio una regia. Qualcosa di pensato, insomma.

[[(Video) Lacrimogeni nel carcere di Trieste, cosa si vede dall'esterno]]

La distruzione delle telecamera, oltre a ostacolare le forze dell’ordine in quelle ore di autentico caos (dai monitor del carcere non si poteva quindi capire cosa stesse succedendo nei vari settori), oggi rende problematiche le indagini per risalire ai responsabili della protesta. Cioè chi ha distrutto cosa, chi ha rubato, chi ha appiccato i roghi. E chi, ancora, ha allagato i corridoi con gli idranti aggiungendo olio per fare in modo che gli agenti (pronti a intervenire in tenuta anti sommossa, con altri rinforzi all’esterno preparati a un eventuale blitz) non riuscissero a raggiungere i punti in cui i detenuti si erano asserragliati. I tubi degli idranti erano stati poi utilizzati per le barricate: per legare i cancelli alle sbarre. Nel frattempo i carcerati si erano messi a distruggere tutto: finestre, arredi, bagni, uffici. Erano state date alle fiamme due bombolette di gas.

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Ma l’inchiesta su cosa è successo in quelle oltre quattro ore di tumulto – dalle 18.40 alle 23, tanto è durata la sommossa, prima della mediazione – proseguono. Le ragioni della protesta sono note: le condizioni in cui vivono le persone al Coroneo, cioè il sovraffollamento, il caldo e l’infestazione delle cimici “da letto” che si annidano nei materassi. Una situazione che si riflette anche sul personale che lavora all’interno della casa circondariale, a cominciare dagli agenti di Polizia penitenziaria. Le cimici, il caldo, il sovraffollamento sono un problema molto serio anche per loro. Gli operatori sono chiamati a gestire tensioni su tensioni che si acuiscono proprio per effetto di questo contesto.

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Non risultano invece accertamenti giudiziari sulle accuse rivolte al direttore Graziano Pujia: durante la protesta i detenuti lo avevano additato – anche urlando – come responsabile di un gesto violento nei confronti di un detenuto diciottenne, al quale avrebbe sferrato uno schiaffo durante un consiglio di disciplina. La voce su questo episodio (mai confermato) ha fatto da tam tam e ha aizzato gli animi; l’accusa è stata messa in circolo e usata come pretesto? Una calunnia, quindi? Il diciottenne, peraltro, non ha mai sporto denuncia.

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