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L’omaggio di Mittelfest al poeta e scrittore friulano Pierluigi Cappello

L’omaggio di Mittelfest al poeta e scrittore friulano Pierluigi Cappello

foto da Quotidiani locali

CIVIDALE. «La poesia è parola, la parola si può far carne e risuona nel teatro nel corpo dell’attore». Giacomo Pedini, direttore artistico di Mittelfest ci restituisce con poche parole ben scelte il senso di portare al Festival di Cividale: "Le tue parole Pierluigi, Scluse e il cîl", omaggio a Pierluigi Cappello con l’attore e regista Giuseppe Battiston e il cantautore e musicista Piero Sidoti.

Uno spettacolo teatrale che è anche un ritorno della parola e della poesia di Pierluigi Cappello a Mittelfest, che lo vide protagonista nel 2012 di “Le radici nell’aria”. Allora, sul palcoscenico con lo stesso Cappello e il musicista Battista Lena, in una serata indimenticabile c’era, dietro la macchina da presa, la regista Francesca Archibugi.

La prima assoluta di "Le tue parole Pierluigi, Scluse e il cîl", dedicato al poeta e scrittore friulano (nato a Gemona nel 1967 e scomparso a Cassacco nel 2017), co-produzione Arlef e Mittelfest, realizzata in collaborazione con Teatri Stabil Furlan, sarà in scena questa sera, in una doppia replica, alle 19 e alle 21.30, nella Chiesa di San Francesco, per andare incontro alle molte richieste del pubblico.

« Non una prima volta della poesia a Mittelfest – ricorda Pedini – è dello scorso anno, infatti, l’omaggio ai poeti Izet Sarajlić, (cantore della città di Sarajevo e testimone della tragedia bosniaca) e Danilo Kiš, (considerato tra i più significativi scrittori della ex Jugoslavia. Poi come spesso accade sono le possibilità che indirizzano le volontà. Dal mio punto di vista è chiaro che Pierluigi Cappello riveste un ruolo importante nella poesia degli ultimi decenni, in lingua italiana e in lingua friulana, anche per la raffinatezza del verso che lo mette dentro una certa linea della tradizione poetica italiana»

«Per come sto interpretando il lavoro di direzione artistica di Mittelfest – prosegue Pedini – riservo una grande attenzione alla matrice pluringuistica di questo festival e quindi è chiaro che Cappello rientra in questo tipo di discorso. Faccio un esempio: due anni fa facemmo uno spettacolo dedicato a Pasolini e al suo rapporto con la lingua italiana e friulana. Quindi c’è un’attenzione generale, poi ci sono le occasioni che rendono possibili le cose. In questo caso l’incontro con Antonella Nonino per un verso, con Giuseppe Battiston per l’altro e Stefano Cappello (fratello del poeta), avvenuto un anno fa. Da quella nostra conversazione è nato il comune desiderio di omaggiare Cappello, coinvolgere Piero Sidoti, un musicista che avevo in mente e non c’era mai stata occasione di portare a Mittelfest in questi anni. Infine, il rapporto importante per noi, di Arlef con cui c’è un dialogo soprattutto quando si lavora sul terreno della lingua friulana e la loro adesione a co-produrre insieme a noi”.

Lo spettacolo, con testi di Pierluigi Cappello, drammaturgia firmata dallo stesso Battiston e dalla regista Paola Rota, con luci di Andrea Violato e la musica originale, firmata e suonata dal vivo dallo stesso Sidoti, propone al pubblico, in italiano e friulano (con soprattitoli in italiano), alcuni dei testi di Cappello, passando dalle parole delle poesie a quelle dell’unico romanzo firmato dall’autore friulano, “Questa libertà” (Rizzoli).

«Si può restituire al pubblico un amore – anticipa Pedini – se c’è un processo di intese che si sono via via concretizzate, a tutti i livelli, da quello artistico a quello coproduttivo. È la comunione d’intenti che rende tutto possibile».

In un’edizione dal titolo “Disordini”, chiediamo, qual è il ruolo della poesia? «Dipende dai poeti. Cappello si situa su una poesia che rimette insieme i cocci, ricostruisce nella forma poetica quell’armonia che il mondo e i suoi disordini sfuggono. Se prendo un altro poeta come Sanguinetti, per esempio, la sua poesia ci restituisce il cozzare del mondo. La poesia in generale ci mostra le diverse possibilità di visioni, di percezioni e di modi di affrontare la vita. E questo è il dono che la poesia fa a chi la legge. Chi la scrive dà la forma, chi la legge ritrova sé stesso».

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